Come ogni mese, benvenuti a questo nuovo appuntamento con Deep In Gametechs, la rubrica di Natural Born Gamers dove vengono affrontati ed approfonditi aspetti, temi e questioni legate al mondo dei videogames dal punto di vista tecnico-realizzativo. Cercheremo infatti di spiegare, descrivere, contestualizzare e valutare tutto ciò che, di fatto, garantisce la realizzazione dei prodotti da noi tanto amati e che, è bene ricordarlo, non si generano per magia o solo grazie alla fantasia dei game artist …tutt’altro!
Senza annoiarvi con esasperati tecnicismi, cercheremo, con la massima chiarezza e semplicità possibile, di addentrarci di volta in volta in un diverso argomento con le sue relative implicazioni: hardware o software che sia. Prendendo a prestito una massima utilizzata in ambito enogastronomico, potremmo azzardare un: “Giocare senza sapere non è che una (piccola) parte del piacere”. D’altronde, siamo oltretutto fortemente convinti che la conoscenza, anche solo formale, di determinati aspetti, non solo garantisca una migliore fruizione del prodotto, ma consenta una scelta molto più consapevole anche in fase di acquisto.
Qui dunque non si fa della chiacchiera soggettiva ed inconcludente su argomenti dove alla fin fine è sostenibile tutto ed il contrario di tutto. Qui si parla, in concretezza, di numeri, dati, logiche implementative. Del piacere di scoprire, di conoscere. D’esser informati e consapevoli, poiché, citando Leonardo, “Naturalmente li omini boni desiderano sapere”.
Buona lettura e buon divertimento!
Dopo la puntata del mese scorso, dove siamo andati abbastanza in profondità nelle caratteristiche hardware dell’XBOX ONE X, incarnando in tutto e per tutto lo spirito della rubrica, questo mese tratteremo un tema un po’ più concettuale. Per certi versi astratto, ma sul quale è bene fare qualche puntualizzazione dal momento che molte, troppe volte, è mal posto e male interpretato.
I termini della questione
Lo ammetto già da queste righe: sto per parlare di un argomento sul quale è forse impossibile definire delle linee guida certe ed assolute, ma provare a fare un po’ di chiarezza, questo sì. Il tema è una delle grandi domande che da sempre accompagnano il mondo dei videogames. Cosa rende vincente un hardware? Come appena detto, se avessi una risposta certa e modulabile, la venderei ad uno dei tre colossi che si stanno contendendo in questa epoca la fetta più grossa del mercato videoludico delle console. Sfortunatamente, potrò solo condividere alcune riflessioni, che non hanno certamente la pretesa di essere oro colato.
Lo spunto è sorto qualche giorno fa, quando ho riacceso la mia ormai semi dimenticata PS Vita prima versione ed acquistata al day one. Dopo mesi di inutilizzo, ho notato con sorpresa che la batteria era ancora a carica quasi completa e non ho potuto rimanere stupito riscoprendo la qualità dello schermo OLED con la quale è equipaggiata. Un ottimo hardware, indubbiamente. Eppure, lacrima, la PS Vita non ha mai avuto un grande successo… Non è stato un flop, ma nemmeno una pietra miliare nell’hardware delle console. Ecco, questa triste constatazione mi ha dato lo spunto per iniziare a scrivere il pezzo che ora state leggendo.
La tecnologia alla base di tutto
Prima di iniziare con questa ampia panoramica sul mondo dell’Hardware, nella quale toccheremo molteplici aspetti, partiamo con un primo, fondamentale presupposto, forse banale, ma per nulla scontato e, purtroppo, assai poco radicato nel modo di pensare di troppi appassionati di videogames. Che piaccia o meno, il videogioco è anzitutto un prodotto tecnologico: primariamente e prevalentemente tecnologico. Questo aspetto è imprescindibile, caratterizzante e portante per questo tipo produzione. La tecnologia non è dunque soltanto un “mezzo” e, giudicarla come tale è, oltre che sbagliato, estremamente fuorviante.
