Se dovessimo rappresentare il successo di Castlevania con un grafico, potremmo disegnare una parabola in salita fino alla fine degli anni ’90 per poi, successivamente, vederla calare lentamente. Partita col botto a metà anni ’80, con i primi capitoli in cui controllavamo sempre un cacciatore di vampiri della famiglia Belmont, la saga ha visto il suo massimo illustre nel 1997 col capolavoro Symphony of the Night. Da qui, purtroppo, sono poi arrivati capitoli 2d e 3d – non sempre riusciti – che hanno diviso i fan. Quando lo storico producer Koji Igarashi ha annunciato di avere in cantiere un nuovo titolo ispirato a Castlevania, il gioco è diventato uno dei più attesi degli ultimi anni. Ed oggi possiamo confermare che Bloodstained: Ritual of the Night ha mantenuto le promesse, confermandosi come un riuscitissimo sequel spirituale del tanto acclamato Castlevania: Symphony of the Night, promuovendo a pieni voti l’ottimo lavoro svolto da Igarashi e 505 Games.
Verso la fine del Settecento, la Chiesa e la Gilda dell’Alchimia uniscono le forze per combattere una temibile ondata di demoni in procinto di attaccare l’Inghilterra. La gilda crea una potente arma per fermarli: gli Shardbinder, esseri umani potenziati con cristalli demoniaci. Cadono migliaia di vittime innocenti, ma i demoni vengono finalmente sconfitti. Durante il rito sacrificale, soltanto due Shardbinder non perdono la vita: Gebel, che riesce miracolosamente a sopravvivere al rito, e la giovane Miriam, risparmiata poichè caduta in un sonno profondo prima che il rito iniziasse. Dieci anni dopo, i demoni fanno il loro ritorno assieme ad un castello demoniaco. Nel frattempo, Miriam si sveglia dal lungo sonno. Venuti a sapere che Gebel è a capo dei demoni, Miriam e l’amico alchimista Johannes decidono di fermarlo; intraprendono così un viaggio in mare verso il castello maledetto, a bordo di un galeone.
Sì, è il Castlevania che volevamo
Quando Igarashi ha annunciato un nuovo titolo basato su Castlevania, la reazione dei fan si è divisa tra speranza e scetticismo. Tante erano le domande e i dubbi. Piuttosto che un sequel spirituale, perché non fare un gioco ufficiale della saga? Chi sarà il protagonista? Si baserà sui primi classici Castlevania a livelli sequenziali, o avrà ambientazioni liberamente esplorabili ed elementi RPG come Simon’s Quest e Symphony of the Night? Queste sono soltanto alcune delle domande che i fan si sono posti negli ultimi anni. Ma il nome di Igarashi è sempre risuonato come sinonimo di qualità ed oggi, gioco alla mano, possiamo confermare di non esserci sbagliati.
Bloodstained ripropone tantissimi elementi dello storico SOTN come gameplay, comparto tecnico, personaggi ed elementi RPG. Le ambientazioni svariano tra posti all’aperto, chiese, cattedrali, laboratori, caverne, laghi, biblioteche, deserti e treni in corsa, tutti pieni di segreti come muri da rompere, passaggi apparentemente irraggiungibili e molto altro. Risaltano all’occhio i tantissimi dettagli di cui gode ogni singolo scenario, in cui non mancano le consuete fonti d’illuminazione da rompere per ottenere oggetti o denaro. Alcune location sono collegate tra di loro da una porta circondata da un bagliore rosso, attraverso la quale entriamo in un corridoio pieno di torcie in stile medievale che delimita due zone diverse. Altre possono essere raggiunte utilizzando gli specchi a mosaico, nei quali Miriam si può tuffare per fuoriuscire da un altro specchio del gioco raggiunto in precedenza. Alcune zone ci regalano effetti visivi molto apprezzabili, ad esempio la torre attorno alla quale corriamo vedendone la rotazione in sfondo, la sabbia del deserto che ci fa sprofondare, le campane ed i candelabri presenti in alcune cattedrali, o i voluminosi raggi di sole che penetrano da una finestra sullo sfondo.
