Smoke and Sacrifice. Un titolo che magari già conoscete, non trattandosi di una novità. Nonostante ciò, abbiamo trovato doveroso recensire anche la versione PS4, specialmente per i nuovi giocatori che, come me, prima d’ora non avevano mai visto nemmeno dieci secondi di gameplay del prodotto in questione. Dopo un’altalena piuttosto irregolare di emozioni – sarò onesto – sono finalmente pronto a darvi il mio personalissimo punto di vista sul gioco in questione, che non è stato appunto facile da capire. E questo non propriamente è un pro, come capirete, in quanto non essere sicurissimi del fatto che un gioco ci stia piacendo o meno è il primo segnale del fatto che probabilmente non sarà mai nemmeno lontanamente tra i nostri prodotti preferiti. Comunque sia, procedo nella spiegazione del mio confuso “cammino”.
Piccola “bio” in primis: Smoke and Sacrifice fa il suo ingresso su Steam nemmeno un anno fa, nel Maggio 2018, grazie allo sviluppo di Solar Sail Games e alla pubblicazione di Curve Digital. In realtà dietro a tutto ciò le menti principali sono due: quelle di Neil Millstone e di Tancred Dyke-Wells, entrambi co-fondatori di Solar Sail. Accolto piuttosto positivamente, il titolo si appresta ora a sbarcare su altri lidi, tra cui appunto quello da noi testato. Detto ciò, direi che adesso possiamo iniziare a parlare del gioco in sé.
La mia prima impressione di Smoke and Sacrifice è stata piuttosto positiva: in primis, presenta una grafica davvero accattivante, tra il cartone animato e l’acquerello, eccezion fatta però per parecchie animazioni che evocheranno gli ads di giochi per mobile free-to-play di media qualità. Ma non sono poi così tanto male, o perlomeno si salvano perché calzano la scelta grafica, quindi al riguardo non è scandaloso chiudere un occhio. Anche l’aspetto sonoro in fin dei conti non è malaccio, ma nemmeno minimamente paragonabile alla qualità dell’aspetto grafico e visibilmente (o uditivamente, in questo caso) migliorabile. E soprattutto, pecca di varietà. Questo è un brevissimo resoconto dei lati “sensoriali” del gioco, che sinceramente mi hanno sia aiutato che non nel raggiungere un esito solido e definito per questo progetto. Potreste dire che mi hanno confuso, ed avreste ragione. Meno male che poi, subito dopo l’istinto, arriva lo studio e la conseguente ragione, ed in questo le meccaniche sono state una manna dal cielo. Procediamo con ordine.
Smoke and Sacrifice è uno dei titoli probabilmente più simili a Don’t Starve che abbia mai giocato. Il problema è che, pur essendo così estremamente simili, sono allo stesso tempo completamente diversi. Per quale motivo? Presto detto: Don’t Starve è un survival, Smoke and Sacrifice non lo è. Easy. Ed aprendo una parentesi piuttosto schietta, mi chiedo come molte, moltissime persone, persino membri di una certa rilevanza nella critica videoludica, abbiano trovato anche solo una ragione per definire questo gioco un survival a 360 gradi. Potrei essere d’accordo nel definirlo un ibrido, ma assolutamente non stiamo parlando di un survival, ed anche questo vi verrà logicamente spiegato.
Nei panni di una povera ragazza, Sachi, e dopo una brevissima sequenza iniziale, vi troverete ad affrontare una missione personalissima ed apparentemente disperata. Questa prima sensazione però, verrà immediatamente buttata giù da cosa seguirà: il titolo non vi porrà sostanzialmente nessuna difficoltà davanti, e di conseguenza la storia perderà non poco del suo alone di rischio, mistero, insicurezza ed altri aspetti oltremodo importanti. Perlomeno, questo dettaglio sulla difficoltà vale al 110% se siete un filo pazienti ed accorti quando si entra nel campo dei survival o simili. Si tratta, in poche parole, di una story mode camuffata da survival, con tanti elementi di crafting che però offrono una libertà ultralimitata, e una linearità purtroppo dannosissima per il feeling complessivo nato dal prodotto. Innanzitutto, specifichiamo che l’unica cosa a cui dovrete stare attenti sarà – a parte logicamente la vostra salute – il cambiamento tra giorno e notte: di notte avrete bisogno di una particolare risorsa che scoprirete poco dopo l’inizio del gioco, o in mancanza di quest’ultima, di una semplice lanterna. E questa è letteralmente l’unica componente davvero survival: superare la notte. Punto. Non avrete fame, non avrete malattie, non avrete sonno e non avrete affaticamento. Il cibo ristorerà la vostra salute, le bevande ripristineranno la vostra salute (sorpresi?), e i debuff come veleno&co. spariranno dopo qualche secondo senza richiedere nessun tipo di cura. Oltretutto, avrete tutto il tempo del mondo per curarvi, in quanto il gioco andrà in pausa non appena aprirete il menù. Ciliegina sulla torta: ottenere materiale per curarsi è estremamente, immensamente facile. Ripeto, perché non c’è davvero altro da dire: un filo di pazienza, un po’ di accortezza, e le difficoltà nate dal gioco saranno pari allo zero. Questo a meno che, ovviamente, non vogliate andare a picchiare cinghialoni giganti a mani nude… ma in quel caso dovreste rapidamente cambiare il vostro concetto di “accortezza”, garantito.
