Qualche settimana fa, se avete avuto modo di seguire i nostri post su Instagram e su Facebook, siamo stati in quel di Fiera di Roma, alla ventiseiesima edizione del Romics. Uno degli eventi dedicati al nostro mondo che sicuramente richiama molto l’attenzione. Oltre ai molti eventi dedicati al mondo del fumetto, del cinema, una grande area è dedicata al mondo dei videogiochi, con un padiglione che è tra i più frequentati nei giorni della fiera.
Quest’anno, aggirandoci con sguardo curioso, oltre ai tantissimi cosplayer, ma più in generale tra i tantissimi stand, abbiamo avuto modo di fermarci nello stand dei ragazzi di Hyperaktive Studio, che hanno presentato al mondo il loro primo e nuovissimo titolo, Madball.
Questo titolo, che solo per ora è previsto solo per mobile, e ci si può anche registrare a questo link per accedere alla Beta, è un titolo al contempo molto immediato ma soprattutto divertente. Si tratta di un gioco sportivo, nel quale l’obiettivo è segnare il maggior numero di gol dentro una “porta” posta al centro dello schermo. Il nostro personaggio si muoverà su un hoverboard, e per riuscire a tirare verso la “porta”, sarà necessario caricare il tiro ruotando su sè stessi. I vari personaggi hanno anche delle abilità speciali, che variano a seconda del nostro giocatore.
Presso lo stand ho avuto modo di giocare con una delle sviluppatrici del gioco, che mi ha introdotto alle meccaniche e mi ha spiegato come funzionava il gioco, ma ho anche avuto modo di scambiare qualche parola con Davide Manetti, Game Designer di questo particolare titolo.
Quando nasce Hyperaktive Studio e soprattutto da dove nasce l’idea di Madball?
“Lo studio è nato a Marzo 2019, siamo uno studio molto giovane, ma siamo riusciti a prendere molti profili di sviluppatori che vengono da esperienze abbastanza importanti nel mondo dello sviluppo dei videogiochi. Quindi abbiamo deciso di unire le nostre esperienze in questo progetto. L’idea di Madball nasce dal fatto che, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo in Italia di videogiochi, il mondo dei titoli competitivi è ancora preso poco in considerazione, salvo alcune eccezioni. Ma è chiaro che, alla fase attuale, il mondo dei competitivi c’è, e si può provare a sfruttarlo per creare un prodotto appetibile. La nostra è un’ambizione sicuramente molto alta, quella di riuscire a ricavarci uno spazio all’interno del mondo degli eSports, però noi siamo determinati verso l’obiettivo”.
Dato che il vostro target è proprio il mondo degli eSports, come pensi che si possa inserire Madball?
“Noi andremo a rilasciare il titolo su mobile in una prima fase, e questo sarà molto importante per noi per avere un primo feedback, innanzitutto per capire se ci sono degli elementi da migliorare ma anche per riuscire a renderci effettivamente conto della portata che Madball può assumere a livello di titolo competitivo. Chiaramente noi speriamo che la nostra idea sia un successo, e qualora questo dovesse accadere la nostra idea è far arrivare Madball su tutte le piattaforme. Ci siamo prefissati degli obiettivi, vogliamo raggiungerli e da lì veramente capiremo quanto pubblico si creerà intorno al nostro lavoro. Al Romics noi abbiamo dato la possibilità di giocare a Madball su PC, e i feedback che abbiamo avuto sono stati tutti estremamente positivi. Nei giorni della fiera siamo arrivati a più di 1000 partite giocate, con la gente che spesso tornava a fare altri match, abbiamo già avuto delle richieste per organizzare dei tornei, perciò è andato molto bene, e siamo molto soddisfatti di questo”.
Quanto è importante per voi mostrare il gioco e ricevere feedback?
