È passato circa un mese dall’ultimo post rilasciato su Twitter dagli sviluppatori di Anthem. Un’assenza ingiustificata capace di alimentare tutte le voci negative sul titolo. Bioware sarà presente al prossimo E3 e si presume che utilizzerà la manifestazione per fare chiarezza sul futuro del suo shooter MMO. Dopo il rinvio a tempo indeterminato della roadmap presentata poco prima dell’uscita del gioco, in molti si sono chiesti se il progetto fosse giunto ad una fine prematura.
La mancanza di comunicazioni ufficiali è una delle cause del progressivo svuotamento dei server, ormai semideserti su Xbox One e in continuo calo su PlayStation 4 e PC. Se a questo aggiungiamo i pessimi rapporti che gli sviluppatori hanno imbastito con una parte della stampa specializzata e con una community sempre più delusa e arrabbiata, è facile comprendere come Anthem stia già vivendo il suo periodo nero.
Dal nostro punto di vista continuiamo a credere che il titolo abbia un enorme potenziale ancora inespresso, che purtroppo è stato rovinato in parte da alcune scelte compiute dai suoi creatori. Paradossalmente, il gioco è stato letteralmente peggiorato dalle prime patch, che hanno squilibrato il loot e alcune meccaniche del gameplay.
La pubblicazione della quarta roccaforte (La Prigione sommersa) non è bastata ad aumentare il numero dei partecipanti alle sessioni del gioco, ormai annoiati da un endgame povero e inconsistente. Le pressioni e le esigenze di un colosso come Electronic Arts non hanno di certo agevolato la fase di sviluppo e continuano a influire negativamente sulla produzione dei contenuti post lancio. Nello stesso tempo non dobbiamo dimenticare gli ottimi dati di vendita del gioco, capace di incassare cifre ragguardevoli anche grazie al sistema di microtransazioni.
Consigliamo a tutti i possessori del titolo di attendere i pochi giorni che ci separano dalla kermesse californiana prima di trarre conclusioni affrettate. Non abbiamo motivi di credere che Anthem sia già morto, e confidiamo nel talento della sua software house, chiamata alla prova più difficile di una carriera ultraventennale.