Sposarsi è un passo importante nella vita di qualunque persona. Legare la propria vita a quella di un altro essere umano può essere molto totalizzante. Naturalmente si arriva a condividere quasi tutto e questo significa entrare a far parte “nel bene e nel male” anche di un’altra famiglia, ossia quella del proprio consorte. Ebbene un atto così naturale e importante è stato trasportato al centro di un film dalle tinte “horror”. Nasce così Finché morte non ci separi, pellicola distribuita da 20th Century Fox, la quale sbarcherà il 24 Ottobre nelle sale italiane.
Trama
Il film si apre con Grace, la protagonista, che recita la propria promessa di matrimonio davanti allo specchio. Lo sposo è uno dei giovani rampolli dei potenti e ricchi Le Domas, proprietari di un’azienda molto florida nel mercato dei giochi, in particolare quelli di società. Alex, lo sposo, da anni si era allontanato dalla famiglia, ma sulle pressione della futura moglie ha deciso di ritornare nella casa dei suoi avi per il grande giorno.
I Le Domas sono eccentrici e hanno costumi singolari, tra i quali c’è un’antica tradizione che li contraddistingue da generazioni. Dopo il rito nuziale, tutti i membri della famiglia e il nuovo arrivato si rinchiudono a chiave in una stanza. Qui viene scelto casualmente un gioco da giocare in onore di Mr. Le Beil, strano benefattore con cui il trisavolo della famiglia strinse un oscuro patto, che gli garantì il successo. Il gioco in questione è deciso in maniera altrettanto singolare, il nuovo membro della famiglia inserisce una carta bianca in una strana scatola di legno. Adesso aspetta che fuoriesca con il nome del gioco a cui tutti dovranno partecipare.
Per sfortuna della sposa si tratta del tradizionale nascondino. A questo punto lei dovrà nascondersi mentre i suoi parenti acquisiti si accingono a cercarla in ogni dove della casa armati fino ai denti con strumenti appartenenti all’arsenale del trisavolo. Infatti essi sono decisi a far di lei un sacrificio umano in quanto credono che se non termineranno un rito entro l’alba, qualcosa di terribile gli accadrà. Così inizia una caccia all’uomo caratterizzata da momenti di estrema violenza, alternati ad altri più ”comici”. Finché morte non ci separi, basandosi su un gioco innocente e assai conosciuto, sviluppa una dark comedy che intrattiene lo spettatore, a cui aspetta il compito di seguire le dinamiche che si sviluppano. Sullo schermo la produzione ha trasportato una storia horror, in cui l’ironia non manca, e che è circondata da un mistero che aleggia fino al finale. Quest’ultimo ahimè risulta assai prevedibile e non molto incisivo.
Cast e regia
Nel tentativo di rispettare la natura della pellicola sono stati creati personaggi assai folli e “particolari”. Incontreremo lo strampalato e spregiudicato patriarca Tony Le Domas, interpretato da Henry Czerny, l’amorevole moglie Becky (Andie MacDowell), la loro figlia drogata Emilie (Melanie Scrofano) e altri fino ad arrivare all’indisponente e inquietante zia Helen (Nicky Guadagni). Di conseguenza appaiono sullo schermo personalità estreme ed esilaranti. L’unico pesce fuor d’acqua è Adam Brody, il cui personaggio risulta più “normale” a causa del conflitto interiore cucitogli addosso.
Naturalmente la caratterizzazione un po’ più estrema dei personaggi deriva dalla situazione paranormale che viene messa in scena. Ricordiamo il presunto sortilegio che i personaggi devono perpetuare al fine di compiacere il loro protettore Mr. Le Bail. Segue che l’incertezza derivante dal fatto che tutto ciò sia necessario o meno è il motore del film. Quest’ultimo ne trae la sua vena quasi burlesca, raccontando il punto di vista della protagonista, intenta nella sua fuga e acccompagnata dall’incertezza che se dovesse salvarsi, condannerebbe l’intera famiglia Le Domas.
La sceneggiatura di Finché morte non ci separi rappresenta il debutto nel mondo dei lungometraggi di Guy Busick e R. Christopher Murphy, autori di quella di serie tv e cortometraggi. Alla regia del film abbiamo Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett, che con il loro lavoro discreto presentano delle scene splatter, alcune addirittura quasi catartiche. In conclusione a collaborazione tra scrittura e regia, sebbene abbia dato i natali ad una nota umoristica e una certa tensione di fondo che risultano vincenti, non ha concepito un background narrativo sufficientemente d’impatto. Difatti quest’ultimo si dimostra raramente incisivo e termina con un finale assai scontato e tutt’altro che d’impatto.
Conclusioni
Finché morte non ci separi (Ready or not) si presenta come un prodotto che trasmette una volontà specifica, quella di non prendersi troppo sul serio. Perciò offre 90 minuti di gore e cinismo, che si alternano senza risultare troppo eccessivo sotto l’uno o l’altro aspetto. Il prodotto finale punta a ritagliarsi l’attenzione di chi gradisce una pellicola più leggera senza appunto a rinnunciare ad una sana dose di tensione e violenza quasi catartica. In sintesi non siamo di fronte ad un film dagli annali della storia del cinema, ma saprà sicuramente intrattenere per la durata del film.