Con l’uscita della Crash Bandicoot: ‘Nsane Trilogy, si é scatenato un piccolo dibattito su come doveva essere classificato il titolo data la sua posizione produttiva particolare che lo ha visto debuttare sul mercato come una riproposizione dei primi giochi della saga del peramele arancione ma con grafica e plasticità dei movimenti dei modelli rinnovati.
Questo dibattito ha poi, a quel punto, anche coinvolto in maniera generale anche tutti i videogiochi che sposano queste terminologie. In occasione quindi della prossima uscita sui mercati del nuovo remastered di Shadow of the colossus (che spiegherò in seguito perché tale e non un remake), la questione mi si é rinnovata in mente, facendomi decidere di parlare della terminologia che coinvogle tali prodotti.
Fondamentalmente, infatti, se si affiancano i termini remake, reboot e remastered, superficialmente tutti e tre indicano un prodotto che in qualche modo é stato modificato in delle componenti per risultare adeguato al periodo di uscita a livello quantitativo: che sia la risoluzione, la grafica, il game desing, e altri particolari, che possono creare seria confusione in chi non ha approfondito a dovere la questione.
Curiosamente, però, tutti i termini elencati, se indagati un momento all’origine e quindi in campo videoludico, trovano subito una loro collocazione naturale in base alla quantità-qualità (e non solo la prima delle due) delle modifiche che vari titoli portano con se rispetto alla controparte originale. Compito di questo pezzo é quindi cercare di ordinare tali termini e fare chiarezza, catalogando e sviscerando l’argomento nella maniera più puntuale possibile.
Il remastered o “remaster”
Partiamo ovviamente dalle basi: il reamstered. Questo termine preso in prestito dal cinema e dalla musica, secondo l’enciclopedia ufficiale indica un prodotto che é stato sottoposto a una restaurazione audio e/o video al fine di migliorarne la qualità. Trasferita la terminologia nel gaming, esempi celebri o meno di rimasterizzazione pura si possono trovare per esempio in Ico Classic HD edition, dove il titolo é stato ripulito graficamente e aggiornato nella risoluzione per poter venire incontro all’avanzamento tecnologico di oggetti fondamentali in parte per gli apparecchi tecnologici video quali i pannelli televisivi o altri tipi di schermi utilizzabili.
Se fosse però tutto fisso e rigido, già a partire da questa terminologia, forse non saremmo neanche umani ma macchine, quindi é necessario riuscire a catalogare già in questa prima categoria anche giochi che non paiono appartenervi, anche per semplificazione terminologica e per favorire le capacità di ragionamento dell’utenza verso futuri prodotti che potrebbero rientrarvi apparendo superficialmente particolari.
Come accennato all’inizio del nostro percorso, la riproposizione di Crash Bandicoot é stata presentata al pubblico come rimasterizzazione dei titoli al suo interno pur annoverando particolari cambiati come la grafica o le musiche. Già da questi particolari si potrebbe asserire che il titolo non appartenga al gruppo delle rimasterizzazioni, visto che praticamente sia le melodie che le immagini sono state ricostruite…Ma esiste un “però” e questo é legato ad altri fattori che rendono proprio il prodotto allegabile ai remastered nonostante le differenze da una prduzione tipica della categoria.
Se ci si riflette bene infatti, la grafica di Crash, per come é stata analizzata su altri lidi, se é vero che é stata totalmente ricostruita, proviene comunque da dei disegni che si ritrovano con grafica a 32-bit già nelle opere originali.
Tramite la ricostruzione grafica quindi, si é partiti dagli stessi progetti di disegno e non da altri nuovi, che sono solo stati riproposti pedissequamente con grafica aggiornata e al passo con i tempi.
Diciamo quindi che il progetto di ricostruzione ha una base vecchia che é stata utilizzata per rifare il look all’estetica grafica, non ripartendo da zero.
Tutto ciò è quindi configurabile con il fatto che sembra proprio che il titolo sia stato più che altro aggiornato in questo frangente, riproponendo lo stesso il feeling emotivo originale e storico.Il medesimo discorso si può applicare anche alle musiche del gioco, che partono dalla stessa base musicale del passato, restituendo in gran parte quel feeling nostalgico, ma che sono state riproposte e arricchite con nuove tecnologie.
Un discorso diverso invece riguarda la plasticità dei movimenti dei personaggi in gioco che però non modificano l’imprecisione, per esempio, nei salti. Si tratta quindi di una tale piccolezza che in pratica sparisce come un neo molto piccolo sul dorso di un elefante, che risulta invisibile o quasi quando lo si guarda nel complesso, per come si dovrebbe guardare anche un videogioco per giudicarlo. Insomma, é praticamente di peso quasi ininfluente.
