Spaventosi, violenti e guidati unicamente da una fame insaziabile, gli zombie hanno ormai invaso tutte le forme di intrattenimento. Queste creature, nate dai miti legati ai rituali voodoo, esercitano un fascino irresistibile proprio per la loro natura “ibrida” (a metà strada tra la vita e la morte) ed essendo prive di volontà sfuggono alla classificazione di “buoni” o “cattivi”. I “vaganti” di The Walking Dead oppure gli “Zed” di Killing Floor possono avere nomenclature e origini differenti, agire in gruppo o in solitario, attaccare ferocemente le proprie prede o trascinarsi a fatica verso di esse. Quello che li accomuna tutti è che solo un colpo alla testa ne potrà fermare l’avanzata e che soprattutto “l’unico zombie buono è uno zombie morto” (cit.).
Se il settore videoludico è ormai invaso dagli “zombie shooter” lo si deve in buona parte a Turtle Rock Studios e alla sua saga “Left 4 Dead”. Un brand capace di appassionare milioni di giocatori, grazie alle sue meccaniche co-op (molto originali per l’epoca) e ad un’ironia irresistibile in grado di alleggerire sensibilmente la drammaticità e la violenza delle immagini mostrate. Un’infinità di sviluppatori hanno provato a ricalcarne il gameplay e l’atmosfera senza mai riuscirci del tutto, con risultati, il più delle volte, deludenti. L’attesissimo Left 4 Dead 3 non vedrà mai la luce, ma la serie è ugualmente ritornata con quello che è più di un semplice erede spirituale: Back 4 Blood. Spolverate le vostre armi e chiamate a raccolta il vostro team, la guerra ai non morti è appena iniziata ed è tempo di tingere le strade di rosso.
Ritorno Sanguinario
Cercare una trama in un videogame di questa tipologia è un’operazione complessivamente inutile. Il mondo è invaso dagli zombie e i pochi sopravvissuti non possono che combattere orde di mostruosità affamate, supportate da inedite mutazioni capaci di renderle ancora più pericolose. Nei panni di uno dei superstiti dovremo trovare una via di fuga dall’incubo, con la flebile speranza di reperire l’origine del problema e porvi fine. Back 4 Blood è costruito su una campagna divisa in quattro sanguinolenti atti, interpretati da una serie di personaggi fuori dalla righe, ma non dai cliché del genere di riferimento. In poche parole non aspettatevi figure particolarmente originali, ma sentirli imprecare per il fuoco amico oppure per gli orrori che si apprestano ad affrontare sarà un vero spasso che vi strapperà più di un sorriso. L’opera di Turtle Rock è violenta e sboccata anche nel linguaggio, un elemento che la rende ancora più grottesca e irresistibile. Nel complesso il discreto percorso narrativo ci ha conquistato, nonostante sia passato in secondo piano pochi minuti dopo l’avvio, visto che la carneficina non ammette distrazioni di alcun tipo e gli zombie ci hanno subito dedicato le loro attenzioni culinarie.
Card Zombie Game
Se non avete mai provato un multiplayer cooperativo, Back 4 Blood vi aprirà un mondo sconosciuto e appassionante, nel quale la coordinazione tra gli elementi della squadra riveste un ruolo fondamentale. Visto che esistono già migliaia di prodotti dedicati al genere e moltissimi altri sono in uscita nei prossimi mesi, eviteremo di annoiarvi nella descrizione di un gameplay estremamente classico nella sua forma, concentrandoci unicamente sugli aspetti più “innovativi” della produzione. Come sempre lo scopo delle missioni sarà quello di raggiungere un determinato obiettivo, facendosi largo in mezzo a consistenti gruppi di avversari, con la speranza di non attirare troppo l’attenzione dei nemici ignari. Come in ogni zombie shooter che si rispetti, l’approccio stealth è sempre quello più consigliato, visto che scomodare uno stormo di maledetti corvi oppure attivare uno degli infiniti allarmi presenti negli scenari (così come innestare fragorose esplosioni), attirerà delle attenzioni assolutamente sgradite, rendendo esigue le nostre scorte di munizioni.
