L’ambientazione western è stata fonte d’ispirazione per media diversi e ovviamente quello del videogioco non fa eccezione grazie a prodotti come West of Dead. Allo stesso modo di ogni periodo storico e ogni luogo, il vecchio west di fine 1800 è caratterizzato da miti e leggende, che sono stati la base per l’immaginario comune dietro al genere western. Ebbene l’opera di Raw Fury e Upstream Arcade, in uscita in un mese assai affollato, pesca a piene mani da tutto ciò e catapulterà il giocatore in quel periodo storico. Più nello specifico, l’ambientazione consiste in un luogo in cui “l’ordine delle cose” sembra deciso a suon di pistole.
Tutto nella norma se non fosse per il fatto che il carismatico e classico uomo tenebroso che funge da protagonista sia in realtà morto. In effetti ora si trova in Purgatorio o meglio in una sua versione a tema: un vecchio Saloon in cui si viene accolti da un barista con il classico paio di baffi. Le anime che approdano al locale Purgatory devono accettare il proprio destino ed incamminarsi verso est o ovest. Purtroppo, l’equilibrio appena descritto sembra messo in discussione dal Predicatore, un uomo che porta con sé solo guai e che ha convinto molte anime a cambiare i loro piani. Ovviamente l’onere di fermarlo tocca al protagonista ed è ancora più lapalissiano che non sarà di certo facile come una scampagnata a cavallo.
La morte è solo l’inizio
Posato il bicchiere sul tavolo, l’eroe William Mason si getta subito nella mischia, portando il giocatore nel primo dungeon, composto da un insieme di gallerie minerarie generate proceduralmente. All’inizio verranno fornite due “armi d’ordinanza”, con le quali farsi strada fino al portale che condurrà il protagonista al di fuori del dungeon. Tuttavia, durante il pellegrinaggio all’interno di queste aree, sarà possibile trovare e acquistare dai mercanti, tramite il ferro raccolto, altre armi ed oggetti differenti sia passivi che attivi. Esempi ricorrenti nelle mie partite ne sono un talismano che permette di recuperare parte della salute persa o un’ascia che può essere lanciata contro i nemici tra una raffica di proiettili e l’altra. Eppure non si è mai veramente invincibili, tanto che distrarsi nel momento sbagliato porterà il protagonista alla morte e il giocatore a ricominciare tutto d’accapo senza l’arsenale duramente conquistato.
Riaffrontare un’area completata prima della sconfitta, si traduce nel trovarsi in un’ambientazione con lo stesso “tema” di fondo (es. miniera), ma dove la posizione degli oggetti, dei nemici e dei “corridoi” della mappa sarà differente. Proporre una tale diversità riduce la sensazione di frustrazione nel riaffrontare le sezioni già completate, aumentando la rigiocabilità del titolo. Inoltre, nel caso in cui si sopravviva fino alla fine di un percorso, si potrà ricaricare la propria salute e ottenere nuovi oggetti in cambio della seconda valuta del gioco, il Peccato. Gli strumenti ottenuti in questo modo si riproporranno anche dopo la morte del personaggio e alcuni saranno disponibili subito a patto di raccoglierli una prima volta, mentre altri saranno reperibili casualmente all’interno dei dungeon. Perciò, tenendo conto degli aspetti descritti, il gioco si presta a parallelismi con il recente Dead Cells e con quella formula etichettata da molti con il termine roguelite.
Pistole fumanti
West of Dead affianca alle meccaniche descritte in precedenza un’anima vicina al genere dei twin-stick shooter. Le sparatorie contro le varie tipologie di nemici sono centrali seppur meno frenetiche rispetto a molti altri esponenti del genere appena citato. Il ritmo dei combattimenti può risultare comunque elevato in certi momenti, ma in altri può costringere il giocatore a rallentare l’azione a schermo. In effetti il videogioco presenta una serie di “regole non scritte” che si apprendono solamente con il gamepad in mano, gettandosi nella mischia dei combattimenti. Ne sono esempio il come sfruttare al massimo le coperture presenti sulla mappa, con cui il protagonista interagisce automaticamente se abbastanza vicino, oppure imparare a gestire armi ed oggetti in funzione del tempo di ricarica previsto dopo il loro uso. Addirittura, tale periodo non tiene conto dei secondi in cui Mason eseguirà la schivata, che risulta fondamentale per evitare all’ultimo gli attacchi nemici.
Naturalmente il tutto si complica ulteriormente quando il giocatore deve tenere conto delle differenti tipologie di nemici, ma per fortuna avrà come suo alleato la luce. Infatti quest’ultima sarà in grado di stordire qualunque avversario per pochi secondi e consentirà anche di svelarne la posizione qualora si trovasse in una zona meno illuminata della stanza. Tuttavia, stordire un nemico non garantisce la sua sconfitta, sia perché non basteranno le pallottole prima del suo risveglio, ma anche perché il gioco richiede una precisione quasi millimetrica. Ovviamente risulta un vantaggio da non sottovalutare, ma non di rado si farà cilecca, nonostante si indirizzi correttamente l’indicatore del mirino tramite lo stick analogico. In conclusione, la somma di tutte queste caratteristiche è un combat system a tratti dinamico ma che, come già detto, a volte prevede di fermarsi e ragionare dato che ogni errore verrà scontato successivamente.