Stabilita la natura di queste modifiche, il restante 90% della riproposizione della trilogia di Crash rimane praticamente inalterata (se non per altre piccolezze come l’utilizzo di Coco, che é un Crash al femminile nelle azioni, praticamente) rispetto al passato, con gli stessi livelli, la stessa storia, gli stessi personaggi, le stesse meccaniche, le stesse cutscene, portando a una deduzione semplice ed essenziale legata alla sua natura che si può già desumere da tutto quello che é stato detto fin’ora.
Si può parlare a conti fatti, insomma di rimasterizzazione per l’operazione nostalgia di Activision, identica, tra l’altro, nell’impostazione generale e basilare di riproposizione per riproporre una qualità video migliorata, che solitamente però, cambia nel focus di quello che si aggiorna nel particolare. Insomma, in Crash si aumenta la qualità video tramite la ricostruzione della grafica pur partendo dagli stessi disegni degli anni 90′, mentre in Ico si parla di miglioramento della qualità video per quanto riguarda la risoluzione e pulizia, a cui si può anche aggiungere una variazione del frame rate.
Venendo un attimo quindi al nuovo rifacimento del gioco di Ueda, uscito originariamente per Playstation 2, si tratta di una nuova remastered, visto che il gioco é praticamente identico all’originale se non per la grafica completamente aggiornata e gli asset ricostruiti. Che poi tramite il marketing e la pubblicità lo si vuole spacciare per altro, per un remake, perché attira più l’utenza, é ovviamente un altro paio di maniche.
Cos’é quindi il remastered in un videogioco? Un titolo che propone la stessa storia, le stesse meccaniche di gioco, gli stessi disegni originali per la grafica, gli stessi spartiti di base per la musica e le stesse cutscene, con qualche aggiornamento odierno in cui spicca quello video e audio che però non cambia la grandissima base del titolo originale. In percentuale parleremmo di un 90% per la base quantitativo-qualitativa tramandata e un 10% per le caratteristiche diverse.
Il remake
Andando per gradi, per come si sta facendo, sicuramente il remake arriva subito dopo la rimasterizzazione per numero di caratteristiche cambiate e influenti rispetto al titolo da cui proviene.
Nel linguaggio cinematografico da cui il videogioco mutua il termine, in un prodotto del genere cambiano le caratteristiche tecniche, gli interpreti che recitano nelle rispettive parti e vengono aggiornati i dialoghi. Trasportando questa terminologia nei videogiochi, quindi un esempio di remake può essere considerato Metal Gear Solid: The Twin Snakes.
La grafica del titolo é stata aggiornata ai tempi che correvano, le meccaniche sono state riviste in maniera rilevante tramite l’inserimento della possibilità di nascondersi negli armadietti o nasconderci proprio i cadaveri, della pistola tranquillante, della barra della stamina, di un’intelligenza artificiale pnemica più complessa, e della capacità di sparare e mirare in prima persona.
Inoltre la regia stessa delle cutscene é stata cambiata in linea ai tempi che correvano all’epoca, dove il film Matrix con Keanu Reeves era molto in voga per identificare le emozioni di un tipico film d’azione, e le musiche contengono pezzi del tutto inediti a parte due. Tutti questi aspetti cambiano in linea generale parzialmente il feeling e l’approccio dell’esperienza rispetto all’originale. In tutto ciò la storia non viene però alterata, così come i personaggi, le meccaniche stealth fondamentali, le caratteristiche dei boss, e i disegni degli ambienti di base e dei personaggi.
Si può dire quindi che il cambio delle caratteristiche tecniche, facendo un parallelo con i remake cinematografici, corrisponde in questo caso a una rivisitazione della regia delle ctutscene, dei pezzi musicali, delle meccaniche di gameplay e a un aggiornamento grafico. Gli interpreti diversi sono dati invece dalle azioni che i due Snake compiono durante le rispettive cutscene come se fossero attori differenti che interpretano lo stesso ruolo, visto che in molti non riconoscono il “vero” Snake ma un altro Snake nel gioco per Gamecube.
Questa differenza fa in modo che si abbia la sensazione che il ruolo magari sia passato di mano dall’originale al remake, dove ogni attore ci mette del suo per delineare il personaggio. Il primo é quindi più posato e rigido, mentre il secondo é più plastico e spettacolare. L’unica parte che rimane scoperta in questo senso é l’aggiornamento dei dialoghi, ma solo perché sono rimasti validi nell’arco di uscita intercorso tra i due giochi, quindi non c’era bisogno di alterarli.
