Rico Rodriguez è un personaggio molto fuori dalle righe. Un super agente segreto capace di affrontare interi eserciti da solo, atletico, spavaldo e munito di un’immancabile rampino. Le avventure che lo vedono protagonista di violenti battaglie contro dittatori di terre sconosciute, hanno saputo ritagliarsi uno spazio importante nella recente storia dei videogames. Non ha la simpatia di Mario né tanto meno il carisma di Geralt di Rivia, eppure le imprese narrate in Just Cause sono facilmente rinoscibili dallo stile “caotico” del suo attore principale. La saga degli Avalanche Studios è volutamente “esagerata”, spettacolare e ricca di ironia, e ha nei suoi pregi quello di lasciare libero il giocatore di decidere come affrontarla, limitandone raramente “l’ingegno distruttivo”.
Pazienza se la trama degli episodi fin qui pubblicati spesso latita, e pazienza se gli elementi presenti sullo schermo non rispettano alcuna legge della fisica esplodendo senza motivo. Just Cause è semplice intrattenimento videoludico, probabilmente nell’accezione più pura del termine, e ammette poche argomentazioni al riguardo se non quella del “prendere o lasciare”. L’essere giunti al quarto capitolo è la dimostrazione che la formula funziona, pur con tutti i limiti e i difetti tipici della serie. Just Cause 4 si pone l’obiettivo di essere molto più di un semplice seguito, con la promessa di superare in ogni singolo aspetto tutti quelli che l’hanno preceduto. La nostra recensione ha il compito di decretare se queste promesse siano state mantenute o meno. Allacciate il paracadute, preparate le armi, si parte!
Nuova Isola, Nuovo Dittatore
Come ogni supereroe che si rispetti anche il buon Rico è incapace di prendersi un periodo di meritato riposo. L’isola di Solìs è sotto l’egemonia dell’ennesimo,crudele dittatore che nella fattispecie risponde al nome di Oscar Espinoza. Le ambizioni di questo folle personaggio vanno ben oltre la conquista di uno sconosciuto paradiso tropicale, rivelandosi molto più pericolose e “globali”. È infatti in possesso di una tecnologia, il progetto Illpa, che gli permette di controllare le condizioni climatiche a proprio piacimento, creando eventi catastrofici tramite l’utilizzo di avanzate stazioni meteorologiche. A protezione della sua follia non poteva mancare una nostra vecchia conoscenza, il fastidioso esercito mercenario della “Mano Nera”, capeggiato dall’altrettanto spietata Gabriela Morales. Se a questa premessa aggiungiamo che nella creazione dell’arma è coinvolto anche il padre del nostro eroe, è facile pensare che anche questa volta le meritate vacanze dovranno per forza attendere.
Fortunatamente a supporto della nostra impresa avremo una milizia locale “l’armata del Caos”, una sgangherata banda di soldati (composta in buona parte da semplici civili) determinata a rovesciare il tiranno. Ovviamente la rivolta sarà a nostro “carico”, vista l’assoluta disorganizzazione degli alleati inclini a fungere da bersaglio ai nemici ( con cui condividono l’intelligenza artificiale). Nel complesso le ore necessarie a completamento della campagna principale (circa una trentina, senza le quest secondarie) ci hanno divertito, e seppure la storia appare più drammatica e articolata, non rinuncia mai a quell’umorismo tipico del brand. La software house aveva garantito una cura maggiore di quest’aspetto, ritenendo che l’introduzione di un’antagonista ( Gabriela) bastasse a creare un percorso narrativo di maggiore spessore. Uno sforzo vano visto che lo “storytelling” lascia ancora una volta a desiderare, e la trama resta stereotipata e superficiale.
Un Rampino per Ogni Occasione
Il gameplay dell’ultima opera degli Avalanche Studios non differisce da quanto visto nel capitolo precedente. La grande mappa è divisa in regioni e non è totalmente “aperta” nelle prime ore di gioco. Ogni zona è presidiata da un generale e da una particolare condizione atmosferica, in più l’accesso alle quest presenti nell’area limitrofa è spesso subordinato all’avanzata delle nostre truppe. Una serie di missioni ci avvicinerà alla canonica boss-fight, e nel frattempo saremo liberi di vagare nelle ambientazioni, accettando un’infinità di compiti molto simili tra loro. Non essendo fondamentali per lo sviluppo del protagonista, quest’ultimi risultano essere uno degli aspetti peggiori del titolo. Purtroppo dopo che ne avrete completate una decina vi ritroverete a compiere sempre le stesse azioni quali: libera e scorta i prigionieri, viola il terminale e proteggilo, attiva i generatori.
Lo scopo puramente “teorico” di queste missioni è quello di rafforzare l’armata del caos fornendogli nuove truppe e veicoli al fine di conquistare la zona. Se da un lato potrebbe apparire come una nuova variante strategica, all’atto pratico questa innovazione si rivela inutile. Dopo alcune ore di gioco avrete a disposizione quanto necessario a completare l’avventura e questa attività diverrà presto un’esercizio fine a stesso. Un vero peccato visto che un’approfondimento di questa meccanica avrebbe giovato all’esperienza di gioco, creando un’intrigante diversivo al massacro. Quando sarete stufi di avere la meglio su ondate di nemici (spesso inermi), vi basterà portare avanti lo story mode “aggirando” il loop infinito delle missioni secondarie, che vi proporranno un semplice mix delle azioni descritte in precedenza.
