Ovviamente quando si esordisce con un titolo del genere per la nuova puntata della rubrica e si parla di Dragonball tutto sembra strano, bizzarro, visto che personaggi come Goku, Vegeta e Majin Bu solitamente rompono tutto, dimostrandosi principalmente, a percezione, anche più duri dell’adamantio nelle collisioni causate dalle mazzate.
Il primo pensiero che mi é balzato alla mente, però, giocando a Dragonball FighterZ, nuovo picchiaduro firmato dai veterani di Arc System Works (Guilty Gear) é stato proprio quello di avvertire come se dei pesi piuma fossero alla mia portata nelle loro movenze leggere ma allo stesso tempo velocissime e potenti quando serve, condensate in un gioco basato sull’opera pop giapponese forse più famosa degli ultimi 35 anni. Canovaccio che finalmente dopo anni risplende in formato videoludico in maniera convincente senza quel retrogusto o quasi di licenza da tie-in (che per gli attempati come me equivale più a un prodotto di non grande qualità nonostante le cose siano cambiate un po’ nel tempo) che si é sempre portata dietro da quando ho memoria.
Mi attendevo una qualità globale alta già dai trailer su questo ritorno al bidimensionale della saga dei saiyan, pur non sapendo nulla di Arc System prima d’ora come sviluppatori di titoli che già avevo giocato, come Blazblue: Cronophantasma. E’ giusto dire subito, però, che quello che gravita attorno al titolo non é un mastepiece in tutto quello che propone a livello di modalità e opzioni, anche se alcune particolarità curiose e davvero ben fatte sono saltate fuori. Vezzi che vorrei analizzare ovviamente qui con voi.
Prima di cominciare, come sempre, vi ricordo che l’articolo sarà cosparso di spoiler, e serve perlopiù per integrare un titolo che é stato esplorato almeno per qualche giorno pad alla mano. Detto ciò, e sistemati tutti i preparativi, credo sia proprio arrivato il momento dello SPARKING!
Scrivi che ti sovrascrivo, integra che non ti disintegro
La narrativa del nuovo picchiaduro che coinvolge i guerrieri Z (e non solo) é alquanto singolare e merita sicuramente attenzione per ricordarne l’esempio e integrarlo alle proprie conoscenze. Per plasmarlo, per ritrovarlo, per studiarlo magari e in generale per goderselo nella sua originalità. Entrando nel merito, partendo dal livello puramente strutturale, é giusto far notare come venga espanso fino al limite il concetto di storia alternativa a proprio tutta la narrativa proposta, con risultati forse mai visti prima. Un telaio che quindi mette a disposizione del giocatore tre archi che comprendono altrettante versioni differenti della stessa storia. Percorsi narrativi sottolineati addirittura in questo senso da tre punti di vista differenti: quello degli eroi Z (bene), quello dei loro avversari (male) e quello degli androidi (che può essere definito come “neutro”).
In un certo senso, con internet, parlando dell’utenza italiana dei videogiocatori nello stretto, che ormai fa parte delle vite di tutti e la rivendicazione della validità delle proprie opinioni in maniera più marcata, visto che tutti hanno voce in capitolo in pubblica piazza, una storia declinata in più modi si potrebbe rifare bene a questo modo di essere, in modo tale che ognuno possa scegliere il proprio arco narrativo preferito in base alle proprio preferenze, senza troppe polemiche. E magari con spunti di discussioni e confronti interessanti.
Un concetto interessante che potrebbe far comodo anche ad altri generi videoludici diventati monotoni nel single player nella prospettiva italica, almeno per il sottoscritto, come gli FPS, che presentano storie poco interessanti. Insomma, uno stratagemma davvero a basso costo se lo si sa ben utilizzare, che avrebbe la possibilità di rivitalizzare tante altre storie che ormai hanno detto tutto in lungo e in largo da un certo punto di vista.
Come se non bastasse, però, questo concetto strutturale entra proprio a far parte in maniera viva della narrativa in se per se di FighterZ. Infatti, é presente nella stessa, per coinvolgere il giocatore, la sovrascrittura dell’identità dei vari personaggi con cui si entra in contatto in prima persona tramite la forma di anima, per essere coinvolti in maniera diretta nell’azione, abbattendo la quarta parete.