Nel caso in cui foste dubbiosi a riguardo, o non siate del tutto convinti, facciamo un paio di esempi. I primi videogames, si parla ormai di una cinquantina di anni fa, erano, per forza di cose, in bianco e nero. Pensate che la possibilità di produrre videogames a colori, ora nell’ordine dei milioni, con HDR e altre bellissime tecnologie abbia solo contribuito a conferire un aspetto più carino e piacevole? È al contrario più che evidente come l’introduzione del colore abbia garantito non solo la possibilità di sviluppare giochi molto più complessi ed intriganti ma, ancor prima ciò, abbia fornito agli sviluppatori la possibilità stessa di concettualizzarli. In altre parole, semplicemente, alcuni giochi, con a disposizione solo uno schermo bicromatico, non solo non sarebbero stati realizzabili, ma neppure immaginabili. Medesimo discorso nel passaggio dal 2D al 3D. Quanti e quali mondi ha aperto alla fantasia dei gruppi di sviluppo, dei designers, ecc? La prova, d’altronde, risiede nel fatto che i primi giochi 3D erano, oggettivamente, di qualità molto inferiore rispetto ai loro coetanei prodotti in 2D.

Street Fighter II

Virtua Fighter
Una frase inappropriata
Quando si valuta il successo, o l’insuccesso, di un hardware, le cose che possono venire in mente sono più o meno sempre le stesse. La potenza dell’hardware, il marketing e, ora ci arrivo, il software: nel nostro specifico caso i giochi. L’ordine, dicevamo, è quasi sempre lo stesso e sistematicamente il mantra “quello che conta sono i giochi” viene puntualmente tirato fuori dal sentenziatore, e Solone, di turno. Ammetto che questa frase, così tanto abusata, non mi sia mai piaciuta nemmeno un pochino. Non perché in fondo non sia vera, lo è in buona parte, ma non tiene per nulla in conto della reciproca interazione tra game concept e possibilità fornite da un hardware.
Il discorso fatto poco fa: alcuni giochi, geniali, genialissimi, non son solo non sarebbero mai potuti essere realizzati con a disposizione macchine delle passate generazioni, ma non sarebbero mai stati neppure concepiti. Ecco quindi che “la differenza la fanno i giochi”, mi è sempre suonata come una affermazione superficiale, o, se preferite, come mettere il carro davanti ai buoi.
Anche caso del PSVR è molto utile per descrivere appieno questo meccanismo. Chi lo ha provato, o lo possiede, sa benissimo che Sony per introdurre ed imporre questo tipo di tecnologia sia scesa a pesantissimi compromessi in termini di performances e di resa grafica. Una scommessa che solo il tempo dirà quanto potrà rivelarsi vincente, ma sin da ora possiamo affermare che la creatività dei team di sviluppo vada al momento a schiantarsi inevitabilmente, e in maniera più o meno fragorosa, contro i limiti di un hardware che purtroppo non riesce a nascondere tutti i suoi limiti. Risoluzione bassa, screen-door effect (in italiano la traduzione che rende meglio l’idea è a mio avviso “effetto zanzariera”), una resa grafica con un livello di ricchezza e dettaglio che potrebbe equivalere a spanne ad una ipotetica Playstation 2,5 e infine un angolo visuale paragonabile a quello di un sub in immersione. Con questo tipo di limitazioni è molto difficile andare oltre ai giochi/esperimenti che sono stati fino ad ora prodotti.
Saper programmare
Non desidererei nemmeno far passare il concetto che le potenzialità grafiche, intese come bruta capacità di calcolo, rappresentino l’unico parametro tecnico attendibile per avere la cartina tornasole del potenziale successo di un hardware …anche se spesso, chi ha spesso sulla bocca il ritornello di prima (“la differenza la fanno i giochi”), sono molte volte i primi ad andare a leggere le specifiche tecniche di una nuova console in uscita, e magari a sbavarci sopra. Fantasticare non è di per sé un male; l’incoerenza, al contrario, non è il massimo.