Solo uno sciocco non si migliorerebbe
Durante il suo percorso di redenzione, Mason può incontrare degli altari e delle anime in cerca di “pace”. I primi permetteranno di scegliere uno tra i tre potenziamenti disponibili: l’aumento dell’energia vitale, dei danni delle armi da fuoco oppure della velocità di ricarica e del efficacia di alcuni oggetti. È consigliato ponderare la vostra scelta dato che in particolare il potenziamento della vita ne ricaricherà una parte e quindi non va “usato” con leggerezza. Il secondo incontro, quasi antitetico al primo, invece di potenziare il personaggio lo renderà più vulnerabile, tanto che un singolo colpo significherà morte istantanea. Tale debolezza deriva dal “fardello” dell’anima, di cui il buon Mason si farà carico così che il poveretto di turno possa passare oltre. Va sottolineato che comunque l’effetto è temporaneo, dato che basterà uccidere un certo numero di nemici per liberarsene. Inoltre, in caso di successo, si potrà tenere l’equipaggiamento e il ricordo ceduto dall’anima come ringraziamento per il suo benefattore.
Solo contro il mondo
Uno dei punti di forza di West of Dead è la grande varietà d’arsenale che vi accompagnerà nell’esplorazione delle lande del Purgatorio. Per quanto riguarda le armi fin dall’inizio si troveranno diversi fucili e pistole, ognuna con il proprio danno, livello, numero di proiettili, tempo di ricarica e raggio d’azione. Eppure, continuando a giocare e non scoraggiandosi alla prime morti, si scoprirà di aver toccato veramente solo la superficie. Infatti successivamente si avrà accesso alla miriade di oggetti che potranno essere mantenuti tra una partita e l’altra nelle modalità sopra descritte. Servendosi di questa meccanica, il combattimento rivela tutto il suo potenziale, divenendo per certi versi ancora più strategico e personalizzabile dal giocatore. Un esempio pratico è “Ghiacciaia” che grazie al suo effetto di congelamento permette di rallentare i nemici, riducendone il vantaggio dato dalla loro velocità oppure evitando i loro attacchi a lungo raggio che sono praticamente devastanti.
L’introduzione di molte opzioni nel combattimento richiede una certa varietà dei nemici che giustifichi il suo inserimento. Il gioco presenta un “bestiario” base più che soddisfacente, il quale annovera sia creature presenti in più dungeon ma rielaborate sia in base al tema di ognuno che altre caratteristiche della singola ambientazione. Questo discorso non si estende pienamente ai boss, infatti, sebbene alcuni siano diversi, altri tendono a riproporsi in alcuni punti. Nello specifico, oltre agli scontri con il Predicatore, mi riferisco al fatto che i boss di più dungeon siano i compagni dell’antagonista, ossia i fuorilegge. Tale scelta può essere giustificata dal fatto che il giocatore debba far piazza pulita dei classici scagnozzi, ma un po’ più di varietà sarebbe stata gradita. Tuttavia la loro sconfitta sarà fruttuosa dato che rilasceranno dei ricordi della vita del protagonista e delle reliquie che sbloccano gli oggetti da scambiare con il peccato.
Il peso dei propri peccati
Le musiche scelte non tradiscono il mood generale, risultando contestualizzate anche se non memorabili. La voce del protagonista (Ron Perlman), esclusivamente in inglese ma accompagnata da una traduzione senza sbavature, è l’unica del gioco e fungerà come narratore fuori campo, snocciolando frasi predefinite a seguito di specifici eventi. Al sonoro si accompagna uno splendido stile artistico, che definisce l’identità del titolo e in cui ombre e luci si fondono, dando vita a scorci di tutto rispetto dal punto di vista visivo. Tuttavia, non è oro tutto ciò che luccica e questa chiara scelta stilistica può portare a situazioni in cui il gioco tra luci e ombre mal si sposa con la visuale dall’alto. Di conseguenza può capitare di ricevere danno poiché la visuale non è totale, nonostante sia presente un indicatore che avvisa il giocatore quando un nemico sta per attaccare. Infine, a questa disattenzione si aggiunge qualche sporadico bug, che comunque non risulta pienamente invalidante.
Conclusioni
West of Dead è riuscito a consolidare le aspettative create dalla beta del gioco, che aveva suscitato un certo interesse. Sugli store digitali è arrivato un titolo che ha un’identità propria, capace di distanziarlo dalle produzioni da cui prende ispirazione. Probabilmente tale diversità nasce più dal suo comparto estetico che dalla struttura di gioco, la quale comunque si dimostra solida e in grado di regalare molte ore di gioco. In primis sarà la voglia di sbloccare un po’ tutto a spingere il giocatore a continuare la sua partita, in questo modo potrà adottare un approccio diverso oppure migliorare quello utilizzato. Perfino la voglia di scoprire il mistero dietro al Predicatore terrà vivo l’interesse, nonostante la storia sia in secondo piano rispetto ad altri elementi. In sostanza, West of Dead saprà accontentare soprattutto chi vuole una sfida stimolante e non cerca a tutti i costi una narrativa profonda.