Il rimando con la struttura di base, con il telaio degli episodi é dato quindi dal fatto che mentre l’anima del giocatore sovrascrive i vari personaggi come Goku, Freezer, e l’androide 18, la storia di base della minaccia dell’androide 21 viene sovrascritta per tre volte da un percepibile a pelle scrittore esterno del titolo, in quanto Dragonball é una storia di fantasia che ovviamente deve averlo (con particolari differenti e inconciliabili tra di loro nei tre archi). Il giocatore umano e lo scrittore umano, in ottica unitaria, dunque, si ritrovano ad essere il punto di riferimento base di questo particolare sviluppo della storia.
Il tutto é reso più coeso inoltre dal fatto che una sovrascrittura é tipica delle macchine, di organismi parzialmente o totalmente artificiali come gli androidi, che essendo i veri protagonisti di questo racconto, influenzano con la loro presenza dominante e molto rilevante (sono sia il nemico principale che dei personaggi giocabili di un intero arco rispetto agli altri personaggi), gli aspetti che riguardano trama interna e struttura del racconto per formare un unicum il più coerente possibile.
A questo punto vorrei fare i miei complimenti al maestro Toriyama, ideatore e scrittore di questo colpo ad effetto che, da ciò che ho potuto constatare tramite l’esperienza, quando é messo alle strette e pressato in maniera indicibile come per il rilancio di un franchise videoludico come quello di Dragonball, nonostante si lamenti (come credo abbia fatto anche questa volta) riesce a dare il meglio di se o quasi. E’ un Toriyama abbastanza in forma, e non posso che essere soddisfatto di quello che é riuscito a tirare fuori per l’occasione. Un’occasione speciale e cruciale per il futuro videoludico della sua serie cardine, che aveva già perso di smalto da parecchio tempo.
Ci tengo a precisare ad ogni modo che la trama risulta un po’ troppo cerebrale in qualche punto, e il finale del primo arco é un po’ fuorviante come resa per l’introduzione dei restanti due, ma si tratta di difetti su cui si può chiudere un occhio, visto che nel complesso quello che scorre a schermo acchiappa ed vi si scorge dietro un lavoro certosino e capillare.
Un titolo così curato nella parte narrativa stimola quindi l’esame anche delle caratteristiche di gameplay in maniera profonda per vedere se esistono dei collegamenti profondi. Parte giocata che poi ovviamente é il fulcro e cardine dell’esperienza e dovrebbe essere la più curata di tutte e presumibilmente trattante le tematiche del gioco. In una previsione simile dunque non ci si sbaglia, e il gameplay é composto dalla selezione di tre personaggi per squadra.
Il trio, quindi, alternandosi, può cambiare, per esempio, anche l’ esecuzione della stessa combo di volta in volta. Combinazione che quindi può essere sovrascritta nello stile. Una formula che risulta integrabile all’avere una stessa storia di base recante la minaccia dell’androide 21 ma riscritta tre volte.
La parte di fusione attraverso l’anima tra giocatore e personaggi é data invece, nella stessa importante porzione, dalla scelta dell’ avatar personale nel menù. Menù di selezione riguardante dei superdeformed dei personaggi della saga, che poi si ricollegano ai tre lottatori prescelti per i match offline e online.
Questi riferimenti potrebbero sembrare fuori posto a causa dei picchiaduro tag precedenti in cui vengono integrati tre personaggi, che conferisce a questo sistema abbastanza mutuato più un senso universale slegato da collegamenti precisi e voluti del gioco. Ad ogni modo le peculiarità della storia e di gioco vero e proprio spiegate fin qui, così come le seguenti singolari caratteristiche che elencherò, confermano il plausibile filo rosso interno che lega ogni caratteristica o quasi ai temi portanti di un prodotto pianificato e confezionato in maniera molto professionale.
La caratteristica struttura che coinvolge la trama inoltre, si può ritrovare, con ovvio rimando, anche nella sigla di apertura, in pieno stile black metal, che valorizza almeno nei ritmi anche la cadenza indiavolata e completano artisticamente il gameplay oltre aspetti prettamente più tecnici, che vedrete o avrete già visto in sede di recensione.