Ma Bloodstained eccelle soprattutto dal punto di vista sonoro, con soundtracks davvero ben realizzate e sempre in sintonìa con la location di appartenenza. Alcuni passaggi si rifanno a musiche e jingle di Castlevania, come quella le cui note iniziano con la morte del protagonista nei capitoli classici, o un’altra simile alle prime boss fight di SOTN. Alcune tracce sfiorano la perfezione, spesso grazie all’utilizzo di strumenti e note davvero orecchiabili che, pur richiamando la saga d’ispirazione, variano il tema musicale anche in base alla tipologia dei nemici presenti in una certa area – ad esempio i demoni-samurai nascosti dietro alle tipiche porte scorrevoli giapponesi.
Gran parte dei nemici sono continui richiami a quelli presenti in Castlevania, ma pur sempre ben realizzati ed inseriti nel contesto del gioco. Partiamo dai cavalieri giganti armati di mazza o spada che camminano lentamente caricando il colpo, fate malvagie che ci attaccano in volo, grossi demoni volanti che ci lanciano fuoco, piccoli nemici saltellanti come rospi e scimmie, o buffi ma altrettanto pericolosi demoni dalle teste giganti di gatti e cani dotati di attacchi magici e con morso in corsa.
Nel gioco sono presenti diversi NPC. Amico fidato di Miriam è Johannes, un dotto alchimista che svela ulteriori dettagli sulla trama e può creare oggetti usando i materiali da noi raccolti; la bionda Dominique, che funge da negozio vendendoci armi e oggetti di ogni tipo; Alfred, un vecchio alchimista che incontreremo più volte nel gioco (boss fight comprese); Gebel, l’unico Shardbinder sopravvissuto al rito assieme a Miriam e principale antagonista del gioco; infine Zangetsu, cacciatore di demoni protagonista di Bloodstained: Curse of the Moon che incontriamo più volte: talvolta in aiuto di Miriam, talvolta come uno dei boss più tosti del gioco, mettendola alla prova in combattimento. Vi sono poi alcune comparse: possiamo imbatterci in qualche essere umano ferito ed incapace di tornare a casa da solo, da aiutare donandogli l’oggetto giusto, oppure la vecchietta affamata che ci chiede una merendina, dandoci una chance di ottenere qualcosa in cambio. Di questi, il vero punto di domanda è Gebel, raggiungibile dopo aver completato meno del 50% della mappa. Senza cadere in spoiler, dopo una breve sequenza finale seguìta dal Game Over, ci siamo trovati di fronte alla stessa scelta fatta per SOTN in cui potevamo affrontare Richter con approcci diversi… e mi fermo qui.
Mappa e oggetti
La prima comodità che risalta all’occhio è la minimappa in alto a destra, che possiamo anche non visualizzare, ma che consigliamo di tenere almeno all’inizio per orientarsi nelle nuove locations raggiunte. Come ogni gioco di ruolo che si rispetti, anche qui avremo la possibilità di potenziare la protagonista e dedicarci al crafting. Miriam dispone di una barra di energia vitale color rosso e di una barra magica color violaceo. Ciascuna di esse aumenta quando saliamo di livello, ma dobbiamo stare attenti al consumo di entrambe – specie durante gli scontri con boss o tanti nemici allo stesso tempo.
Quando la barra vitale sarà bassa inizierà la sua intermittenza grafica unita ad una vibrazione del nostro controller, utile nel caso dovessimo non accorgerci di essere quasi morti perchè impegnati a combattere. In tal caso, oltre ad essere più cauti e prendere le dovute distanze dai nemici, possiamo rimediare con pozioni acquistabili dalla nostra amica Dominique, col limite massimo di 5 pozioni grandi alla volta. Stesso discorso per la barra magica, che si consuma quando usiamo un cristallo demoniaco in nostro possesso: in tal caso ci serve l’Etere, che ripristina parzialmente la magia permettendoci di usarla nelle situazioni critiche in cui dovremo uscire incolumi da una location. Questo sarà vitale per raggiungere la stanza di savepoint e salvare la partita, ripristinando così vita e magia. Importantissimo anche aver dietro qualcosa per guarire dall’avvelenamento, o combattere la maledizione che ci dimezza temporaneamente vita e magia. Vi sono altri oggetti importanti, alcuni dei quali usati per crearne di nuovi come le pozioni, ed altri utili a Johannes per cucinare pietanze prelibate o creare armi ed armature. Alcuni di questi materiali sono difficili da trovare, poiché presenti in uno specifico forziere della mappa o rilasciati da una sola tipologia di nemico.