La potenza di un hardware, ma anche la facilità con cui è possibile programmarvi sopra, costituiscono un altro elemento, sottovalutato, di cui è invece indispensabile tener conto. Prendiamo ad esempio la prima console Sega a 32 bit, il Saturn. Uscito praticamente in contemporanea con la prima Playstation, non fu mai in grado di rivaleggiare efficacemente con essa. Giochi più brutti? Anche, indubbiamente. Ma la causa di una simile situazione fu un’architettura (oltretutto cambiata in corsa) e davvero ostica per i programmatori. I chip gemelli, i due Hitachi SuperH, da utilizzare in parallelo, costituivano un madornale problema per gli sviluppatori dell’epoca. Il risultato fu una potenza di calcolo simile, tra le due macchine, ma con una delle due “soffocata” in partenza. Per chi desiderasse approfondire, rimandiamo alla pagina italiana di Wikipedia sul SegaSaturn. Molto ben fatta e che illustra con tutti i particolari ed i risvolti del caso la situazione che vi abbiamo presentato.
Il prodotto giusto con il marketing giusto
E’ giunto il momento di fare qualche considerazione sugli aspetti più commerciali legati al lancio di un nuovo hardware per cercare di valutare come questi possano influire, anche in maniera determinante, sul successo di una console. Esaminiamo, per par condicio, la situazione dei tre produttori principali di console odierne.
Il successo della Switch è stato tali proprio perché la tipologia di prodotto ha EVITATO e non contrastato i rivali di Microsoft e, soprattutto Sony. Molti possessori di queste due ultime console hanno visto nell’ammiraglia di Nintendo un prodotto INTEGRATIVO e NON COMPETITIVO. D’altronde, anche se non sono certamente un campione statisticamente attendibile, tutti i possessori di Switch che conosco posseggono ALMENO un altro hardvare tra le due consoles (o un PC da gaming, naturalmente).
Veniamo ora ad XBOX ONE e Playstation 4. Le minori vendite di XBOX ONE rispetto a Playstation 4 si possono spiegare solo e soltanto con il maggior numero di titoli in esclusiva in favore della seconda delle due? Il lineup dei titoli per le due console è all’incirca costituito al 70% da una base comunei. Bastano gli Horizon Zero Dawn, gli Uncharted, God of War e tutti i loro fratelli a spiegare la differenza di vendite? Indubbiamente, ma non solo. Anche in considerazione del fatto che gran parte della differenza di vendite si è creata al momento del lancio e nel periodo immediatamente successivo. Semplicemente il gap non è mai più stato recuperato.
Perché allora insistere ossessivamente nel ricercare le motivazioni esclusivamente nel software? Un significativo elemento non potrebbe invece essere l’infelice scelta di Microsoft di commercializzare la loro nuova console in un imprescindibile abbinamento con il Kinect? (ve ne eravate dimenticati dell’esistenza, vero? Ammettetelo! ? ) Eppure, ricordando le dichiarazioni dell’epoca di Microsoft, sembrava che la simbiosi dovesse essere permanente ed immutabile… Ora, se potessero, quasi vorrebbero negare che sia mai esistito. Tuttavia, la presenza di questo sensore, comportò un 20% in più nel prezzo di vendita di XBOX rispetto a quella della concorrenza. Lascio a voi, con il senno di poi, le considerazioni del caso.
Prima della conclusione dell’articolo non possiamo non esprimerci sulla nuova tendenza attuale. Le console di mezzo, note in inglese con l’epiteto di mid-generation consoles. Se i restyling del chassis hanno sempre fatto parte del mondo delle consoles (persino l’Atari VCS 2600 lo ebbe),le versioni variamente potenziate di Playstation 4 ed XBOX ONE sono un’esclusiva novità dei tempi attuali. Anche in questo caso le fortune dei singoli hardware sono piuttosto differenti. Data tuttavia la centralità dell’argomento, ad esso verrà senza dubbio dedicato un articolo a sé stante. Limitatamente alle mid-gen consoles, va soltanto come evidenziato come l’attenzione del pubblico, e degli acquirenti, sia stata sicuramente più elevata rispetto al sarcasmo con il quale parte della stampa specializzata aveva chiosato l’uscita di questi nuovi e potenziati modelli.
Raccomandazione finale
Come abbiamo quindi avuto modo di analizzare, il successo di una console dipende da un’infinità di fattori, alcuni addirittura esterni al mondo dei videogamens. Ma per favore, la prossima volta che sentirete la solita frase buttata lì un po’ a caso “la differenza la fanno i giochi”, sappiate che, come minimo, vi stanno buttando fumo negli occhi.