In ogni caso, molte delle caratteristiche variate e che corrispondono al remake cinematografico, fanno sì che, nonostante la parte testuale sia rimasta invariata, il gioco rientri tra i remake videoludici. In percentuale, quindi abbiamo in un remake videoludico che ospita un 65% di contenuto quantitativo-qualitativo proveniente dalla fonte originale, un restante 35% a discrezione di chi ha curato il prodotto facente parte della nuova operazione.
Che cos’é quindi un remake nell’ambito? Si tratta di un videogioco che tecnicamente mantiene molte caratteristiche base del suo predecessore ma anche una non trascurabile mole di contenuto a discrezione dell’autore diversa e/o originale.
Il reboot
Passiamo infine (?) alla categoria che più di tutte rinnova o cambia le caratteristiche rispetto a un titolo originale : il reboot. Il termine, anch’esso mutuato dal cinema, prende una serie o un titolo per riprogettare totalmente la continuità narrativa solitamente partendo da pochissimi elementi mutuati dal passato.
Questa operazione nel cinema, per non confondere gli spettatori, é anche dettata in molti casi dal cambio di attori nei ruoli da interpretare, che variano in parte anche il carattere dei personaggi in caso, oltre che delle tecniche realizzative, pur mantenendo caratteristiche di base e molto generali della produzione di provenienza. Queste ultime si risolvono come, per esempio, nel collegarsi allo stesso genere, allo stesso nome del franchise di appartenenza e altro.
Dunque più per consuetudine che per parola scritta sui dizionari, il cambio di attori e magari di tecniche realizzative del prodotto, insieme al cambio di continuità della storia rientrano nel termine reboot.
Un gioco di successo da poter annoverare in produzioni simili é sicuramente il rilancio di Tomb Raider ad opera di Square-Enix. La storia cambia rispetto a quella sfornata da Eidos così come, in un certo senso, la protagonista.
Volendo fare un parallelo con quanto detto sui reboot nel cinema, dunque, abbiamo una narrativa che viene riscritta nel nuovo gioco, con elementi differenti che spezzano con la continuità temporale antecedente, un cambio delle tecniche realizzative che risiede nel diverso aspetto grafico, molto più realistico, dalle tinte spente e aggiornato per l’occasione, un’impronta del gioco decisamente più action, contornata e integrata dallo stealth, una nuova telecamera e dei QTE.
Per il cambio di attori e relativo carattere, invece Lara cambia rispetto alla serie classica tutta sex appeal e sicurezza, dimostrandosi più “frignona” nel riavvio della saga. Quello che viene mantenuto invece, é il nome del brand, ovviamente il nome e il sesso della protagonista, l’impostazione generale da titolo d’esplorazione e avventura, le location in luoghi esotici e le tombe da esplorare. Messi tutti insieme questi aspetti, il titolo richiama certamente sempre all’avventura ma con un feeling diverso rispetto al passato del brand.
Di che cosa parliamo, dunque, quando si dibatte di un reboot videoludico? Si tratta di un prodotto che quantitativamente-qualitativamente per più del 80 % é formato da nuove idee realizzative o mutuate da altri prodotti che però mantiene, nel restante 20, alcune caratteristiche cardine del titolo da cui é tratto per conservarne la continuità evocativa.
Il setual e il pretual
Queste ultime due categorie sono una mia creazione originale in termini di definizione ma esistono nei fatti da molto tempo: parliamo dei sequel e prequel spirituali (da questo i nomi di “setual” e “pretual“: una fusione tra le parole sequel e prequel, e spiritual). Si tratta di tutti quei titoli successivi a un prodotto originale che ne condividono alcune caratteristiche chiave nel gameplay, nella tecnica e nel approccio artistico generale, in alcuni casi aggiornate, pur presentando storia e personaggi differenti e senza alcuna correlazione narrativa.
Un caso lampante di setual famoso é senza ombra di dubbio Bayonetta, a cui Devil May Cry ha lasciato il testimone a cavallo tra il 2009 e il 2010. Si dice che non ci sia due senza tre e dato che siamo arrivati al quarto paragrafo, non esiste detto legato al tre senza quattro, e stiamo parlando di definizioni originali non avremo nessun paragone, legato alla terminologia, con il cinema o altri media, pur essendoci comunque nella produzione esclusivamente filmata, per esempio, con esempi di setual. E proprio per questo, nel caso, era giusto scrivere due righe in merito.
Tornando a noi, ho introdotto nella discussione queste ultime categorie perché collegate fortemente con le altre tramite la condivisione notabile e magari la seguente trasformazione di vari aspetti che li riguardano rispetto al suo predecessore, che si tratti di storia, gameplay grafica musiche e tutto quello che può essere modificato in termini di resa finale in un prodotto videoludico, rendendole le definizioni più congure per una particolare “riproposizione arricchita”.
