Se hai tra più di 30 anni c’è una buona probabilità che almeno una volta nella vita tu abbia sparato a un alieno verde fosforescente, imprecato contro un blocco in Arkanoid o passato interi pomeriggi con gli amici a Bubble Bobble. Dietro a tutto questo c’è un nome che forse non ricordiamo sempre, ma che ha segnato per sempre la storia del gaming: Taito.
E la cosa buffa è che Taito non è nata affatto come azienda di videogiochi. Anzi.
Da Mosca a Tokyo, passando per la vodka
Nel 1953, un imprenditore ebreo-russo chiamato Michael Kogan fondò la Taito Trading Company a Tokyo. Inizialmente, l’azienda importava distributori automatici, jukebox e… produceva vodka. Sì, hai letto bene: Taito è stata il primo distillatore di vodka in Giappone. Non male come curriculum per chi poi avrebbe fatto la storia dei videogame.
Negli anni ’60 però le cose cambiarono. Con l’esplosione dell’economia giapponese, Taito iniziò a spostarsi verso il settore dell’intrattenimento. Prima giochi elettromeccanici, poi i primi arcade sperimentali. Nel 1972 cambiò nome in Taito Corporation e l’anno dopo lanciò il suo clone di Pong.
Era l’inizio di qualcosa di enorme.
1978: quando arrivarono gli alieni
La vera rivoluzione arrivò nel 1978 grazie a un game designer visionario: Tomohiro Nishikado. Il suo Space Invaders cambiò tutto. Non era solo un gioco: era un fenomeno culturale.
In Giappone la mania fu così folle che ci fu addirittura una carenza di monete da 100 yen. Nei bar e nelle sale giochi si formavano file infinite, le persone restavano ore davanti al cabinato per battere il record. In Occidente, Space Invaders fece esplodere la cultura arcade: senza di lui non avremmo mai avuto Pac-Man, Street Fighter o Mortal Kombat.
Per noi gamer di oggi, è un po’ come ricordare il “primo amore videoludico”: il suono che accelera man mano che gli alieni scendono è inciso nella memoria collettiva.
Taito e gli anni d’oro delle sale giochi
Dopo Space Invaders, Taito sfornò una serie di titoli che ancora oggi fanno brillare gli occhi:
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Bubble Bobble, con i due draghetti che intrappolavano i nemici nelle bolle (e i litigi infiniti con l’amico di turno che ti rubava i power-up).
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Arkanoid, che trasformò il concetto di “rompere mattoncini” in pura arte arcade.
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Elevator Action, il primo a farti sentire una spia in missione in un palazzo pieno di segreti.
Se sei cresciuto negli anni ’80 o ’90, queste non sono solo “vecchie glorie”: sono pezzi di infanzia.
Dall’America a Square Enix
Con il successo globale, Taito aprì sedi negli Stati Uniti e in Canada, portando i suoi cabinati in tutto il mondo. Ma negli anni ’90, con la crescita delle console casalinghe, le sale giochi iniziarono a svuotarsi e Taito si ritirò pian piano dal mercato occidentale.
Il colpo di scena arrivò nel 2005, quando Square Enix (sì, quelli di Final Fantasy e Dragon Quest) comprò Taito. Una mossa che all’inizio fece storcere il naso, ma che ha garantito la sopravvivenza del marchio. Negli ultimi anni, infatti, Taito è tornata a proporre le sue icone con remake, retro collection e anche qualche progetto originale, come il sistema arcade NESiCAxLive, che porta i giochi digitali direttamente nelle sale.
Perché Taito ci parla ancora oggi
Perché dovremmo ancora parlare di Taito nel 2025?
Perché rappresenta le radici del gaming moderno. Senza Taito, non ci sarebbero stati i grandi franchise che oggi popolano le nostre console. E perché i suoi giochi hanno quella magia che non invecchia mai: sono immediati, accessibili e, soprattutto, incredibilmente divertenti.
E poi diciamocelo: quante aziende possono vantarsi di aver iniziato con la vodka e finito per creare un’icona mondiale come Space Invaders?