In un mondo oscurato dal male, dalla paura dell’ignoto e dalla presenza di mostri, solo le luci del fuoco e dei fari di una macchina possono illuminare di nuovo la strada da seguire. Dopo aver conosciuto la piattaforma Steam nel lontano 2016, lo strategico Overland è arrivata anche su console fissa e portatile dal 19 settembre scorso, ed è proprio su Nintendo Switch che abbiamo provato questa esperienza. Questo turn-based strategy di FINJI è particolarmente adatto al piccolo schermo della console in questione, sia per l’effetto di raccoglimento che l’atmosfera suscita in sé, sia per le necessità davvero limitate di osservare le schermate di gioco piuttosto elementari. Imbarchiamoci insieme in questo viaggio nel buio e nella solitudine.
Viaggio alla ricerca del giusto
Sì, perchè Overland è un vero e proprio excursus rapido e non troppo indolore, almeno emotivamente, del territorio statunitense, un viaggio fisico e metaforico da una costa all’altra, un Into the wild che ci conduce non tanto alla scoperta di sé, quanto alla ricerca costante di una via di fuga, giorno dopo giorno, alla ricerca della salvezza. A qualunque costo. Cominciamo il nostro percorso sulla costa Est, dopo aver assistito alla morte, o meglio sparizione, di un nostro conoscente che ci intima di fuggire, finché siamo in tempo, dai mostri che popolano la città. Non saremo sempre soli: spesso incontreremo almeno un altro sopravvissuto con il quale condividere o meno la nostra fuga, sempre in base alle nostre scelte che ci condurranno a lasciare per strada l’altro compagno di viaggio, non per cattiveria ma per semplice e “istintiva” necessità di mettere in salvo la propria pelle prima di quella degli altri.
Ogni campagna di Overland comincia quindi con un personaggio sempre diverso, generato randomicamente, il quale stringerà questi legami facilmente dissolubili, ma mai troppo superficiali, condividendo sempre e comunque l’importanza di trovare un’auto sulla quale procedere per continuare il viaggio, mappato su una cartina che prende vita sul nostro schermo man mano che ci spostiamo da una schermata all’altra. La salvezza ci attende dove cala il sole, sulla West Coast, o almeno così siamo portati a presupporre. Per raggiungere la “terra promessa” priva di ogni pericolo, dovremo vivere ogni giorno distinto nelle sue diverse fasi: mattina, pomeriggio, sera, ciascuna con le proprie caratteristiche e i pericoli della notte che non ci permettono di vedere intorno a noi, se non grazie alla scarsa e fioca illuminazione stradale.
Quadrato e pratico
Come ci muoviamo infatti, oltre che guidando auto rubate a ignoti? Secondo un classico stilema spesso ritrovato in tattici e strategici, avremo a disposizione un range abbastanza ristretto di movimento all’interno di un quadrato su cui spostarci, rispettando il nostro turno che cederemo poi ai mostri nemici. Questi ultimi spunteranno dalle ombre o dal sottosuolo, ma potremo anche cercare di disfarcene ammazzandoli e perdendo così parte della nostra energia: non disporremo di una possibilità infinita di uccidere questi esseri, simili a grandi scarabei, dunque dovremo ben ponderare le nostre scelte anche da questo punto di vista.
Uno strategico a turni è esattamente il genere di gioco che aumenta ancor di più quel grado d’ansia che ci fa rimanere incollati allo schermo della nostra console, stringendo i Joy-Con man mano che procediamo e che i livelli si fanno chiaramente più sfidanti, ma non troppo, lo ammettiamo. La storia di Overland cede il passo più allo storytelling che all’azione vera e propria, dove la difficoltà non sta nel combattimento, ma nella nostra capacità di compiere scelte giuste, non per forza semplici. La semplicità infatti non fa (più) parte di questo mondo, dove vedremo parecchi individui prendere strade diverse o morire, un destino riservato anche agli animali più indifesi. Tornando invece al quadro sul quale dovremo muoverci, le azioni da compiere comprendono anche l’esplorazione di casse e altri oggetti per trovare accessori utili al nostro scopo, come del carburante per non rimanere a secco durante il tragitto, medicine e strumenti da usare come armi.
Fai silenzio e scappa
Come ben ci insegna però ogni thriller, più è forte il rumore che provochiamo, più il nemico verrà attirato verso di noi, una reazione fisica che dovremo tenere bene a mente ogni volta che staremo per compiere un singolo passo. Per fortuna vedremo facilmente il nostro personaggio muoversi in queste aree, godendo di una visuale a mezza altezza e dall’alto, senza poter spostare l’obiettivo della telecamera, ma comunque riuscendo ad avere una buona percezione di quanto ci circonda. Una particolarità del gioco è che si basa non solo sulle scelte che andiamo a compiere, ma anche dalle impostazioni che daremo all’inizio di ogni run: potremo infatti stabilire se ripristinare il livello ogni volta o imporre di terminare ogni turno entro un certo limite di tempo, scelte opzionali ma altrettanto sfidanti, ma una cosa è certa: giochiamo in costante modalità permadeath, proprio come se la nostra vita fosse una sola, come nella realtà.
Ci sentiamo però di dare due consigli: godetevi la partita senza fretta e giocate in versione handheld, cercando di evitare il più possibile la versione dock. Questo perché alcuni bug già evidenti sul piccolo schermo della console diventano davvero difficili da digerire sullo schermo del televisore: uno per tutti, notiamo come il nostro personaggio passi attraverso ostacoli e pareti con grande naturalezza. Anche le forme degli elementi presenti sullo schermo sono abbozzate malamente e non ben definite, dando a intendere che la cura grafica e tecnica sono rimaste un po’ in disparte, lasciando però emergere alcuni dettagli non indifferenti. Tra questi, ritroviamo nel menù iniziale la possibilità di impostare il font sull’opzione “Dislessia” rendendo i caratteri più distinguibili e leggibili sullo schermo, una facilitazione accompagnata dalla totale localizzazione in italiano.
Un quadro muto
Durante il viaggio godremo però di schermate i cui colori riprendono le tonalità che hanno caratterizzato gli sfondi di Overwatch e Virginia, solo per dare un’idea di colori resi da tratti quasi disegnati e dalle tonalità abbastanza accese, così come di forme geometriche popolanti il nostro schermo. Se saremo deliziati da questa ricerca artistica narrativa, non potremo dire altrettanto del comparto sonoro, caratterizzato da qualche effetto speciale e ambientale, ma non dalla colonna sonora che oseremmo dire essere praticamente assente.
Se però siete anche alla ricerca di qualche motivazione in più per addentrarvi in questo mondo, non mancano i numerosi badge da conquistare con un certo sforzo, stimolandoci a diventare sempre più attenti e abili agli ostacoli che si parano di fronte a noi. Non da ultimo, abbiamo anche apprezzato la proprietà linguistica originale nel porre i contenuti e le descrizioni di personaggi e situazioni, attraverso uno stile diretto, spigliato ma mai eccessivo o improprio.