Nel panorama eSports internazionale, un gioco che sicuramente ha trovato grande risonanza è Rocket League. In queste settimane ha preso il via Italian Open Series, il primo campionato totalmente italiano dedicato alla produzione targata Psyonix.
Il campionato, che è ormai alla quarta settimana, avrà una durata complessiva di tre mesi e vede anche un montepremi particolarmente ricco. In cabina di regia, per questo torneo eSports, c’è l’A.S.D. Tricolor Arrows con la collaborazione anche di FedereSports — tra i riferimenti più importanti del mondo eSports italiano. Le figure di riferimento di Tricolor Arrows sono però quattro persone nello specifico: Marco “Marvash” Marchetti (che è tra l’altro anche il manager di Exeed, uno dei team più noti in Italia), Giovanni “Sativo” Montaruli, Riccardo “Smemo” Trisorio e Antonio “Astrix” Lucia, che però sono coadiuvati da una serie di content creator e vari collaboratori che insieme a loro portano avanti il progetto. A loro, però, è toccato l’onere di rispondere alle nostre domande, e ovviamente li ringraziamo per la disponibilità!
Da dove nasce il progetto di Italian Open Series?
Astrix: “Il nostro progetto era in lavorazione da un lungo periodo, e nonostante la situazione della pandemia ha ‘preso forma’ a partire dal periodo di Aprile-Maggio 2020. Ci siamo messi subito in contatto con la Federesports, che per quanto riguarda il panorama italiano è la federazione di riferimento, e bisogna dire che ci hanno dato una grande mano nella strutturazione dell’evento: in primis sulle questioni burocratiche quali tesseramenti dei vari team e dei players, che purtroppo devono sottostare anche a delle limitazioni importanti come ad esempio un criterio di età minima, ma che siamo riusciti a portare avanti rispettando tutte le regole. In seguito è arrivato il lavoro ‘interno’ di organizzazione per la nostra ASD Tricolor Arrows, e con l’aiuto di vari content creator sui vari social di riferimento — ma anche tramite il lavoro quotidiano svolto da me e dai miei compagni di avventura — siamo arrivati, il 19 Agosto, all’annuncio della nascita di Italian Open Series. L’obiettivo del campionato e del nostro lavoro in generale è quello di riuscire a creare una prima realtà totalmente italiana dedicata a Rocket League, dando spazio anche ad alcune delle squadre più famose del panorama italiano, ma anche a squadre nuove che vogliono farsi conoscere e arrivare a competere”.
Come si compone questo campionato e come sta andando a livello di visibilità?
Marvash: “Il campionato nasce da una mia idea, che poi ovviamente ho portato avanti insieme agli altri, e prevede la presenza delle 16 migliori squadre a livello italiano. Queste squadre si stanno affrontando in un round-robin dopo aver affrontato però due “Open Qualifier“. Il campionato è diviso in due gironi da otto squadre che si affrontano, ogni martedì sera (le partite sono trasmesse tutte sul canale Twitch di Tricolor Arrows, qui il link), in una serie composta da 3 game (partite): ogni game vinto vale un punto“.
Sativo: “Una volta terminata questa fase del round robin, le quattro squadre del girone che vincono più partite si giocano la fase finale a eliminazione diretta, dove però per vincere la sfida si passa al meglio dei 5 game, mentre per le finali si sale ulteriormente al meglio dei 7 game. Abbiamo scelto questa struttura per rendere più imparziale il giudizio, dato che comunque le partite di Rocket League sono molto corte e si decidono spesso in pochi momenti chiave, quindi servono sicuramente più game per riuscire a capire chi è davvero il più forte. Possiamo finalmente avere un vanto, ossia il fatto che si tratta di un evento dedicato a Rocket League che è al 100% italiano, una cosa che nell’ambito di Rocket League nessun altro sta facendo”.
Quale è il lavoro che state facendo per attirare il pubblico?
Sativo: “Dietro all’organizzazione del campionato c’è un importantissimo lavoro svolto da tutti noi di Tricolor Arrows, che ci siamo fatti praticamente tutto da noi. Le grafiche, i profili social, ma anche i trailer, i video, o la gestione degli streaming su Twitch: tutto viene fatto da noi e con il sapiente lavoro di Smemo, che è il nostro caster. Anche il sito internet è stato fatto da noi, ma abbiamo anche una serie di content creator con cui collaboriamo, insomma il lavoro per attirare utenza e pubblico è ampio e certosino, e devo dire che sta dando comunque i suoi frutti”.
