Era il 2007 (2008 per i possessori di PlayStation 3) quando uscì l’erede spirituale di System Shock 2, ovvero BioShock. Il titolo era un FPS, con un’ambientazione a dir poco inusuale e un sistema quasi da gdr per il potenziamento del protagonista. Ma, soprattutto, era l’inizio di una trilogia che rimarrà scolpita nella storia. Kevin Levine, l’ideatore del gioco (e del terzo capitolo, nonché dello stesso System Shock 2), è riuscito, assieme a 2K e ai ragazzi di Blind Squirrel, a riportare sui nostri schermi questi capolavori, tramite una Collection con tutti e tre i titoli remasterizzati. Un lavoro a dir poco faticoso, ma che farà felici tutti i veterani della serie e, si spera, coloro che avranno il coraggio ad approcciarsi a questi giochi e a tutte le loro espansioni, rigorosamente a 60 fps. Andiamo quindi a scoprire se il lavoro svolto per la realizzazione di BioShock the Collection è stato ottimo o solamente superficiale.
Rapture come non l’avete mai vista
Spero che tutti voi, nel corso della vostra vita (lunga o breve che sia non importa), abbiate sentito nominare almeno una volta il nome Rapture. Per i (pochi) fortunati che lo sentono solo ora vi do un consiglio: non cercatela su internet; piuttosto andate al vostro negozio (o sito) di fiducia e comprate subito una copia di BioShock the Collection. A qualsiasi cifra essa sia. Questo perché, altrimenti, non potete considerarvi veri videogiocatori se non avete mai visto la (stupenda) città subacquea di Rapture. Poi magari il gioco non vi piacerà e lo abbandonerete subito, ma intanto vi siete fatti un giro nella metropoli di Andrew Ryan, la mente geniale dietro questa creazione. Sarà lo stesso Andrew il villain del primo BioShock, almeno fino ad un colpo di scena che vi lascerà a bocca aperta (anche se già lo conoscete). Ma vivere le avventure del nostro protagonista, a 1080P e 60 frame al secondo, sarà un’esperienza idilliaca anche se avete già giocato il titolo all’uscita, ormai 11 anni fa. Non ho intenzione di dirvi altro sulla trama e sui personaggi che incontrerete, sta a voi avere il piacere di giocarci e di (ri)scoprirli.
La filosofia dei BioShock è sempre stata quella di amalgamare alla perfezione trama e gameplay, riprendendo la struttura di pietre miliari come Half Life e System Shock. Anche in questo caso, infatti, ci troviamo di fronte ad un FPS, dove non è necessario mirare per essere precisi (anche se esiste un tasto apposito per mirare, ma solo con alcune armi), ma che aggiunge una feature, la quale si rivelerà il marchio di fabbrica dell’intera serie: i plasmidi. Questi poteri, presenti nella mano sinistra del protagonista, saranno fondamentali per vincere gli scontri, soprattutto quelli avanzati o con i boss, e si dimostreranno imprescindibili compagni per ogni giocatore. Ce ne sono di molteplici e di ogni tipo: da quelli elementali (fuoco, elettricità e vento) a quelli psichici, come la telecinesi o l’abilità di “possedere” un Big Daddy per alcuni secondi, e molti altri ancora. Ognuno di questi, così come le armi che troveremo lungo l’avventura, sarà possibile potenziarlo; le armi saranno migliorabili ogni qual volta si troverà una macchina apposita, ma sarà possibile potenziare una sola arma tra quelle disponibili, mentre per i plasmidi sarà necessario trovare un Eden’s Garden, e avere abbastanza ADAM per l’upgrade. L’ADAM è un liquido che possiede ogni Sorellina (piccole bambine trasformate dalla cattiveria di Ryan e dei suoi luogotenenti), la quale però sarà sempre accompagnata dal suo Big Daddy. Sarà quindi necessario sbarazzarsi del mostro prima di poter decidere se assorbire tutto l’ADAM dalla bambina, uccidendola, o salvarla, ma prendendo meno liquido. La scelta che prenderete per la prima bambina determinerà il finale, in quanto se le salverete tutte (nessuna esclusa) sbloccherete il finale buono, mentre se ne ucciderete anche solo una vedrete quello cattivo. E’ bene precisare che, se deciderete di salvarle tutte, ogni tanto otterrete un regalo.
Il lavoro svolto, dal punto di vista grafico, su questo primo capitolo è a dir poco lodevole. Alzamento della qualità al Full HD, un effettistica di luci ed ombre completamente rivisitata, un ampliamento della draw distance e i roccei 60 fotogrammi al secondo donano nuova linfa a questo capolavoro senza tempo. Peccato per un aliasing visibile soprattutto in lontananza e per qualche compenetrazione tra i corpi morti dei nemici e le pareti. Un comparto sonoro di altissima qualità, con musiche sempre azzeccate, ed un doppiaggio in italiano tutto sommato più che discreto sono il perfetto contorno per il piatto perfetto.
