Aquaman nasce da un’idea di Mort Weisinger e Paul Norris, e debutta nel 1941 sulla rivista MORE FUN COMICS. Nel tempo il personaggio ha subito diverse evoluzioni, che hanno modificato il suo background storico. Inizialmente fu immaginato come il figlio di un archeologo alla ricerca di Atlantide, che dopo una serie continua di esplorazioni subacquee aveva acquisito particolari abilità. Solo alla fine degli anni ’50, qualche anno prima del suo ventesimo anniversario di nascita, acquisisce la sua doppia natura. Infatti a partire da quel periodo ci viene presentato come figlio di un umano guardiano di un faro e dell’atlantidea Atlanna.
Tuttavia solamente nel 2011, a seguito di un’operazione, seppur limitata, di rinnovamento, Arthur Curry diviene il legittimo erede della ormai regina Atlanna. Proprio questo filone narrativo, in particolare la serie fumettistica The New 52, costituisce il punto di partenza del film distribuito nelle sale da Warner Bros. Pictures. Analizziamo insieme la proiezione in anteprima italiana, a cui siamo stati gentilmente invitati.
Trama e Cast
Le vicende iniziali si svolgono nell’anno 1985, quando Atlanna, regina di Atlantide, fugge da un matrimonio combinato e incontra l’umano Thomas Curry. I due si innamorano e hanno un figlio, Arthur, ma la regina, tornerà dal suo popolo e al suo matrimonio combinato per impedire che la sua famiglia venga uccisa. La narrazione torna ai giorni nostri. Arthur Curry nel frattempo ha assunto il nome di Aquaman. Un giorno l’eroe viene contattato dalla principessa Mera, che gli chiede di far valere il suo diritto di nascita sul trono di Atlantide. Se rinuncerà al suo titolo, il fratellastro Orm, attuale re, prenderà il controllo di tutti i regni oceanici e dichiarerà guerra al mondo di superficie. Da qui comincia a dipanarsi la matassa.
Come ogni grande produzione che si rispetti, il film Aquaman presenta un cast formato da attori con la A maiuscola. A partire da Jason Momoa nel ruolo di protagonista, passando per Amber Heard (Mera), Nicole Kidman (Atlanna), Willem Dafoe (Vulko), Dolph Lundgren (Nereus), Yahya Abdul-Mateen (Black Manta), arrivando a Patrick Wilson nel ruolo di Orm, fratellastro di Aquaman.
La scelta di ogni singolo personaggio, in particolare dei principali, risulta azzeccata e coerente. In generale la recitazione degli attori, visto il gran numero di professionisti, rimane convincente e di ottimo livello. Tuttavia in alcuni fasi presenta delle piccole sbavature, ma si tratta veramente di cercare il pelo nell’uovo. Particolare merito va all’interpretazione di Jason Momoa e di Amber Heard. Il primo riesce a dare al suo personaggio una forte caratterizzazione a tratti anche umoristica. Allo stesso modo l’attrice ci regala una principessa Mera che è più di un personaggio secondario.
Regia
Un’altra scelta che ha riscosso un feedback positivo consiste nell’aver assegnato la regia del progetto nelle mani di James Wan. Il regista è riuscito sia a rispettare la licenza, da cui trae ispirazione, che a creare un’ambiente oceanico mai visto prima. Ciò non era affatto facile perché, stando al mito, si tratta di una società pre-egizia, probabilmente abitante del mediterraneo e molto avanzata per l’epoca, la quale dopo una sconosciuta catastrofe, è sprofondata nelle acque marine. Successivamente, stando alla narrazione del film, nacquero sette regni: Atlantis, Brine, Fisherman, Xebel, Trench, Desert e Lost. Ognuno di questi si è adattato alla vita marina, alcuni in maniera diversa rispetto agli altri.
Non solo l’intero team ha dovuto rappresentare la maggior parte delle scene sott’acqua, ma ha dovuto ricostruire l’immaginario di popoli che non hanno a disposizione i nostri stessi materiali costruttivi, gli stessi tessuti, le usanze e così via.
In particolare, trattandosi di un popolo precursore delle civiltà mediterranee, presenta una struttura sociale e usanze simili a queste. Gli stessi nobili presentano il titolo di patrizi. Eppure, anche se più “arretrati” socialmente, rimangono più avanzati tecnologicamente delle popolazioni della superficie.
L’armonia delle parti nel tutto
Il punto di partenza è la città di Gold Coast nel Queensland, regione della costa orientale australiana, che ha ospitato la maggior parte delle riprese. Da qui gli addetti ai lavori hanno ricostruito tutto ciò che riguarda le ambientazioni, la realizzazione di armi, armature, vestiti ed elementi simili, tenendo conto della flora e della fauna marina. Ciò ha comportato un lavoro da parte di tutti a 360 gradi: dal direttore della fotografia al personale addetto alla scenografia.
Proprio in quest’ultimo campo Don Burgess, scenografo, per gestire l’illuminazione si è servito di tecniche particolari, riproducendole su vasta scala. La linea guida è stata quella di mostrare una civiltà viva, che disponesse anche sott’acqua di fonti d’illuminazione e d’energia, ispirandosi alla bioluminescenza di coralli e animali marini. Il mondo sottomarino ha influenzato anche i costumi di scena dei personaggi. La stessa costumista Kym Barrett li ha immaginati in primis in base all’ambientazione e all’esigenza dell’essere pratici.
Altro elemento degno di analisi sono i combattimenti. Questi risultano dinamici e reali nella loro spettacolarità e di certo il lungo allenamento a cui si sono sottoposti gli attori ha ripagato le fatiche. D’altronde parliamo di un film d’azione che narra la storia di uno scontro tra due mondi, quindi una così convincente realizzazione, seppur difficoltosa, era chiaro che rappresentasse un obiettivo minimo. Sicuramente centrato.
In conclusione
Acquaman narra la storia di un personaggio che è più di un re: un eroe, fatto di carne ed ossa. In primis si è voluto puntare sull’evoluzione del personaggio, che partendo dalle sue paure e incertezze, mascherate attraverso una maschera di sarcasmo, inizia un cammino di accettazione della sua doppia natura. Un personaggio verso il quale si può provare empatia più nelle fasi iniziali piuttosto che nel finale. Non si tratta di una storia originale, ma comunque mantiene una sua personalità.
Insomma il film in sostanza risulta un prodotto più che discreto, che rasenta l’ottimo e cerca di dare una maggiore dignità ad un eroe che non gode di particolare fama e simpatie, riuscendoci.