Per ovvi limiti tecnici, i primi giochi horror sperimentati su console 8 e 16 bit non potevano far paura più di tanto. A metà anni ’90, Capcom riesce però in un esperimento coraggioso: un survival horror con personaggi 3d su fondali 2d prerenderizzati. Oggi parliamo del primo Resident Evil, in cui Chris Redfield e Jill Valentine ci hanno regalato colpi di scena e momenti di suspance. Ma lo facciamo in modo diverso dal solito.
Ciò che segue non è una recensione, come ne avremo lette a decine negli ultimi 20 anni. Siamo qui per mettere nero su bianco i motivi che, secondo chi scrive, hanno fatto la fortuna del primo capitolo. Perchè i primi Resident Evil hanno avuto un successo maggiore rispetto ai capitoli più recenti?
Atmosfera da urlo, trama e personaggi ben sviluppati
In tanti giochi del passato, premevamo Start iniziando il primo livello senza un accenno di trama. Qui c’è un lungo e spettacolare filmato introduttivo che ci prepara al gioco vero e proprio, realizzato da attori in carne ed ossa. Una volta entrati nella villa, il primo dialogo con Wesker ci indica come iniziare l’avventura, ma un alone di mistero circonda i personaggi fin dall’inizio. Cos’era quello sparo in lontananza? Wesker è sparito, che gli sarà successo? Gli altri membri della S.T.A.R.S. sono ancora vivi?
Villa Spencer è enorme, ma soprattutto molto ben realizzata. Ogni stanza è stata studiata nei minimi dettagli in quanto a dimensioni, arredamento, disposizione di nemici visibili o nascosti in qualche angolo, effetti sonori come l’orologio a pendolo o un muro che si sposta, illuminazione ed ombre realistiche ed inquietanti.
Fin dall’inizio ci sono tante domande senza risposta, e la bravura di Capcom sta nello svelare i piccoli misteri pian piano, seguendo un filo conduttore degno dei migliori film hollywoodiani e portando il giocatore ai grandi colpi di scena nel finale, in cui si scopre chi c’è dietro l’accaduto ed il perché di determinati eventi. Ciliegina sulla torta, un bel boss finale.
Grazie alla riuscita dei personaggi dei primi due capitoli, Capcom ha pensato bene di riproporli anche nei sequel successivi. Claire che cerca il fratello nel secondo, Jill che riappare nel terzo, Chris e Claire che si ritrovano in Code Veronica, l’avventura di Leon nella Spagna rurale del quarto capitolo, di nuovo Chris nel quinto e così via.
E a proposito di personaggi, in questo primo leggendario Resident Evil possiamo scegliere chi usare tra Chris e Jill, influenzando alcune parti della trama e ritrovando il compagno perduto soltanto verso la fine del gioco. Una formula vincente che aumenta la longevità del gioco e riproposta poi anche in Resident Evil 2, con la scelta iniziale tra Leon e Claire e la seconda avventura post endgame con l’altro personaggio e l’apparizione del nuovo Tyrant.
Gameplay più esplorativo e meno shooter
I primi capitoli, soprattutto il primo, si basano molto sull’esplorazione e risoluzione di enigmi. Resident Evil viene identificato come un survival horror, ma contiene un vero e proprio mix di generi diversi: horror, shooter, rpg, avventura grafica, puzzle… Tanti generi in uno solo, conditi in salsa zombi. Se a questo aggiungiamo la quasi totale mancanza di censura con pozze di sangue, teste mozzate e putridi zombi viventi, all’horror si aggiunge anche lo splatter.
Un altro aspetto positivo è la presenza di molti interessanti enigmi. Una statua con fori in cui inserire qualcosa, messaggi criptici da interpretare, munizioni e nastri d’inchiostro sparsi qua e là, nuove armi da trovare, e le macchine da scrivere per salvare la partita. Ci sono momenti che potremmo non rivedere mai più, come un amico apparentemente morto che si è trasformato in zombi e ci attacca all’improvviso, suonare un pianoforte per aprire un passaggio segreto, scoprire che un membro della nostra squadra sia in realtà un traditore, ed altri colpi di scena e momenti emozionanti.
Pensato per una saga longeva
Un altro pregio da non sottovalutare è il concetto base a sostegno della trama. Benchè i film sugli zombi fossero in giro da decenni, Resident Evil ha creato l’idea del Virus T e degli esperimenti della Umbrella Corporation con cavie umane, contagio poi esteso all’intera Raccoon City e trama assicurata per secondo e terzo capitolo. E quando la città viene bombardata e distrutta dal governo, cambiano le ambientazioni e i modi di infettare la gente: le Plagas, la Spagna, l’Africa… Se i vari Virus T e G hanno stufato, di idee nuove per giustificare zombi e mostri vari nei nuovi capitoli se ne trovano a volontà.
