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Ghostwire Tokyo – Recensione

a cura di Giuseppe Nebbiai 5 Aprile 2022
a cura di Giuseppe Nebbiai 5 Aprile 2022
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Una Tokyo come non l’abbiamo mai vista è la vera protagonista di Ghostwire Tokyo, la nuova esclusiva console PlayStation nata dalla mente di Shinji Mikami. Il nuovo titolo di Tango Gameworks e Bethesda è arrivato quasi a sorpresa, dopo essere stato presentato all’E3 2019 con un trailer piuttosto misterioso, che aveva lasciato intendere molto poco in merito a cosa aspettarci. Un lungo periodo di silenzio ha avvolto la produzione, che poi però ha visto l’annuncio dell’uscita poco più di un mese fa, con uno State Of Play ad esso dedicato, illustrandoci di che cosa si tratta.

Abbiamo passato diverse ore in compagnia di questo interessante action RPG in prima persona con diversi elementi horror, e ci siamo persi nelle vie di questa terrorifica e pericolosa versione di Tokyo, provandolo su PS5.

Ecco a voi la nostra recensione di Ghostwire Tokyo!

Spirito contro spiriti

Ghostwire Tokyo si apre con l’arrivo di una “misteriosa” invasione della città di Tokyo, perpetrata da spiriti e diversi mostri che sono riconducibili a quello che forse è l’elemento veramente cardine della produzione, ossia la cultura shinto. Il nostro protagonista è il giovane Akito, che si trova coinvolto in un gravissimo incidente mentre si stava recando a trovare la sorella Mari presso un ospedale locale. Qui interviene KK, uno Spirito che decide di salvare la vita ad Akito impossessandosi del suo corpo. Qui si apre davanti a noi questa meravigliosamente tetra versione di Shibuya, che assieme alla presenza dei riferimenti alla cultura shinto è davvero la punta di diamante di questo titolo. Specialmente nelle prime sezioni di gioco la voglia di esplorare questo open world si farà sentire in maniera prepotente. Ovviamente all’inizio però saremo instradati nel cercare di capire le basi e la trama, con il tutorial che ci spiega il sistema di combattimento. Questo è basato sulla pressione di due tasti: R2 per attaccare e L1 per difendere. Gli attacchi saranno legati alla Tessitura Eterea, un potere che sblocchiamo quando KK si impossessa di noi: questi sono basati su tre elementi, ossia Aria (Vento), Fuoco ed Acqua. I colpi però saranno limitati, e l’unico modo per ricaricarli sarà quello di eliminare i nemici, oppure andare a colpire degli oggetti posseduti, che sono ben visibili in quanto appaiono come dei bug grafici. Assieme a questi attacchi di natura soprannaturale, sarà utilizzabile anche un arco, utilissimo per gli attacchi a distanza, ma che viene ampiamente relegato al ruolo di arma secondaria, in quanto molto meno efficace della Tessitura. Bloccare gli attacchi nemici ovviamente risulterà vitale, ma c’è da sapere che parandovi non assorbirete tutti i danni: l’unico modo per farlo è capire quando effettuare un parry, cosa che vi permetterà anche di avere un vantaggio tattico sugli avversari. Ovviamente avrete a disposizione degli oggetti curativi, che sono rappresentati da tipiche pietanze della cultura giapponese. 

Una volta entrati in punta di piedi nella trama, il mondo di gioco sarà esplorabile. Qui emerge uno dei più grossi difetti di Ghostwire Tokyo: la sua natura open world. Come detto prima, all’inizio avrete voglia di esplorare ogni meandro di Shibuya, ma questa voglia andrà a scemare pressoché subito. Esplorare non aggiunge praticamente nulla ai fini del gioco, se non andare a cercare missioni secondarie, munizioni spiritiche, e poco altro. La nostra esplorazione inoltre verrà “bloccata” dalla presenza di una sorta di nebbia velenosa, che, qualora la si provi ad attraversare, ci farà danni, e quindi è un gran motivo che ci porta a non andare a zonzo per la mappa, che tra l’altro, dato che la popolazione di Tokyo è sparita nella “invasione” degli Spiriti, risulta totalmente vuota di persone umane. Tutti questi elementi ci portano a dire che forse sarebbe stato meglio se il gioco non avesse avuto proprio per niente questa componente open world, che, per dirla con un’espressione popolare, “non sa né di carne né di pesce”, restando quindi un elemento piuttosto marginale.