Voglio il bis… Ma non così
Per tutti coloro che si chiedono se esistono degli ideatori che, tramite la loro idea, possono creare un capolavoro la risposta è: si. Basta pensare all’importanza che hanno avuto le idee di Kevin Levine nella realizzazione di BioShock e BioShock Infinite. Se non ci credete provate BioShock 2, l’unico gioco della trilogia a non essere stato ideato da lui. Ancora Rapture come ambientazione, ancora Sorelline e Big Daddy, ancora alcuni dei personaggi visti nel primo e poche, pochissime, innovazioni.
Questa volta interpreteremo noi un Big Daddy, in cerca della propria figlia (o presunta tale) e intento a uccidere chiunque si metta in mezzo. Nulla di nuovo sotto il sole (o meglio, l’oceano) purtroppo. BioShock 2 presenta lo stesso gameplay del primo, ma più lento, in quanto saremo molto più impacciati nei movimenti. Per il resto è tutto troppo uguale. I soliti plasmidi, le solite armi (anche se saranno più “grosse”, per rimanere in proporzione con la nostra stazza) e i soliti nemici; solamente le Big Sister (e pochissimi altri) faranno la loro comparsa sulla scena. Queste, a differenza nostra, saranno agili e veloci e rappresenteranno l’unico vero ostacolo del gioco, dimostrandosi anche più facile del capostipite.
Purtroppo questo secondo capitolo presente nella BioShock the Collection non è nulla di speciale e, personalmente, non voglio nemmeno spenderci troppe parole. E’ sicuramente un ottimo titolo, ma dopo quella partenza questo intertempo è veramente sotto la media. Anche sotto il profilo del restyling grafico: sembra di vedere lo stesso titolo di prima, con qualche differenza nell’interfaccia e nei comandi e poco più. Certo, la vegetazione è più rigogliosa e meglio dettagliata, sono migliorate alcune luci ed è presente un buon anti-aliasing ma non vi aspettate un salto drastico tra primo e secondo. Sono comunque sempre ottime le musiche ed il doppiaggio.
Se Rapture ti porta giù, Columbia ti porta su
Siamo giunti al finale. Dopo due capitoli sotto l’oceano Ken Levine ha ben deciso di ambientare il terzo tassello in cielo, a Columbia. Questa città, fondata dal profeta Zachary Hale Comstock, è la perfetta incarnazione dell’utopia umana. Almeno fino a quando non arriva Booker, il protagonista della nostra storia, che porterà alla luce tutti gli scheletri nascosti nell’armadio. Primo fra tutti la prigionia di sua figlia Elizabeth, rinchiusa in una statua gigante e sorvegliata da Songbird, un uccello robotizzato richiamabile tramite il suono delle giuste note. Da qui partirà un viaggio alla scoperta di Columbia, del rapporto tra i due e tra Elizabeth ed il profeta. Un racconto fantastico, scandito dal genio del suo ideatore nonché finale perfetto per questa trilogia, considerando anche uno (se non “il”) finale migliore di questo medium.
Il gameplay di BioShock Infinite resta pressocchè invariato, se non fosse per una maggiore frenesia dettata sia dagli spazi, molto più aperti rispetto ai primi due capitoli, sia dalla presenza delle skyline: delle rotaie su cui è possibile spostarsi a grande velocità avendo, comunque, la possibilità di sparare. Sempre presenti i poteri, ma questa volta saranno minori di numeri ma maggiori di utilizzo; infatti ogni Vigor avrà a disposizione due o tre possibilità di attacco, solitamente premendo o tenendo premuto il tasto apposito. Queste piccole, ma vitali, aggiunte rendono il gameplay più vivace e meno monotono. Ogni scontro avrà più punti in cui nascondersi e più possibilità per vincere, considerando anche i poteri di Elizabeth, la quale sarà in grado di aprire degli squarci spazio-temporali (verrà anche spiegato il motivo di queste abilità) dove saranno presenti armi o torrette. Per quanto riguarda le bocche da fuoco ci sarà più scelta e più differenziazione. Non solo le solite pistole, fucili a pompa o automatici, ma anche lanciarazzi, cecchini, mitragliatrici e molte altre ancora, suddivise tra armi della Milizia e dei Vox Populi, ognuna rigorosamente migliorabile.
Sotto il profilo estetico, Columbia si presenta maestosa seppur con qualche scatto di troppo. Infatti Infinite non è stato toccato dalla remasterizzazione ma è stato preso di peso dal PC e portato su console, data la sua giovane età. Un vero peccato perché, in questo modo, si presenta sì bene, ma non riesce a stare dietro il lavoro svolto sugli altri due, soprattutto sotto il profilo frame rate. Fortuna, allora, che quando non si combatte si abbia un impatto visivo fuori da ogni logica, con colori accesi e palazzi in movimento, trasportati dal vento e dalle nuvole.
Come ultimo punto è bene ricordare che tutti e tre i titoli presenti in BioShock the Collection contengano tutti i DLC rilasciati.