Come anticipato Bayonetta é il setual di Devil May Cry, ad opera sempre di Hideki Kamiya. Cosa cambia e cosa mantiene però un’opera simile rispetto a quella di partenza. In questo caso sicuramente il fatto di essere un action game, gli argomenti trascendentali e origine trascendentale dei personaggi protagonisti e controllabili, le cutscene e l’azione esagerata, un raffinato comparto di combo, il fare sicuro del protagonista e ambientazioni di matrice gotica, l’attrattiva, che si tratti di carisma o sex appeal, trasmessa anche dal design dei personaggi principali.
Quello che varia, invece, oltre la storia e i protagonisti, é incentrata per esempio sul tipo di esagerazione che il gioco propone. Se infatti Dante mantiene tutte le sue azioni su un atteggiamento più serioso-“tamarro”, Bayonetta é dissacrante, si muove come una valletta, usa pali per la lap dance mentre esegue i suoi balletti mortali contro i nemici, si mostra in continui ammiccamenti e altro ancora.
Un secondo aspetto é legato al raffinamento del gameplay, ridotto in Bayonetta praticamente all’osso, e basato quasi totalmente su solo due tasti rispetto al passato (più ovviamente la levetta analogica).
Un approccio del genere, ovviamente, snellisce anche la velocità di movimento con il pad alla mano che si allinea più armonicamente con quello che succede a schermo rispetto alle azioni più macchinose ma sempre acrobatiche e veloci eseguibili dal figlio di Sparda, anche se la velocità del titolo dedicatogli era sicuramente inferiore rispetto al gioco della strega di Umbra.
Venendo all’attrattiva che i due personaggi suscitano nei giocatori, anche qua si innesca un meccanismo di mutazione che muta la simpatia e la stima per un personaggio carismatico in qualcosa di più profondo e sentito. Se infatti Dante nel design suscita stima tramite il carattere, per Bayonetta viene solleticato proprio il desiderio sessuale del giocatore. Questo discorso legato all’attrattiva sessuale merita un ulteriore approfondimento. In base alle inclinazioni e al sesso del giocatore può essere ad ogni modo coinvolto anche Dante e anche invertito. Infatti se magari le ragazze guarderanno il petto nudo e scolpito del mezzo demone, i maschietti si concentreranno sul lato b della strega.
Questo discorso, quindi, può essere applicato in maniera praticamente aderente anche al Pretual, soltanto che quest’ultimo presenterà magari caratteristiche nella snarrativa o nel gameplay che paiono una sorta di involuzione o sguardo all’indietro nei periodi storici rispetto a quanto affrontato nel titolo originale.
A cosa corrispondono, dunque queste due ultime carategorie? A giochi che hanno sia caratteristiche diverse che simili dall’originale che convenzionalmente si equivalgono a livello quantitativo-qualitativo al 50%.
In ogni caso, e questo vale per tutte le categorie, é possibile che accada anche che una o poche varianti possano cambiare profondamente le meccaniche e il feeling generale di un titolo. Vale ovviamente, al contrario, anche per più meccaniche nuove inserite in un titolo che però sono talmente poco pesanti nelle meccaniche di gioco tanto da non cambiarlo in maniera rilevante rispetto al titolo di origine.
Può succedere quindi che una remastered a livello tecnico possa trasformarsi di fatto in un remake, o addirittura in un reboot. Oppure il reboot o il remake fare il processo inverso.
In questo caso, anche se non é prettamente pertinente a livello tecnico, visto che parliamo di un sequel, ma serve comunque per capire il meccanismo, The legend of Zelda:Majora’s Mask conserva moltissime caratteristiche del suo predecessore Ocarina of Time, ma le tantissime sidequest, la storia principale diversa, il tono più cupo e l’unica meccanica nuova, quella temporale, lo stravolgono rispetto al predecessore, anche se matematicamente parliamo di un buon 80% proveniente dall’incensato titolo del 1998 e un 20% di meccaniche e storie nuove. Ergo, é consigliabile non adagiarsi troppo su questo articolo ma far lavorare la mente caso per caso.
Bene, siamo arrivati alla fine della corsa. Si spera, che questo prontuario sia stato d’aiuto nell’identificare le varie categorie di giochi trattati nell’ambito e che lo stesso non si trasformi in una gabbia non lasciando spaziare la fantasia e la capacità d’inventiva e analisi per individuare magari nuove tipologie di titoli da inserire, in caso, nello stesso.