“Chiaramente è molto importante ricevere feedback sul nostro lavoro, anche se spesso ci capita di dover stare attenti anche un po’ a mediare quello che ci viene riportato. Il nostro metodo di lavoro ci porta ad ascoltare tutti, ponendo molta attenzione ai feedback che si ripetono: se molte persone ci segnalano la stessa cosa, quella assume una priorità magari maggiore rispetto ad altre segnalazioni, che comunque noi raccogliamo”.
Quanto è difficile essere uno sviluppatore di videogiochi in Italia?
“Tanto, veramente tanto, perché spesso non ti senti anche supportato come dovresti. Molte persone ancora non riescono a capire che il nostro è un lavoro serio, che è un lavoro anche molto articolato e complesso, dato che prima di riuscire ad arrivare al prodotto finito ci sono sempre tantissime cose da fare e da vedere. Io personalmente ho vissuto questo mio lavoro tra mille difficoltà, ho dovuto studiare moltissimo, ma ho visto anche progetti morire per le troppe problematiche. Spesso poi un aspetto che viene molto sottovalutato è tutto il lavoro di team building che ci deve essere per tenere unito lo studio, è invece una cosa molto importante che richiede anche quello uno sforzo molto importante. Come in ogni ambito lavorativo, il rapporto umano è fondamentale, perché comunque ti ritrovi a condividere spazi vitali e opinioni con altre persone, e questa cosa spesso viene trascurata. Quindi, sviluppare videogiochi in Italia è davvero molto ma molto difficile”.
Per quanto adesso è ancora molto piccolo, come pensi che il mondo dello sviluppo dei videogiochi andrà ad evolvere nel nostro Paese?
“Sinceramente vedo che le cose stanno iniziando a cambiare, sta molto rallentando la ‘fuga di cervelli’ verso l’estero. Fino a poco tempo fa infatti moltissimi profili, appena terminati gli studi, prendevano e scappavano via dall’Italia. Adesso sta un po’ cambiando questo paradigma, si sta diffondendo l’idea che anche in Italia c’è la possibilità di creare un qualcosa di importante a livello videoludico. Quindi penso che con i dovuti tempi, io credo che questo mondo andrà ad avere effettivamente una grande crescita, perché già ora ci sono dei progetti interessanti”.
Come giudichi il momento attuale del movimento degli eSports in Italia?
“Anche in questo ambito sto notando un certo miglioramento, con parecchi giocatori che stanno iniziando anche a sviluppare un certo seguito a livello di numeri. Il problema anche qui è che forse si guarda ancora con pregiudizio al mondo eSports qui in Italia. La cosa che sto vedendo però è che adesso come adesso la mentalità sta cambiando, soprattutto nelle fasce di età più giovani: avere prodotti come Fortnite, League Of Legends e altri aiuta certamente perché comunque sono rivolti proprio a questa audience, e quindi anche i più piccoli guardano le stream di questi giochi, e magari si trovano uno streamer preferito, o magari iniziano a guardare anche le varie leghe eSports. Per ora però è ancora tutto molto in piccolo, anche se ci sono margini di miglioramento molto importanti”.
Alla fase attuale, quanto può essere importante avere eventi dedicati al mondo dei videogiochi per favorire anche lo sviluppo di questo in Italia?
“Secondo me molto, perché il pubblico, finché non si trova a vedere con i propri occhi l’esistenza di un qualcosa, non crede che questo esista. Perciò è molto importante per esempio avere fiere, stand che permettono di metterti in mostra, di farti conoscere, oppure eventi dedicati, come per esempio, per quello che riguarda i videogiochi, anche tornei dedicati a titoli specifici: mostrare che c’è gente che gioca a livello professionistico ai videogiochi sicuramente porta le persone ad informarsi, a cercare di capire cosa hanno effettivamente visto. Come detto, aver partecipato al Romics ci ha portato ad avere molte persone che si sono informati sul nostro Madball, e questo ci ha fatto piacere, perché ci ha fatto capire che ci siamo fatti notare da molti”.