Astrix: “La cosa da dire è che è stato uno sforzo comune da parte di tutti coloro che stanno collaborando con Tricolor Arrows, noi quattro siamo soltanto la punta di un iceberg, fatto però di tantissime persone che, per pura passione, hanno unito le forze per creare una importante realtà all’interno del panorama italiano degli eSports”.
Marvash: “Il nostro obiettivo è quello di attirare il più possibile una importante community intorno a noi e a Rocket League, anche e soprattutto per dimostrare che questa community effettivamente esiste ed è in grado di creare anche un qualcosa di interessante, legata al mondo competitivo ma che non sia comunque solo ed esclusivamente incentrato su quello”.
Quanto ha influito sul mondo eSports il passaggio di Rocket League alla formula del free-to-play?
Marvash: “Rocket League è un gioco che o lo ami o lo disinstalli, Io personalmente penso che non ha vie di mezzo, perché comunque a livello di meccaniche è più difficile rispetto a molti altri che fanno parte del panorama eSports. Con questo passaggio, infatti, ad esempio anche nelle tendenze di Twitch il gioco non è salito in maniera esponenziale, e il passaggio arriverà secondo me tra qualche momento, quando tutti quanti avranno superato la semplice idea del divertirsi con il gioco, puntando quindi anche a competere”.
Sativo: “Sicuramente questo passaggio ha visto un netto allargamento dell’utenza, in generale per il gioco ha fatto davvero bene il passaggio alla formula free-to-play. Nel mondo eSports però sicuramente l’impatto è molto meno evidente, perché comunque un conto è ‘videogiocare’ normalmente, un conto è comunque entrare nell’ambito degli eSports. Rocket League sicuramente riesce a fondere insieme queste due anime, ma sicuramente chi vuole guardare al mondo eSports non è interessato a vedere chi videogioca, e lo stesso discorso lo si può applicare anche al contrario, ovviamente. Questo però non vuol dire che un qualcosa in questo senso non si possa fare, anzi”.
Astrix: “Il discorso è legato al fatto che comunque chi acquista un gioco, qualunque esso sia, nella stragrande maggioranza dei casi non guarda assolutamente al lato competitivo, ma mira soltanto a divertirsi. Per questo motivo abbiamo cercato, nell’organizzazione delle nostre live, di curare anche la parte dedicata all’intrattenimento, puntando quindi a fare una live particolarmente fluida ma comunque mirando anche a far divertire ancora di più chi sta guardando. Questo è sicuramente un modo per attirare anche chi si diverte con Rocket League ma magari non è interessato più di tanto al mondo eSports, e magari gli si dà la possibilità di interessarsi”.
Smemo: “Ci piace pensare che le nostre live siano delle live inclusive e che vanno sicuramente a vedere al centro la partita, quindi l’aspetto competitivo, ma per esempio, utilizzando dei giveaway in chat, riusciamo a far divertire in qualche modo e a rendere ancora più partecipe chi sta soltanto guardando”.
Secondo la vostra opinione, come si fa a capire la differenza tra il videogiocare e il competere?
Sativo: “Sicuramente dipende da come investi il tuo tempo giocando. Su Rocket League, in maniera particolare, esistono tantissimi giocatori che si dilettano con il freestyle, che si divertono a fare le cose più sceniche, ma di competere non gli interessa nulla. Di contro invece ci sono tantissimi giocatori che passano il tempo a creare una squadra, e quindi insieme ai propri compagni a capire le meccaniche, a trovare le strategie per riuscire a creare un gioco e quindi poi portarlo anche nelle competizioni. La situazione, per capire se si vuole giocare per divertirsi o per competere, è come quella di un qualsiasi altro sport: se vuoi fare la partita amatoriale di calcio a 5, prendi e vai a divertirti con gli amici, se invece vuoi salire di livello, entri in una squadra e cominci ad allenarti seriamente”.
Marvash: “Secondo me sta sempre in ciò che cerca il giocatore. Molti mi chiedono spesso come fare per crescere all’interno di questo gioco, e io penso che la cosa migliore sia quella di sviluppare il lavoro di squadra per poi studiare le tecniche dei giocatori migliori. Sicuramente il discorso di Sativo è giusto, e sicuramente la via del giocatore eSports è molto simile a quella di un calciatore professionista, perché comunque comprende allenamento ma anche sacrifici, e magari molte persone si divertono più a guardare oppure a divertirsi per conto loro piuttosto che intraprendere questa strada”.