Dopo tre anni, Bloober Team propone il sequel di Layers of Fear, horror psicologico rilasciato nel 2016 per console e PC, e nel 2018 anche per Nintendo Switch grazie al successo ottenuto. Con Layers of Fear 2, gli sviluppatori puntano ancora più in alto: pronti ad addentrarvi in nuovi strati di paura?
Copione o realtà?
Il gioco ci mette nei panni di un attore di Hollywood, chiamato da un misterioso regista ad interpretare una parte a bordo di una nave da crociera dei primi del ‘900. All’inizio ci troviamo ad attraversare vari corridoi e cabine della nave i quali, nonostante siano illuminati, sono apparentemente deserti e talvolta disastrati. Una sensazione di angoscia pervade il giocatore nel momento in cui si inoltra in corridoi bui e stretti, ma soprattutto quando si scorgono strani fenomeni: fantasmi che ci passano davanti sparendo dietro qualche porta, oggetti che ci cadono addosso dal soffitto senza un motivo apparente, e numerosi ed inquietanti manichini – in piedi o seduti – che sembrano rappresentare diverse scene teatrali in alcune stanze della nave, in cui spesso è presente un enigma da risolvere per proseguire. Capita che le luci di alcune stanze si spengano all’improvviso, seguite da alcuni faretti che si accendono al suo interno finchè non troviamo il modo di proseguire. Spesso basta guardarsi attorno per vedere riapparire alcune luci che indicano la via d’uscita, o una porta dapprima chiusa a chiave e che ritroviamo improvvisamente aperta.
Uno degli assi nella manica di Layers of Fear 2 è il comparto sonoro: alcune musiche di background aumentano esponenzialmente la tensione del momento, ma sono gli effetti sonori a farla da padrone, grazie ad una qualità niente male che raggiunge il culmine alla comparsa del nemico invincibile, dalle gocce che cadono dal soffitto, o dall’inquietante tremolìo delle assi di legno in alcune sezioni della nave. Spesso questi rumori sinistri ci inducono a procedere piano, talvolta abbassati mediante un apposito pulsante. Anche aprire le porte può incutere timore, per paura di trovarvi dietro chissà cosa e non poter scappare in tempo. A livello di gameplay, l’apertura stessa delle porte è ben calibrata grazie all’utilizzo di un pulsante per girare la maniglia e l’analogico destro che, se premuto lentamente, permette di aprire la porta con la velocità desiderata ed in modo fluido. Peccato per l’hitbox piuttosto piccola della maniglia, di cui parliamo più avanti.
C’è anche un vero e proprio nemico, che potremmo paragonare al Nemesis di turno, che incontreremo dopo meno di mezz’ora di gioco e che ci inseguirà più volte durante lo stesso, apparentemente senza poter essere combattuto nè fermato. Si tratta di una creatura che possiamo vedere in fondo ad un corridoio non appena svoltiamo l’angolo, o che ci compare di fronte senza alcun preavviso. Man mano che si avvicina, facendo vibrare la nostra visuale e vibrando lui stesso, il colore della scena tende al bianco e nero per creare una sensazione di estremo pericolo. C’è solo una cosa da fare: girarci e scappare, aprendo in fretta e furia le porte e chiudendo quelle a scorrimento laterale per rallentare la creatura, ricordando che queste servono a rallentarla, ma non a fermarla del tutto.
Oltre al nemico che ci insegue di tanto in tanto, il gioco è pieno di oggetti e documenti da trovare, alcuni dei quali si trovano per terra mentre altri sono ben conservati all’interno di qualche cassetto o appoggiati su un tavolo. Spesso e volentieri, il ritrovamento di un oggetto è accompagnato da una o più voci narranti (in inglese): ad esempio una donna ed un bambino, che ci fanno rivivere attimi di paura legati a quel particolare oggetto o alla stanza in cui ci troviamo. Alcuni oggetti – ad esempio le chiavi – possono essere raccolti ed usati quando serve, mentre altri come lettere e documenti possono soltanto essere visionati e riposti nello stesso punto. Ogni oggetto è selezionabile tramite un hitbox bianco, presente anche quando ci avviciniamo ad una porta e che ci indica se sia possibile aprirla o se sia invece chiusa a chiave. C’è da dire che, benchè funzionino abbastanza bene con le porte, queste hitbox sono fin troppo piccole e ci obbligano a puntare il mirino centrale – se abilitato nelle opzioni – esattamente nel piccolo cerchio dell’hitbox stessa, pena il non riuscire a raccogliere o guardare l’oggetto in questione.
