Bentornati gamers, oggi affronteremo un particolare argomento, che mi sta molto a cuore. Sapete bene, e se non lo sapete andate a leggervi il “manifesto” di questa rubrica illustrato nella prima puntata, che il mio interesse è trattare i videogiochi non solo in quanto tali, ma in quanto mezzo espressivo e di accesso alla realtà dal potenziale straordinario. L’interattività, caratteristica principale anche se a volte data per scontata, è l’elemento chiave che regala ai giocatori esperienze uniche, a livello emotivo ed intellettivo, oltre che semplicemente di svago e divertimento.
Quello videoludico è dunque ormai identificabile come un linguaggio vero e proprio, con le sue peculiarità e caratteristiche, oltre che difetti e mancanze. Ma quello che il medium videoludico è in grado di fare, va ben oltre al mero intrattenimento. Lo sapete bene anche voi, come me, che saghe come Metal Gear Solid, Dark Souls, The Witcher, Uncharted, The Legend of Zelda e chi più ne ha più ne metta, hanno trasmesso a noi e a moltissimi altri qualcosa di molto speciale, che ha fatto in modo che ci sentissimo profondamente legati alle loro storie e che le potessimo ricordare per molto molto tempo, oltre che rivivere grazie proprio alla caratteristica della “rigiocabilità” del videogame.
In un discorso dunque che si apre alla narrativa e al rapporto con il pubblico, oltre che alla “trasmissione” di determinati messaggi, possiamo arrivare a parlare davvero in senso proprio di “divulgazione”. La stessa divulgazione che sono in grado di produrre altri tipi di media, come il cinema o la letteratura. Ecco quindi che arriviamo a parlare di patrimonio culturale. Esso è tale quando viene conosciuto, apprezzato e conservato nella propria memoria, come informazione chiave legata alla propria identità culturale. Oggi tuttavia sappiamo bene quale sia lo stato del patrimonio italiano, in particolare, troppo spesso abbandonato a se stesso o in mano ad istituzioni che, data la loro natura legata intrinsecamente ad una realtà lenta e burocratica spesso non in grado di prendere decisioni in modo celere, non sono in grado di rispondere a quello che ormai è diventato un pubblico estremamente esigente. Non solo di informazioni, ma anche di storie e di elementi dotati di senso. Non mi viene in mente quindi un migliore mezzo per raccontare storie e mettere le persone a contatto con quello di cui si parla, dotandolo di un senso anche banalmente ludico, del medium videogioco. E della potenzialità espressiva di quelle che sono le meccaniche di gioco in senso stretto, con cui un designer può essere in grado di giocare e inventare modi nuovi per far muovere e riflettere il giocatore, potenzialmente spiazzandolo e mettendolo alla prova.
Non dico certo che da domani tutti i videogiochi debbano essere dedicati al patrimonio, anzi. Quella che è l’identità puramente ludica del videogioco deve essere preservata. Ciò non toglie che però il mezzo possa espandersi e inglobare dentro di sé differenti modi espressivi e linguaggi, a seconda di quello che è il fine del prodotto. Commerciale, divulgativo, ludico, e così via.
Naturalmente la realtà che si adatta bene a questo tipo di ragionamento e possibile progetto di sviluppo, è quella indipendente. In quanto priva di eccessivi vincoli di publisher esigenti e fatta di persone che amano mettersi alla prova, fare rete e pensare a meccaniche sempre nuove ed esplorare mondi meno conosciuti. Ci sono naturalmente dei generi più adatti a questo tipo di progetti. Mi riferisco a quelli che più mettono in contatto il giocatore con una parte emotiva oppure che lo spingono alla riflessione e alla risoluzione di enigmi. Quindi parliamo di avventure grafiche narrative, puzzle game più o meno complessi, punta e clicca. Tuttavia ciò non toglie che si possa sperimentare con generi diversi (cosa che sta avvenendo, anche nel panorama italiano, e presto ne riparleremo in questa sede).
La realtà italiana è in movimento attivo, ed alcune piccole realtà stanno realizzando, o l’hanno già fatto, piccoli gioielli che vale la pena conoscere. E questo faremo nelle prossime settimane, dedicando le puntate delle rubrica che seguiranno proprio a queste realtà. A partire da ciò che è stato realizzato dal duo milanese We Are Muesli, a Father and Son, realizzato per Museo Archeologico di Napoli, fino al progetto Mi Rasna. E senza escludere una realtà come l’Italian Videogame Program.
Restate sintonizzati, perchè ci sarà molto di cui parlare.