Andando ad approfondire la sigla e le track da ascoltare durante le partite, che cercano di rafforzare per l’ennesima volta l’unità generale di tutto quello che é presente e a disposizione del giocatore, si può notare una certa ricercatezza nello sviluppo, come già accennato. Per descrivere la caratteristica trina e di collegamento utente-personaggio, l’apporto della musica abbinato alle immagini filmate risulta fondamentale. Si ha quindi, a questo punto un video introduttivo che forse con delle panoramiche a figura intera che si spostano poi su un primissimo piano dei personaggi, avvicinano il giocatore ai vari guerrieri disponibili per suggerire il collegamento che esiste con essi tramite l’anima.
La maintrack a questo punto si snoda e si valorizza, primariamente, in una chitarra come mezzo principe per le sonorità, che viene poi sostituita nel ruolo dalle note di un basso. Basso che quindi passa il testimone a un growl cantato nella porzione finale della clip. La parte legata alla musica della chitarra elettrica viene quindi abbinata agli eroi Z, con gli androidi 18 e 16 a fare da ponte verso la seconda parte del brano caratterizzato principalmente dal basso, in cui si intravede l’androide 21.
Sempre scandite dalle note del secondo strumento presentato, dunque, vengono mostrati i primi nemici secondari che fanno da tramite verso la parte cantata finale. Parte che mostra tutti i restanti avversari, questa volta cardine della saga come Cell e Freezer. Il tutto si conclude in un ovvio tripudio in cui chitarre, bassi e voce funzionano all’unisono fino all’esplosiva presentazione del marchio del titolo.
Una piccola nota a margine della sigla riguarda la presenza scherzosa di Gotenks tra le fila dei nemici e di Lord Bills, che diventa un personaggio “buono” nel corso di Dragonball Super. Partendo da Gotenks, si potrebbe estrapolare da una sua presentazione in quel punto della sigla un riferimento di come, seppur buono come character, possa combinare dei pasticci mischiando bene e male (anche se involontariamente). Non parliamo di un inserimento che si capisce immediatamente, ma é almeno da segnalare come gli sviluppatori si siano impegnati per cercare di renderlo palese, giocando con l’utenza in maniera divertita.
Venendo a Lord Bills, invece, quello che lo contestualizza, come personaggio in coppia con il lottatore sbruffone e simpatico nato dalla fusion dei bambini, é il suo essere stato un “cattivo”, un avversario della Terra, che poi é diventato un aiutante di Goku e dei suoi amici paladini, insieme al fedele assistente/maestro Whis.
Quindi anche in questo caso, come per Gotenks, esiste di base un miscuglio nel personaggio legato al bene e al male di quello che realizza con le sue azioni e va benissimo che sia inserito proprio nella stessa porzione, visto che concettualmente, come combinazione di buono e malvagio, gli somiglia.
Le musiche, le track dei vari incontri e dei vari stage, invece, non potendo essere tutte metal/rock, per motivi di monotonia intrinseca, sono state mantenute connesse al tema principale del titolo per mezzo di un ritmo serrato ed evocativo che stabilisce una giusta via di mezzo tra esigenze di variazione musicale e coerenza tematica.
Itinerari in compagnia
Dicevano gli Eiffel65, nel lontano 2003, quando erano ancora sulla cresta dell’onda facendo ballare un po’ tutti, nel celebre singolo “Viaggia insieme a me”, qualcosa che corrisponde a quello che mi é più garbato in questo nuovo titolo picchiaduro legato al mondo di Goku e compagni, che effettivamente propongono un viaggio itinerante nella nuova storia del gioco (non che sia una novità, ad ogni modo). “Viaggia insieme a me, io ti guiderò e tutto ciò che so te lo insegnerò, finché arriverà il giorno in cui tu farai a meno di me”, in denfinitiva, ed ecco che gli sviluppatori di Arc System, un pò come dei papà o dei maestri modello, se vogliamo, si sono adoperati in modo tale da insegnare tutto quello che serve al giocatore, fino a farlo diventare pienamente autonomo, giustamente, a un certo punto.