Mosse, armi ed armature
Tra le mosse disponibili fin dall’inizio vi è la scivolata, utile per passare in punti altrimenti irraggiungibili e schivare nemici, e c’è un pulsante per balzare all’indietro. Per l’attacco, Miriam può usare un’enorme quantità di armi, alcune delle quali acquistabili da Dominique, altre da trovare in qualche forziere nascosto, altre ancora rilasciate occasionalmente dai nemici sconfitti. Nel menù del gioco possiamo assegnarle la nostra arma preferita, scegliendo tra una melee o una da fuoco con la quale usare proiettili speciali a consumo (oppure quelli infiniti, ma meno efficaci). Come tipologie di armi – tra le altre – troviamo pugnali, spade, spadoni, katane, pistole e fruste. Vi sono anche armi da combattimento a mani nude come alcune paia di scarpe, efficaci soprattutto se abbinate a qualche combo appresa dai libri: in alcuni scaffali sparsi nelle locations del gioco possiamo infatti trovare libri che ci insegneranno una mossa speciale utilizzabile con armi specifiche, ed eseguibile tramite una breve ma precisa combinazione di tasti.
Per la difesa, possiamo assegnare a Miriam un’armatura (partendo da tuniche poco protettive fino a robuste armature), maschere, cappellini, anelli ed altri accessori che ne aumentano svariate statistiche tra cui Attacco, Difesa, Forza o Intelligenza – talvolta a discapito di altre che diminuiscono lievemente. È importante non buttare via un oggetto appena smontato dopo averne trovato un altro più potente, poichè quello vecchio potrebbe avere attributi alternativi da usare in situazioni particolari, come l’aumento della resistenza al fuoco o al tuono. Meglio recarsi da Johannes e vedere se sia possibile riciclarlo in qualche modo, ad esempio come materiale da utilizzare per creare qualcosa di potente ed introvabile. Questi può anche potenziare i frammenti demoniaci da noi trovati, previo l’utilizzo di alcuni materiali richiesti, alcuni dei quali rari e reperibili solo in specifici punti della mappa; altri possono essere ottenuti da un certo NPC dopo aver completato alcune missioni secondarie che, nella maggior parte dei casi, richiedono di uccidere più volte un certo demone per vendicare la morte di alcuni esseri umani, tra i quali non mancano – come chicca nostalgica – quelli col nome di vecchi protagonisti di Castlevania. Altra chicca è un potere per trasformarci in Shovel Knight, il mitico cavaliere protagonista dell’omonimo titolo, le cui statistiche di attacco e difesa sono mediamente alte rispetto alla media. E con una protagonista femminile, non potevano mancare nuove acconciature da trovare per la nostra Miriam.
I frammenti
Quel furbacchione di Igarashi non ha perso occasione per dare a Miriam una certa bellezza estetica, a partire dai tatuaggi sulla parte alta del petto e sulle gambe. L’occhio vuole sempre la sua parte anche quando si ha a che fare con personaggi più che ben caratterizzati, e sapevamo dall’inizio che non poteva certo mancare un lavoro analogo sul lato visivo. Per quanto però sia valido il suo stile estetico, il vero fascino di Miriam risiede nel suo status di Shardbinder capace, tra le altre cose, di ottenere cristalli demoniaci dai nemici sconfitti per usarli a suo vantaggio. Alcuni di questi sono utilizzabili come arma aggiuntiva come un’onda d’acqua, una palla di fuoco o pugnali multipli, mentre altri permettono di evocare il nemico dal quale provengono come alleato.
Alcuni frammenti donano a Miriam un potere permanente tra cui il doppio salto – indispensabile per raggiungere alcuni punti degli stage e proseguire nell’avventura – immergersi nell’acqua e camminare sul fondale, passare attraverso spazi stretti come un raggio di luce e, più avanti nel gioco, forse il potere più atteso: la possibilità di saltare e ruotare su noi stessi di 180 gradi per camminare sul soffitto di qualsiasi location e raggiungere nuove porte, forzieri ed aree inesplorate. Alcune porte possono essere aperte soltanto con le relative chiavi, e sta a noi scoprire dove e in che modo ottenerle. Altri frammenti importanti sono i Famigli, fidati alleati al nostro fianco, che aumentano di livello con l’esperienza acquisita ed aiutano Miriam in base alle caratteristiche specifiche di ciascuno di essi.