Back 4 Blood non è strutturato per un’avanzata implacabile a suon di proiettili, ma richiede una buona componente strategica nella sua progressione. I vaganti sfrutteranno sempre il vantaggio numerico e già ad un livello di difficoltà settato a “normale”, ci metteranno pochi secondi ad eliminare i “lupi solitari”. Perdere in corso d’opera uno degli elementi del party, renderà l’impresa sensibilmente più ardua, guidandola inesorabilmente verso il fallimento.
Il fondamentale “bilanciamento” del team è legato al sistema di progressione dei personaggi che potranno sfruttare le ricompense delle missioni per l’acquisto di nuove carte dai venditori stanziati nella nostra base operativa. Tutte le abilità dei superstiti sono legate a queste immagini, capaci di migliorarne le performance sul campo di battaglia. Gli eroi possono essere potenziati, ad esempio: nell’efficacia del corpo a corpo, nel ripristino della stamina e delle capacità balistiche, acquisire maggiore precisione nell’utilizzo di determinate bocche da fuoco oppure trasformarsi in medici d’assalto pronti a soccorrere i compagni in pochi secondi. La composizione del mazzo di carte da utilizzare, deciderà il nostro ruolo sul campo di battaglia, lasciandoci liberi di creare un set che potrebbe rivelarsi tanto necessario al completamento di una missione, quanto inefficace in quella successiva. La struttura semplificata di questo sistema non ne inficia la natura lievemente strategica, esaltata soprattutto nelle missioni avanzate della campagna, contraddistinte da antagonisti sempre più numerosi e aggressivi e da una vasta scelta tra le icone selezionabili. Spesso sarete costretti a preferire delle skill piuttosto che altre e la meccanica rivela progressivamente una complessità inedita e per certi versi inattesa in un prodotto di questa tipologia.
Come prevedibile anche la sezione di personalizzazione dei superstiti e degli equipaggiamenti offrirà un ventaglio di possibilità abbastanza ampio che influirà unicamente sull’estetica dei nostri alter ego virtuali. Uno degli aspetti che hanno alimentato il “mito” di “Left 4 Dead” è il gunplay basato su un’ottima quantità di bocche da fuoco e sulla diversa efficacia di quest’ultime sulla pelle dei vaganti. Back 4 Blood non si limita a riproprorne le caratteristiche in modo pressoché invariato ma le arricchisce con svariati accessori, reperibili tanto nelle casse quanto nei rifugi che separano le spedizioni. L’utilizzo dell’arsenale e delle sue componenti conserva la sua anima prettamente arcade senza disdegnare un pizzico di realismo che regala quella subdola sensazione di recare un danno “reale” agli antagonisti e fornisce una giusta complessità alla valutazione dello strumento di morte più consono al proprio stile di gioco.
La comunicazione tra gli alleati (il titolo perde molto se giocato con gli “estranei”) e la composizione di una squadra equilibrata sono le chiavi per giungere ai titoli di coda, in un’avventura che si mostrerà fin dalle battute iniziali piuttosto punitiva e insidiosa. Lo stile scanzonato dei suoi interpreti principali non deve trarre in inganno: Back 4 Blood è un titolo impegnativo, esattamente come i suoi illustri predecessori e se affrontato con eccessiva “leggerezza” rischia di risultare frustrante in pochi minuti. Una scelta gradita e coraggiosa da parte degli sviluppatori, capace di donare profondità alle meccaniche di gioco e di esaltarne l’approccio tattico, soprattutto rispetto agli altri esponenti della categoria. Eravamo stufi di massacrare degli inermi bersagli mobili; stufi delle munizioni praticamente infinite dei caricatori e di quella sensazione di onnipotenza presente in quasi tutti i videogame appartenenti al genere. B4B propone una forma d’intrattenimento sensibilmente più “ragionata”, capace di intrattenere senza appesantire il ritmo degli scontri e l’esaltazione provocata dal sopravvivere a centinaia di nemici. Se a tutto questo aggiungiamo i vari livelli di difficoltà di una campagna longeva e appassionante e la playlist multiplayer “Sciame”, si può avere un’idea della discreta offerta contenutistica del titolo.