E questo è un vero peccato alla luce della presenza di ottime missioni secondarie, che per essere giocate richiedono esplorazione, ma se questo elemento è così limitato capite bene che rischiate di perdervi comunque degli elementi di contorno comunque piuttosto interessanti. Le secondarie sono quasi tutte piuttosto varie, anche se, pure in questo caso, possiamo avere delle rimostranze, in quanto queste missioni risultano “squilibrate”: alcune sono ben studiate e approfondite, altre invece si limitano a compiti semplici e risolvibili in poche semplici mosse. Sarebbe stata gradita sicuramente una migliore qualità generale. Questo è ancor più evidente se si va a guardare invece alla storia principale, che è ben costruita, pur non regalando colpi di scena incredibili. La linearità la fa da padrone, e questo è un ottimo punto a favore della produzione: le missioni non girano intorno all’obiettivo, vanno dritte al punto, riservando anche qualche sezione horror che svolge bene il suo lavoro. Il punto di forza della storia è sicuramente legato alla presenza di personaggi ben congegnati, che nel corso delle 15 ore di gioco che abbiamo impiegato per arrivare alla fine hanno una evoluzione interessante. Il paragone che mi sento di fare nel rapporto tra Akito e KK è quello con V e Johnny Silverhand in Cyberpunk 2077 (entrambe le coppie sono accomunate dal fatto che un personaggio si “infila” nella testa dell’altro): nel caso di Ghostwire Tokyo il rapporto tra i due protagonisti cresce in maniera piuttosto lineare ma comunque verosimile, con dialoghi di ottima caratura, che danno comunque profondità alla trama, cosa che nella produzione di CD Projekt RED avviene solo in alcuni tratti e in maniera davvero poco equilibrata.

Pad alla mano, con l’ausilio anche di quella che, personalmente, rappresenta effettivamente la vera innovazione tecnologica della nuova generazione di console, ossia il DualSense e il suo feedback aptico, Ghostwire Tokyo risulta un’esperienza estremamente godibile. Il sistema di combattimento nella sua semplicità resta comunque abbastanza divertente da giocare, anche se la componente stealth, che inizialmente sembra essere piuttosto rilevante, non appena arriverete a livellare a sufficienza diventerà una soluzione di ripiego, in quanto riuscirete piuttosto agilmente a falciare orde di nemici senza grossi problemi di sorta. Ghostwire Tokyo risulta un titolo quasi mai eccessivamente impegnativo, se giocato mixando l’approccio stealth all’attacco diretto.

Arriviamo ora a quello che dovrebbe essere il vero punto di forza della produzione: il comparto grafico. Come detto l’atmosfera di gioco è spettacolare, a livello artistico siamo davanti forse ad un qualcosa di mai visto fino a questo momento per quanto riguarda la nuova gen di console: Shibuya è tetra, oscura, e comunque resta quella sensazione che da un momento all’altro possa avvenire anche qualcosa che possa farvi saltare dalla sedia, però se si va ad analizzare il comparto grafico qualche piccolo neo viene a mostrarsi. La presenza di ben sei impostazioni grafiche è un qualcosa di raro da trovare anche su console, e soprattutto all’inizio è necessario fermarsi a scegliere quale impostazione utilizzare. Il frame rate risulta piuttosto stabile, ma qualche noia è data sicuramente dall’eccessiva presenza di tearing e motion blur, che possono essere risolti andando a smanettare con le impostazioni. Abbastanza buono il comparto audio, con un buon doppiaggio in italiano. 

In conclusione

Ghostwire Tokyo ha tanti punti di forza, che però vengono smorzati da diversi problemi che affliggono la produzione. Andando avanti nella storia, un elemento che emerge è il fatto che alla lunga il gioco risulta ripetitivo, specie se si guarda alle missioni secondarie, con qualche piccolo difetto anche nel comparto grafico e con un sistema di combattimento che avrebbe meritato maggiore varietà, così come la componente open world che risulta essere pressoché superflua. Se però siete dei grandi appassionati di cultura giapponese, e avete amato le produzioni di Shinji Mikami, Ghostwire Tokyo risulta essere un gioco assolutamente da giocare ed avere, perché riesce comunque ad essere una sorta di inno a quelle atmosfere e a quelle atmosfere così accattivanti e interessanti.

Ghostwire Tokyo è disponibile su PC e PS5. 

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  • Voto finale
    7
Pro
  • Atmosfera spettacolare;
  • L'evoluzione dei personaggi;
  • Missioni lineari ma che sanno comunque essere interessanti.
Contro
  • Combattimento divertente ma poco vario;
  • La presenza di un open world quasi superfluo;
  • Missioni secondarie spesso e volentieri ripetitive.
7.0

 

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Giuseppe Nebbiai

Videogamer seriale, mi divido tra la passione per la tecnologia, lo sport, e la Storia. Sono un videogiocatore che gioca qualsiasi cosa gli passi tra le mani, la cui passione nasce ai tempi di PS1, ed è diventata sempre più un punto di riferimento nel corso degli ultimi anni.

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