Dopo aver riscosso un buon successo col primo capitolo uscito nel 2016, i ragazzi di Warm Lamp Games tornano alla carica con Beholder 2 che arriva finalmente anche su PS4, circa un anno dopo aver riscosso il favore della critica su PC. Questo seguito diretto naturalmente ricorda molto da vicino il primo Beholder, nonostante questa volta il nostro povero alter ego non dovrà fare l’amministratore di condominio, ma lavorare come un normalissimo impiegato – si fa per dire. Come non mai infatti l’apparenza inganna e ben presto il nostro protagonista si ritroverà invischiato in un diabolico piano che mira ad assoggettare la volontà delle genti, piegandole ad un volere sconosciuto che mira ad instaurare un vero e proprio regime totalitario e dittatoriale.
All Hail to the Wise Leader!
Dopo un breve prologo in stile cinematografico faremo la conoscenza del nostro protagonista, Evan Redgrave, un normalissimo padre di famiglia che, per scoprire la verità dietro la tragica morte del padre Caleb, inizierà a lavorare nel misterioso e inquietante Ministero, una vera e propria roccaforte di burocrazia e crudeltà. Fin dalle prime battute in cui il buon Evan viene accolto dal suo supervisore George Hemnitz, appare chiaro che l’obiettivo del gioco è quello di farsi strada tra i ranghi di questo dipartimento, all’interno del quale si lavora alacremente allo sviluppo del misterioso progetto Heimdall. Ma non parliamo della classica gavetta che tutti nel bene o nel male abbiamo svolto almeno una volta nella vita, bensì di sbarazzarsi in un modo o nell’altro dei nostri rivali, cercando nel frattempo di accontentare i nostri svariati boss e di scoprire i tanti misteri di un ambiente molto tetro, cupo e in alcuni tratti persino disperato.
Nonostante non sia ricchissima di colpi di scena la storia del titolo risulta piuttosto interessante, in quanto è pesantemente influenzata dalla scelte compiute dal giocatore. Destreggiarsi in una società così spietata cercando di risolvere intricati misteri è certamente una premessa intrigante, specie considerando che il titolo può contare su ben sei finali diversi legati anche al numero di indizi che il giocatore sarà in grado di trovare durante la sua partita. Nonostante la trama sia piuttosto interessante però non si viene quasi mai a creare una grande empatia con il protagonista del titolo: per scelta degli sviluppatori infatti Evan è il più normale tra i normali e più in generale non vi sono all’interno del titolo molti personaggi degni di menzione, fatta eccezione per i tre boss principali del gioco, ognuno con le sue particolari perversioni da scoprire e denunciare. La storia sicuramente si lascia giocare volentieri, ma risulta abbastanza monocorde; senza dubbio qualche colpo di scena o cambio di passo in più avrebbe giovato, nonostante il fatto che con circa 15-20 ore necessarie per completare la campagna principale il titolo presenta una buona longevità. Come molti indie Beholder 2 può vantare uno stile molto particolare e unico, specie per quanto concerne i dialoghi (nonostante a volte si dilunghino un po’ troppo) che più di una volta riescono a strappare una risata per la loro comicità a tratti grottesca e fuori dal comune. Una vicenda, quella del nostro Evan, che merita di essere vissuta, nonostante non sia quasi mai caratterizzata da momenti particolarmente ispirati o da ricordare.
You’ve got to jump off the cliff all the time and build your wings on the way down
Passando al gameplay, il titolo si presenta sostanzialmente come un’avventura grafica punta e clicca a spostamento laterale durante la quale starà al giocatore tenere sempre d’occhio i tre contatori in alto a destra dello schermo che tengono traccia delle tre variabili più importanti del gioco: il tempo che passa, i soldi che abbiamo racimolato e la reputazione accumulata nel Ministero. Il primo naturalmente scorrerà svolgendo le principali azioni (ma non automaticamente per fortuna), il denaro lo aumenteremo svolgendo le varie missioni e potremo utilizzarlo per comprare oggetti utili o pagare le bollette, mentre la reputazione sarà fondamentale per scalare i ranghi della società nonché sbloccare dialoghi aggiuntivi convincendo alcuni NPC a “vuotare il sacco”.
Accrescere la propria reputazione sarà la chiave per proseguire nel gioco, ma per quello si potrà impiegare tutto il tempo del mondo; al contrario accumulare più soldi possibile diventerà la priorità, in quanto senza di essi potreste anche incappare in una fine ingloriosa! Oltre alle ricompense delle varie quest sarà dunque fondamentale familiarizzare coi tre principali minigiochi (uno per ogni piano) che di fatto consistono nel lavoro giornaliero del nostro Evan e costituiranno, purtroppo o per fortuna, il principale modo per accumulare metallo sonante. Il problema risiede nel fatto che queste fasi di gameplay non sono propriamente esaltanti: nonostante infatti queste attività risultino (specialmente all’inizio) divertenti e innovative, andando avanti diventano un po’ ripetitive e, specialmente al secondo piano, a tratti poco chiare e frustranti nonostante sia sempre possibile consultare un tutorial per capire un minimo il da farsi. Sicuramente più varietà e profondità in questo campo sarebbero state gradite, per questo motivo il consiglio è: cercate di riservare i soldi alle bollette con scadenza più urgente cercando di non sprecarli, in modo tale da essere costretti a ripetere i suddetti minigiochi il meno possibile! Fortunatamente Beholder 2 non si dilunga troppo, poiché il Ministero è un palazzo caratterizzato sostanzialmente da quattro piani in totale, ma solo nei primi tre è possibile lavorare ed è davvero un peccato che appena scoperto un metodo alternativo e più veloce per sbarazzarsi dei vostri rivali (starà a voi scoprirlo) si cercherà sostanzialmente di abusarne il più possibile, saltando del tutto i minigame. Gameplay non del tutto promosso insomma, considerando anche che potevano esserci diverse possibilità per inserire enigmi interessanti, quantomeno per spezzare la monotonia del titolo aggravata anche dal fatto che la reputazione accumulata viene azzerata passando da un piano all’altro!
Uno stile cupo e grottesco
Concludiamo parlando più nello specifico dello stile del gioco e degli aspetti tecnici. Su questo fronte c’è di che essere soddisfatti: in questo seguito infatti gli sviluppatori hanno mantenuto lo stesso stile caratterizzato dalle tonalità scure del primo capitolo, ma questa volta la grafica è totalmente tridimensionale e, nonostante a volte sembrino un po’ spogli, gli scenari di gioco e le texture svolgono bene il loro compito. Considerando i mezzi a disposizione il risultato è davvero gradevole e anche a livello di performance il gioco su PS4 funziona egregiamente, nonostante qualche bug qua è là possa dare fastidio – come ad esempio le classiche quest che non riescono più a progredire o un altro che sostanzialmente blocca il povero Evan dopo aver chiuso un dialogo. Nulla di grave che vada ad inficiare l’esperienza di gioco, ma comunque si raccomanda di tenere diversi salvataggi da caricare in caso di problemi come questi.
Anche per quanto riguarda il sonoro è stato svolto un discreto lavoro e, nonostante una leggera monotonia della traccia di fondo, anche le musiche e lo stranissimo parlato (stilizzato e davvero peculiare) contribuiscono all’atmosfera cupa e allo stile del titolo, che è davvero il fiore all’occhiello della produzione. Una nota importante che è doveroso sottolineare riguarda il doppiaggio: non è presente per nulla quello in italiano (anche i sottotitoli ad esempio sono solo in inglese), il che per alcuni potrebbe costituire un grosso ostacolo nonostante i dialoghi del titolo non siano particolarmente complessi.