Le uniche vere novità sono sostanzialmente due, e sono in grado di alleviare la monotonia degli aspetti fin qui elencati. La prima è costituita dal nostro fido rampino che è stato potenziato con nuove, folli abilità. Il “Riavvolgitore” non è esattamente un’elemento inedito, in quanto presente in Just Cause 3, rispetto al quale si mostra sensibilmente più “efficace”. Oltre alla funzione che vi permette di aprire enormi portoni e abbassare i ponti, potrete collegare tra loro sia i veicoli dei nemici sia i soldati della fazione rivale. Una specie di mulinello automatico porterà le estremità connesse a cozzare tra loro, e lasciamo alla vostra immaginazione l’effetto che può avere, un elicottero e una cisterna esplosiva. “Il Sollevatore” invece è un’autentica new entry e vi consentirà di allontanare qualsiasi oggetto o persona dal campo di battaglia, tramite l’applicazione di palloni aerostatici. La quantità di quest’ultimi necessaria a issare il bersaglio varia a seconda del peso, quello che possiamo anticiparvi è che appendere un carrarmato in aria regala belle soddisfazioni. Abbiamo infine l’abilità “Booster” che serve ad attaccare dei piccoli missili a qualsiasi superficie. Premere il pulsante adibito all’accensione, sopratutto dopo che ne avete distribuiti un discreto numero, creerà un effetto a catena tanto imprevedibile quanto divertente.
La quantità di combinazioni letali è praticamente limitata soltanto dalla fantasia del giocatore, e padroneggiare il meccanismo è molto semplice grazie ad un’interfaccia dei comandi intuitiva. È presente un’albero delle abilità che permette di potenziare le funzioni del rampino. Purtroppo anche in questo caso il discorso torna a quanto detto in precedenza per le missioni secondarie, ovvero tanta ripetitività in cambio di nulla di realmente “concreto”. A conclusione dell’analisi dedicata al gameplay non possiamo omettere gli eventi atmosferici, che oltre ad essere l’aspetto più spettacolare del gioco, influiscono positivamente sulle dinamiche della battaglia fornendo spunti inediti al massacro. Non vi rovineremo la sorpresa nel descrivere gli effetti di un tornado o di una tempesta di fulmini sui nemici, sappiate solo che quelli visti in Just Cause 4 sono tra i migliori dell’attuale generazione.
Il capitolo “novità” si chiude mestamente qui. Davvero troppo poco per essere soddisfatti da quello che il titolo propone, soprattutto se il paragone con l’episodio precedente è tanto ingombrante quanto necessario. Le nuove avventure di Rico restano afflitte da una pesante monotonia che le innovazioni introdotte mitigano solo in parte. Da questo punto di vista il quarto episodio della serie delude, somigliando più ad un aggiornamento che ad una nuova uscita. Dopo tre anni di sviluppo era lecito e doveroso aspettarsi qualcosa di realmente diverso, un fattore che fa aumentare a dismisura i rimpianti su quello che il gioco avrebbe potuto essere e di fatto non è.
Un Paradiso Infernale
Per quanto riguarda il comparto tecnico, Just Cause 4 è un videogame “ingannevole” e altalenante. Se da un lato osservare il panorama da un’altura è uno spettacolo incredibile, grazie alla profondità e alla ricchezza dell’orizzonte visivo, dall’altro basterà lanciarsi con il paracadute per cambiare idea. Il progressivo avvicinamento al suolo mostrerà tutti i limiti di un motore grafico obsoleto. La bellezza indiscutibile degli scenari contrasta con molte texture poco dettagliate e in bassa risoluzione, oltre ad un’infinità di bug, glitch e compenetrazioni poligonali che faranno spesso da triste sfondo alle nostre acrobazie. A peggiorare ulteriormente la situazione ci si mettono anche le animazioni prese di pari passo da JC 3, disarticolate e poco realistiche. Purtroppo non mancheranno neanche gli ormai classici cali di frame rate durante le situazioni più caotiche, e perfino le sequenze filmate mostrano diverse imperfezioni ed errori grossolani.
Se nel 2015 (in occasione dell’uscita del precedente episodio) l’ A.P.E.X Engine era apparso arretrato rispetto agli standard del periodo, restiamo dubbiosi sulla riproposizione dello stesso a quasi quattro anni di distanza. Gli unici elementi che meritano una nota di merito sono gli effetti particellari, esaltati dalla spettacolarità delle esplosioni e ancora una volta le condizioni meteorologiche , che sembrano aver assorbito per intero gli sforzi degli sviluppatori. La situazione migliora decisamente con il comparto sonoro impreziosito da musiche idonee al contesto avventuroso e da effetti che svolgono egregiamente il proprio compito.
Un’Ardua Sentenza
Esprimere un giudizio definitivo su Just Cause 4 è veramente difficile a causa della contraddittorietà dei suoi elementi. Il titolo è molto divertente e folle nella sua buona durata, ma non possiamo ignorare l’esiguità delle innovazioni apportate e l’arretratezza del comparto tecnico. In poche parole il gioco degli Avalanche Studios si accontenta di restare pedissequamente fedele a se stesso senza mai provare un grande passo in avanti. Just Cause 4 resta una”enciclopedia della distruzione” tra le cui voci sono incluse un’infinità di situazioni assurde ed esilaranti. La libertà nell’interpretare la guerriglia a nostro piacimento, questa volta non basta a giustificarne la ripetitività e le mancanze. In conclusione risulta praticamente identico al suo predecessore (salvo le rare eccezioni descritte) portandosi dietro tutti i limiti ormai “storici” della serie. L’ennesima enorme occasione persa che ci sentiamo di consigliare solo ai fan sfegatati del brand, disposti a chiudere ancora una volta un’occhio sui difetti evidenziati. A tutti gli altri suggeriamo di rivolgere l’attenzione altrove, tanto più se il Sig. Rodriguez non è il vostro idolo e il folle caos di Just Cause non vi ha mai appassionato.