Suspence is the key
Dalla sua, Layers of Fear 2 ci immerge in un’atmosfera incredibile, che incute paura a chi soffre di claustrofobia e paura di restar da soli. Un gradino più in basso la grafica, ma non fraintendiamoci: gli ambienti sono comunque belli, con stanze e corridoi talvolta molto grandi e ricchi di dettagli. Ciò che notiamo, però, è la vicinanza alla generazione passata in quanto a palette colori e – in alcuni casi – semplicità di modellazione degli oggetti. Ma queste piccole carenze sono compensate da un sistema di illuminazione ed ombreggiatura ben realizzati, e che trasmettono tensione e mistero – oltre alla paura di avere sempre qualcuno o qualcosa alle nostre spalle. Quando risolti, alcuni enigmi attiveranno un’animazione di manichini o piattaforme in mezzo alla stanza, con leve da attivare per far scendere lentamente dal soffitto un oggetto di qualche tipo (ad esempio una poltrona da posizionare nel punto giusto di una piattaforma rotante) oppure, in una scena precisa, portandoci davanti ad un tavolino in cui vi è appoggiato un revolver, obbligandoci a scegliere a chi sparare tra due manichini distanti pochi metri più avanti.
Il tratto più rappresentativo di Layers of Fear 2 resta la suspence, che si attesta costantemente su alti livelli mantenendo il giocatore in allerta perenne. Alcuni momenti permettono comunque di rilassarci nel tentativo di risolvere un enigma, ad esempio quando ci troveremo di fronte ad un cancello chiuso con lucchetto o una cassaforte: in entrambi i casi dovremo trovare la combinazione, scritta in un foglietto dietro qualche angolo nascosto del corridoio o leggibile guardando verso il soffitto da un punto specifico della stanza. Enigmi che, così descritti, sembrano abbastanza semplici da risolvere, ma che in realtà non lo sono per niente. Alla suspence si aggiungono anche numerosi jump scare, come oggetti che cadono improvvisamente dal soffitto, ombre e figure oscure che balzano fuori da un muro e spariscono nel nulla, il nemico che compare all’improvviso e ci insegue inesorabilmente in alcune sezioni senza darci scampo, e così via. Alcuni scenari sono volontariamente simbolici, creati ad hoc per fornire un significato preciso o per contestualizzarsi in ambito cinematografico e teatrale. In una stanza è rappresentata la prua della nave, col mare formato da diversi livelli di cartone color azzurro e a forma d’onda; in un’altra dobbiamo scorrere le diapositive di un cervo che scappa, stoppando sull’unica diapositiva raffigurante una porta sul muro che, come immediatamente comprensibile, diventa una vera e propria porta da attraversare per raggiungere un nuovo corridoio. Alcune di queste trovate danno un tocco pittoresco all’avventura, alzando di qualche punto la varietà e tenendo l’atmosfera su alti livelli.
In quanto ad atmosfera e suspence, Layers of Fear 2 non ha nulla da invidiare a piccoli capolavori come What Remains of Edith Finch, The Vanishing of Ethan Carter, Everyone’s Gone to the Rapture e Dear Esther. Qui c’è una componente horror – piuttosto accentuata quando il nemico vi insegue – meno presente nei titoli sopracitati, ma il paragone è basato sulla suspence e sugli enigmi da risolvere, spesso affascinanti e ben pensati, che coinvolgono il giocatore trascinandolo in una sfera di terrore e manie di persecuzione tipiche di un horror hollywoodiano. È uno di quei giochi in cui prevale comunque l’esplorazione, il continuo camminare alla ricerca della strada giusta e di oggetti, indizi o codici per comprendere la trama e sbloccare nuove sezioni. Il che significa che piacerà molto a chi predilige l’esplorazione ai momenti action, e a chi ama essere costantemente circondato da potenziali pericoli e tensione a mille, ma potrebbe piacere poco o nulla a chi cerca appunto più azione. Ad ogni modo, i jump scare sono tanti, alcuni dei quali vi faranno saltare dal divano, mentre altri potrebbero non stupirvi così tanto e limitarsi a farvi sorridere. Ma tutto sommato, il lavoro svolto dai ragazzi di Bloober Team è più che positivo.