Qualche anno dopo, Capcom ha preso il primo Resident Evil creandone un remake degno di tale nome, cosa non riuscita ad altre produzioni videoludiche e cinematografiche. Resident Evil Rebirth nasce con una grafica rinnovata, un’illuminazione da film, ambienti più bui, senza dimenticare ombre e lampi da applausi, che migliorano in modo esponenziale la già splendida atmosfera di Villa Spencer.
Vengono aggiunte diverse stanze e corridoi, ingrandendola per soddisfare chi chiedeva nuove aree da esplorare. Alcune di queste sono d’obbligo, poichè alla trama principale ne viene affiancata una secondaria con un nuovo e misterioso nemico apparentemente immortale. Tra le idee del tutto nuove c’è anche il cherosene, che ci obbliga a bruciare i corpi a terra degli zombi. In caso finisca o se ci dovessimo dimenticare, dopo un po’ di tempo gli zombi tornano in vita molto più resistenti, famelici e veloci di prima, inseguendoci per tutta la casa e attraversando anche scale e porte chiuse per raggiungerci ed attaccarci.
Oggi troviamo Resident Evil Rebirth in un ottimo pacchetto assieme all’altrettanto bello Resident Evil 0, ambientato in un treno in corsa e in cui troviamo la bella Rebecca Chambers, che aiuterà Chris dopo lo scontro con un boss durante gli eventi di Villa Spencer. Due giochi in uno, da non perdere per i fans della saga nonchè qualsiasi amante dell’horror.
Il contagio si estende anche al cinema
Inizialmente non ho apprezzato molto i primi film. Al di là degli zombi e della bellissima Milla Jovovich, sentivo la mancanza di Chris e di tutta la S.T.A.R.S. Quando nel sequel è comparso Nemesis, ho capito che i personaggi sarebbero stati introdotti pian piano in una saga cinematografica destinata a continuare per molti anni. Solo rivedendo più volte i film, sono riuscito ad apprezzarne la buona realizzazione e l’adattamento ad un pubblico in larga scala con l’inserimento di Alice, la Regina Rossa ed altri elementi non presenti nel gioco, ma che si integrano bene nella trama indipendente del film.
Oltre alla saga con Milla Jovovich ci sono diversi cortometraggi in CGI. Il più recente è Resident Evil: Vendetta, che vede protagonisti i già citati Chris e Leon, oltre a Rebecca come personaggio femminile. La trama funziona e tecnicamente è davvero pregevole. Ne elogiamo soprattutto la prima parte, che strizza l’occhio proprio al primo capitolo di cui abbiamo parlato in questo articolo.
Ma è bello solo il primo?
Nient’affatto, anzi: i primi capitoli sono tutti belli, e scegliere il preferito è soltanto questione di gusti. Tanti gamers preferiscono il secondo, quello con Leon e Claire nella stazione di polizia di Raccoon City. Forse quello di minor interesse è il terzo, con Jill che tenta la fuga da una Raccoon City pronta ad essere rasa al suolo da una testata nucleare del governo, costantemente inseguita dall’indomabile Nemesis.
Se il terzo è comunque un ottimo capitolo, Code Veronica fa davvero centro. Benchè trama e ambientazione siano un po’ diverse, c’è finalmente il tanto atteso incontro tra Chris e Claire, oltre a diverse migliorìe tecniche grazie alla maggiore potenza della PS2. Non manca uno scenario simile a Villa Spencer, un carismatico protagonista maschile che affianca Claire per gran parte del gioco, e gli immancabili zombi ed enigmi tipici della serie.
Concludiamo con un ringraziamento a Capcom. Dopo i primi survival horror come Sweet Home e Clock Tower, Resident Evil ha portato il survival horror ad alti livelli, rispolverando vecchie idee cinematografiche sugli zombi ed aggiungendo così tanti tocchi di classe da creare un franchise di successo. Franchise che si è appannato col quinto e sesto capitolo, che sembra aver avuto una svolta col settimo, ma che continua ad ottenere consensi soprattutto grazie ai primi due nella vecchia Raccoon City. Contando le tecnologie odierne, a questo punto possiamo aspettarci un ennesimo remake del primo Resident Evil in VR. Che sia già in lavorazione?