Il tutto é filtrato tramite diversi espedienti proposti in maniera a tratti davvero brillante, differentemente dalle freddi fasi testuali, didascaliche, slegate e noiose di tanti titoli convenzionali, stupendo davvero per come sono rispettati i principi di insegnamento delle meccaniche base più adatte ai tempi che corrono, mantenendoci ai confini nazionali, per un videogioco picchiaduro. Una struttura di insegnamento che spicca come miscuglio universale ben bilanciato di teoria e pratica, di cui però é giusto dire senza dubbio qualche parola in più (altrimenti perché sareste qua a leggere?).
Addentrandosi nel tecnico, il tutorial messo a disposizione per familiarizzare al meglio con i comandi da Arc System si apre davvero a tutti, e soprattutto ai più piccoli su cui il titolo vuole far giustamente più leva. In pratica la fase di allenamento giusto per cominciare a padroneggiare bene i controlli, fusa con la prima parte della narrativa, é spinta ad essere seguita tramite la stimolante storia principale, una grande facilità di base degli scontri, vari incoraggiamenti scritti e audio e soprattutto, tenetevi forte, grazie a una segnalazione provvidenziale che appare a schermo quando non si preme una sequenza di tasti fondamentali per tanti incontri di fila.
Questa segnalazione con conseguente ripetizione nel tempo da parte del giocatore, quindi, aiuta davvero al 100% a comprendere bene tutti i meccanismi di base del gioco e a divertirsi anche per qualche ora con altri novizi o in modalità arcade senza aver bisogno necessariamente di ulteriori dettagli legati alla modalità di approfondimento delle combo.
Per i più grandicelli ed esperti, ma anche per le matricole che vogliono davvero imparare a combattere almeno discretamente, vista l’esperienza e la dovizia di particolari e cura infusa nel titolo, penso che la non spiegazione di altri meccanismi di combattimento, criticata da altre parti, sia proprio stata studiata ad hoc per far ragionare il giocatore.
Si hanno a disposizione quindi meccanismi di base utili, a questo punto, a far pensare anche come si possa concatenare varie combo analizzando gli scontri in cui ci si imbatte di volta in volta. Un metodo in definitiva decisamente stimolante da integrare con i tutorial di allenamento veri e propri rintracciabili nel titolo.
Insomma, gli sviluppatori hanno davvero incarnato l’essenza di quello che dovrebbe essere un maestro nei luoghi nostrani: incoraggiante, permissivo all’inizio, che ti mette a disposizione tutti gli strumenti e che ti spinge a ragionare sul come metterli insieme. Un vero capolavoro di game design in questo senso, fermato solo dalla non troppa opportuna ingerenza di Bandai-Namco che fiutando il gran lavoro generale ha preferito mettere un freno al progetto per massimizzare i profitti probabilmente in un successivo e sicuramente molto prossimo (vendite permettendo) FighterZ 2.
Se vi state quindi chiedendo perché mancano magari dei minigiochi che spezzino il ritmo durante le battaglie della modalità storia e come mai la stessa sia così diluita e a un certo punto stancante e interessante solo per gli avvenimenti narrativi, la risposta vi é già stata, credo, data.
Ultimo ma non ultimo arriva quindi da analizzare il comparto grafico del titolo. Fondamentalmente lo sviluppatore é andato a colpo sicuro per raffinare ulteriormente la tecnica del toon shading, visto il grande affetto mediatico che si nutre nei confronti del formato televisivo di Dragonball a tutt’oggi. Il risultato, per quanto la base del progetto estetico-visivo non risulti originale, appare straordinario. Sembra proprio, tirando le somme, che il gioco nella figura dei personaggi sia proprio un cartone animato in movimento.
La tecnica di animazione e composizione dello stile proposto é stata raffinata a tal punto tramite questo gioco, che potrebbe rivelarsi una bellissima e matura soluzione per poter far lavorare molto meno gli animatori tradizionali in futuro, in assenza di fondi troppo ampi, sostituendo in maniera degna la computer grafica tradizionale che si é vista più volte nei prodotti di animazione giapponesi negli ultimi anni, in maniera invadente.
Quello che stupisce di più di questo sistema, non é ad ogni modo legato alla visione generale dei soli modelli, ma anche al loro dinamismo praticamente rasentante la perfezione, che permette un feeling di notevole leggerezza e mobilità immediata al contatto alla mano e allo sguardo. Credo però di essermi ripetuto. Parlavamo dopotutto di pesi piuma di alto livello, no?