Parliamo ora del mondo di gioco: una bella atmosfera, assolutamente perfetta se la colleghiamo al titolo visto che ha proprio un che di fumo e sacrifici, ma successivamente vi accorgerete che solo l’atmosfera inizialmente percepita è perfetta. Quello che vi suggerirà la ragione, invece, sarà solo un continuo alternarsi dei pochissimi diversi ambienti di gioco, che oltretutto non presentano praticamente nessuna peculiarità al di là del richiedere un particolare equipaggiamento per camminare sulla superficie in questione. Insomma, una meccanica che puzza di un ventennio fa. La mappa sarà unita da vari punti di teletrasporto, solitamente vicini ai punti di salvataggio, una comodità che in questo caso ho ritenuto necessaria ai fini del divertimento. Perché non dimentichiamoci: in linea generale un gioco dovrebbe divertirci, o perlomeno affascinarci. E qua arriviamo al punto a cui faccio riferimento nella mia introduzione: per ripetere le mie parole, “l’altalena piuttosto irregolare di emozioni”, che cercherò di illustrarvi nel migliore dei modi.
Inizialmente ero davvero soddisfatto da questo prodotto. Era apparentemente interessante, piacevole, e mi instillava curiosità. Continuando a progredire, la cosa non si è purtroppo trasformata in un miglioramento netto, ed anzi qualche dubbio ha iniziato a farsi strada nel mio senso critico, ponendolo sempre più sotto sforzo. E proprio questo “carico” mi ha portato ad essere inizialmente confuso sul mio parere relativo a Smoke and Sacrifice, su come lo percepissi e su cosa mi stesse effettivamente offrendo. Da una parte avevo le meccaniche semplici, funzionali e ordinate, unite ad una grafica piacevole e di conseguenza ad un risultato complessivo che mi regalava davvero zero stress per il mio modo di giocare – perlomeno relativo a titoli che si suppone offrano un minimo di difficoltà. Dall’altra parte però, ero confuso: a tratti mi sentivo annoiato, altre volte demotivato dal proseguire, e proprio questo versante “pessimista” mi ha in realtà portato a rientrare nel piano della ragione. Dopo un filo di introspezione, ho capito che le meccaniche che ho definito poco sopra come ordinate,in realtà erano più lineari; ho capito che il gioco non mi avrebbe mai offerto nessuna quest secondaria interessante, e che l’unica curiosità rimastami era relativa alla storia principale; ho capito che la crescita delle meccaniche e il seguente ampliamento non sarebbero mai arrivati, e che semplicemente avrei avuto nuovi oggetti da craftare per rimpiazzare i precedenti e talvolta magari alternarli, formando così un sistema frammentato fatto da tante piccole torri separate piuttosto che da un castello articolato, vario, tentacolare, ma pur sempre nel complesso un unico pezzo. E tutto ciò è rimasto nascosto ai miei occhi per due brutti vizi, che proprio brutti non sono, e che nella vita possono essere una manna dal cielo, così come una rovina, in diverse situazioni: la curiosità e l’abitudine.
A volte queste due maledette entità possono essere letali, il pensiero raramente le identifica a meno che non acquisiscano un peso eccessivo, e finiscono con l’essere ignorate pur avendo una serissima rilevanza: in questo caso, la mia curiosità mi stava portando a giocare solo per scoprire il finale della storia, e il mio senso di abitudine mi faceva assorbire una positività dall’atto del giocare che in realtà era solo quel maledetto comfort dato dall’abitudine stessa, dalla linearità, e soprattutto dalla conoscenza a 360 gradi di ciò che si sta affrontando, fattore che elimina la possibilità che accadano imprevisti davvero rilevanti. E qua torna il concetto di linearità che va a sostituire l’ordine: dopo aver analizzato a dovere tutto ciò, è stato chiaro come il sole che Smoke and Sacrifice non mi stava offrendo divertimento, ma abitudine; non mi stava offrendo sviluppi interessanti, mi stava solo portando a scoprire come la storia sarebbe andata a finire; non mi stava offrendo varietà, mi stava solo facendo fare più o meno la stessa cosa, mascherandola ogni volta in modo da darle un alone di novità. Il tutto, mantenendo il gioco sempre sullo stesso ristrettissimo binario, cambiandone il colore delle rotaie di tanto in tanto. Non ho parlato del combat (e c’è un motivo, niente di interessante al riguardo) e di altri minimi aspetti, ma non è davvero importante: una recensione deve dare un personale punto di vista su un titolo testato, e credo di aver toccato tutti i tasti importanti, o meglio essenziali, riguardanti la scelta di provare un titolo o meno.
Mi dispiace davvero tanto, onestamente, perché Smoke and Sacrifice è un prodotto interessante, frutto di sforzi e di impegno, e si vede. Ha potenziale, ci sono tutte le basi ed anche di più per offrire un eventuale solidissimo secondo capitolo, e rimane un titolo che potrebbe comunque piacere a videogiocatori di altro stampo. Per me però, rimane – ahimé – una story mode mascherata da survival, con un crafting non certamente in continua espansione ma a tappe a sé stanti, ed una linearità che in breve tempo sopprime il divertimento. Spero davvero che i ragazzi di Solar Sail abbiano identificato questi lati non esattamente positivi, e che cerchino di evitare di offrire lo stesso con i loro prossimi progetti. Smoke and Sacrifice è appena sufficiente, ma credo vivamente nel fatto che questo studio possa andare ben oltre in futuro.
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