In più occasioni, la nostra amica Dominique ci riporta un messaggio criptato che spiega in che punto della mappa trovare un frammento indispensabile al proseguimento dell’avventura. Proprio la mappa rappresenta uno degli aspetti migliori del gioco: oltre ad essere varia e ben realizzata a livello strutturale, è molto più grande rispetto a SOTN e ci vorranno diverse ore di gioco per completarla, tenendo conto che alcuni punti sono inizialmente irraggiungibili, e dovremo fare non poco backtracking per esplorarle più avanti sfruttando le nuove abilità acquisite. Possiamo piazzare un segnale in qualsiasi punto, nel caso dovessimo lasciare qualcosa in sospeso o per ricordare la posizione di un certo nemico.
Nostalgia portami via
Anche Bloodstained: Ritual of the Night non è esente da piccoli bugs, che speriamo vengano risolti con una patch. In alcuni casi ci siamo imbattuti in qualche piccola compenetrazione tra Miriam e lo scenario, come ad esempio i suoi stivali che trapassano il gradino rialzato prima di una porta. Abbiamo anche riscontrato qualche imprecisione nelle hitbox dei nemici, che a volte colpiamo in qualche arto senza però fargli alcun danno. Ci è successo di immergerci in acqua – ancora privi della possibilità di nuotare o camminare sul fondale – e non poter più saltare ed uscirne fuori, obbligandoci così a riavviare la partita dall’ultimo punto di salvataggio. In alcuni casi l’IA nemica tocca punti bassi, fronteggiandoci a bruciapelo ma rimanendo immobile per qualche secondo senza reattività. Piccole pecche insomma, che comunque non intaccano l’immersiva esperienza di gioco.
Rispondiamo alla domanda delle domande: Bloodstained è bello come Symphony of the Night? La risposta è Sì, se evitiamo troppi paragoni. Il gioco offre un comparto tecnico superbo – piccoli e rari difetti a parte – e si presenta con una mappa mastodontica, con tantissimi elementi ispirati o copiati dal suo predecessore spirituale. Forse il vero punto dolente è l’ovvio e continuo paragone con Castlevania e lo stesso Alucard, il cui fascino non viene raggiunto da Miriam nonostante anche quest’ultima sia di per sè un personaggio affascinante, specie per la sua natura e le possibilità magiche dei frammenti. Igarashi è comunque riuscito a creare un gran bel gioco, coinvolgente e di una certa lunghezza, con una buona dose di chicche nostalgiche per attirare fan vecchi e nuovi. A quelle già citate aggiungiamo la modalità di attacco ai boss suddivisa in due parti, ciascuna delle quali ci fa affrontare alcuni boss già incontrati nel gioco e che, come premio, ci potrebbe dare una moneta da usare in una location precisa per passare al gioco con grafica 8 o 16 bit, ricordandoci i bei tempi in cui – a suon di frusta – cacciavamo mostri e vampiri con Simon e Richter Belmont.
La trama del gioco è studiata alquanto bene, ma non raggiunge il piacere di dare la caccia al Conte Dracula, trasmettendo quel piacere di comandare un Belmont o un Alucard nell’ormai leggendario castello. Come già detto, Miriam è un personaggio ben riuscito e dotato di molte possibilità magiche, ma ancora un gradino in basso rispetto al misterioso e tormentato Alucard – che aspettiamo di rivedere presto in un nuovo capitolo. Nonostante questo, Bloodstained: Ritual of the Night è un gran titolo con una sua anima, ed è un ottimo punto di partenza per futuri sequel. Assieme allo spinoff Curse of the Moon, Ritual of the Night è un titolo imperdibile per i fan di Castlevania. Speriamo di rivedere nuovi capitoli della saga maestra, ma portando avanti anche questo nuovo Bloodstained, progetto ben riuscito e con margini di miglioramento per un futuro roseo quanto i Castlevania che furono.