To Build a Better Mousetrap (letteralmente “costruire una trappola per topi migliore”) è una tipica espressione inglese, che significa: creare una versione di qualità migliore di un prodotto già diffuso. Il riferimento di questa espressione quindi va a riferirsi direttamente ad un ambito commerciale e produttivo, di industria e lavoro di catena di montaggio e costruzione di prodotti per soddisfare una domanda.
Ma To Build a Better Mousetrap è anche, che ci crediate o meno, il titolo di un videogioco, creato e sviluppato da Molleindustria (questo link per scaricare il gioco sul vostro PC o Mac). Quest’ultima è un collettivo di programmatori e game designer italiani nato a Milano, che dal 2004 realizza prodotti videoludici dal forte connotato satirico e di denuncia e provocazione sociale. Tra gli altri: “Tamatipico. Il tuo lavoratore precario virtuale”, “Cappuccetto Rosso e il Lupo”, “Embrioni in fuga”, “Operazione: Pretofilia”. Temi dunque non proprio leggeri, né semplici da affrontare con un mezzo come il videogioco, che fa del divertimento e spesso – ma non sempre – della leggerezza alcune delle sue caratteristiche principali.
To Build a Better Mousetrap è un gestionale. Il gioco ci pone davanti ad una catena produttiva, in cui dovremo mettere al lavoro dei topi, scegliendo se inserirli nel settore di progettazione o di imballaggio. Nello stesso tempo dovremo dare loro lo “stipendio” (nella forma di cubetti di formaggio) ed evitare che si crei una ressa in attesa di lavoro, mano a mano che aumenta la produzione. Dovremo fare attenzione a non scontentare nessuno e a mantenere il ritmo produttivo. Che questo sia possibile o meno, lascio a voi scoprirlo. I “capi” che danno lavoro ai topi sono naturalmente dei gatti. Almeno apparentemente.
Mano a mano che la sezione sviluppo avanza, si avrà la possibilità di creare macchinari più efficienti che andranno però a sostituire i lavoratori, creando crescente assenza di lavoro. In un circolo vizioso, che in realtà nulla risolve, perché se i topi sono senza lavoro, di certo non potranno permettersi di comprare i prodotti.
Come avrete notato, il gioco si pone come una forte provocazione delle condizioni sociali di chi lavora incessantemente per produrre, e che però rischia di essere sostituito sempre più spesso da macchinari, restando quindi senza più un lavoro. La domanda che sorge quindi è: è davvero la soluzione giusta? Naturalmente il fine non è quello di dare una risposta, ma di suscitare una riflessione. In un mondo in cui il lavoro sta ormai diventando quasi un privilegio, più che un diritto, diventa un dovere porsi le domande giuste per cercare forse di cambiare le cose.
E la considerazione finale che si può fare è anche che, in fin dei conti, siamo tutti topi.
MG