La variante multigiocatore è una sorta di sfida a tempo nella quale la squadra che resiste più a lungo ottiene la vittoria. I giocatori si alternano nella gestione degli infetti e dei sopravvissuti, in una contesa a round basata su un timer. Indossare le carcasse putride degli zombie speciali è sicuramente divertente ma la presenza di un’unica playlist potrebbe rendere l’esperienza piuttosto ripetitiva dopo poche partite. Anche in questo caso avere un team con cui è possibile coordinarsi può fare la differenza ma difficilmente perderete la sensazione di trovarsi di fronte ad una sezione alquanto limitata e accessoria.
La Carneficina dei Pixel
Purtroppo l’aspetto più debole della produzione risiede nel comparto tecnico. Nonostante il gradevole colpo d’occhio, il motore grafico di Back 4 Blood è apparso piuttosto arretrato sia dal punto di vista qualitativo che nella fluidità complessiva dell’esperienza. Il titolo alterna sezioni discretamente curate ad altre piuttosto approssimative e nel complesso è afflitto da svariati bug e compenetrazioni poligonali, mostrando il fianco a texture che peccano di definizione e ad animazioni disarticolate. Il frame rate fatica spesso a reggere le sequenze più movimentate e presenta dei vistosi rallentamenti soprattutto nelle fasi di shooting. Abbiamo rilevato dei pesanti cali nel momento in cui si attiva il mirino dell’arma, un aspetto che penalizza sensibilmente la giocabilità, soprattutto quando si è circondati da decine di nemici. Fortunatamente la problematica non si presenta in modo permanente, ma ci saremmo aspettati un miglioramento più evidente rispetto a quanto mostrato nella open beta del gioco, evoluzione che di fatto è avvenuta in minima parte. Problematiche ormai tristemente comuni ai titoli cross-gen, sospesi tra la necessità di garantire la fruibilità di un prodotto sia sulle vecchie che nuove piattaforme, senza riuscire a soddisfare pienamente nessuna delle due.
La situazione migliora nella sezione sonora seppur lontana dall’eccellenza. L’evocativa tracklist funge da ottimo accompagnamento all’azione mostrata sullo schermo, arricchita da un campionamento degli effetti nel complesso preciso e pertinente. Purtroppo capita a volte che versi, urla e fruscii vengano inspiegabilmente omessi e ci si ritrova di fronte a creature enormi che si sono avvicinate senza emettere alcun rumore. Nulla di particolarmente grave e irrisolvibile, con la speranza che le patch future pongano rimedio alle mancanze. Di buona fattura anche il doppiaggio in italiano, dotato di interpretazioni convincenti espresse con la giusta enfasi in quasi tutte le situazioni.
Left 4 Blood
Oltre alle incertezze del comparto tecnico, il principale limite di Back 4 Blood è costituito dalla sua natura e soprattutto dal fatto che sia arrivato con eccessivo “ritardo”. Nonostante sia il seguito ufficioso di una saga capace di creare un genere e nonostante l’intrigante sistema delle carte adottato per lo sviluppo dei personaggi, è difficile trovare elementi originali nell’opera di Turtle Rock Studios che risulta, suo malgrado, troppo simile ai centinaia di prodotti che l’hanno preceduta. Vista la qualità spesso mediocre di quest’ultimi, non è un azzardo definire B4B come uno dei migliori esponenti della categoria, seppur afflitto dalla intrinseca ripetitività del gameplay e dalla mancanza di aspetti realmente innovativi. Nello stesso tempo gli amanti di Left 4 Dead non faticheranno a ritrovare lo stile inconfondibile delle opere originali, il feeling con le armi e con un’esperienza nella quale la sopravvivenza non è mai scontata. Se avete amici con cui condividere l’avventura resterete intrappolati in un massacro tanto impegnativo quanto coinvolgente che saprà regalarvi diverse ore di puro piacere videoludico.
Versione Provata: PlayStation 5