Fanno i salti mortali, guidano in modo spericolato su ogni mezzo, prendono fuoco e naturalmente fanno da ombra agli attori principali. Stiamo parlando degli stuntman, le controfigure che svolgono le azioni più spericolate sui set cinematografici al posto degli attori.
Dopo Bullet Train, esperimento non proprio riuscito alla perfezione, David Leitch torna a dirigere sul grande schermo sfornando un prodotto che vuole essere una vera e propria lettera d’amore agli stuntman: “The Fall Guy“.
Il film, uscito recentemente nelle sale italiane e americane, mescola diversi generi quali azione, commedia e thriller e ha come obiettivo quello di dare il giusto riconoscimento a delle figure professionali che passano molto spesso, se non sempre, in secondo piano rispetto agli attori del film.
Tagliando corto, vi diciamo che l’esperimento di questo film secondo noi è perfettamente riuscito! The Fall Guy è una commedia-action che vi strapperà molto spesso grasse risate e vi darà anche qualche interessante spunto di riflessione sulla struttura dell’industria cinematografica.
Accenno alla trama (senza spoiler)
Colt (Ryan Gosling) è uno stuntman fiero e sicuro di sé, capace quasi di oscurare sul set la fama della sua controfigura relativa all’attore principale. Nella troupe cinematografica ci lavora anche Jody (Emily Blunt), assistente regia alla macchina da presa con il sogno di diventare una regista nota e affermata. I due sono complici affiatati sul set ma, un brutto incidente farà sì che la carriera di Colt debba interrompersi per un po’.
Dopo un periodo di tempo Jody sta riuscendo nella sua impresa di diventare regista e finalmente dirige il suo primo film. Casualità vuole che Colt è convinto a ritornare sul set del film della sua ex-amata ma quello che non sa è che, molto spesso, nel mondo dell’industria cinematografia l’inganno è sempre dietro l’angolo…
Metacinema Ironico
Senza dilugarci ulteriormente negli sviluppi della trama, passiamo alla considerazione di qualche aspetto che rende questo film un ottimo prodotto per il divertimento e, perché no, un po’ di sana riflessione.
Parlando di stuntman, questo film ha una forte componente metacinematografica. Il metacinema non è altro che il cinema che parla di se stesso, a volte elogiandosi e altre volte, come in questo caso, con un leggero e sano spirito di autocritica.
“Non esiste ad oggi una candidatura agli Oscar per i migliori stuntman”. Questa citazione, oltre ad essere ripresa con un forte senso di autoironia nel film, non è altro che la rappresentazione della realtà. Le controfigure ottengono raramente, se non praticamente mai, il giusto riconoscimento per il loro ruolo. Addirittura, la CGI ad oggi è usata per spostare la faccia dell’attore principale su quella dello stuntman. A pensarci bene questo aspetto meriterebbe una regolamentazione più rigorosa, per dare il giusto credito a tutte quelle figure professionali che rischiano letteralmente la vita ogni giorno per il loro lavoro!
Un altro aspetto illustrato in modo brillante ed ironico è legato all’industria cinematografica statunitense. Tuffiamoci ancora un pochino più a fondo nel film…
“Non solo Business…”
Se per il cinema europeo il regista è il padrone assoluto del suo film, questo non si può altrettanto dire del cinema americano. A meno che tu non sia un regista noto e affermato, di un certo calibro come Spielberg, Tarantino, ecc…, la figura del regista passa sempre in secondo piano rispetto a quella del produttore. Quest’ultimo non è altro che la figura che finanzia il film, raccogliendo i fondi, gestendo il budget e operando scelte tecniche e artistiche che vanno a intaccare praticamente su ogni parte del film, dalla sceneggiatura alla post-produzione.
Il grande inghippo deriva dal fatto che il lato artistico del regista andrà a essere messo da parte dal produttore, il più delle volte per scelte di Business. Se una storia non ha un lieto fine, modifichiamola; al pubblico non piace e non porta soldi! Se un film non è sceneggiato nei consueti 3 atti, al pubblico non piace e non porterà soldi, e così via…
Un circolo vizioso che farà sì che il regista non avrà quasi mai l’ultima parola sul suo prodotto. Un episodio di questo genere si è verificato per il film Snowpiercer del 2013 di Bong Joon-ho, quando il regista coreano non faceva altro che litigare con il prodotture americano per alcune imposizioni di scelte stilistiche. Se per il regista nel film doveva prevalere la componente drammatica e riflessiva, per il produttore americano il tutto doveva incentrarsi su scene di azione e sparatutto!
Tornando a The Fall Guy, siamo certi che questa battaglia velata fra produttore e regista saprà farvi ridere molto e riflettere!
In conclusione
The Fall Guy è un buon film? Per noi sicuramente sì!
Svolge alla perfezione il suo lavoro, vi intratterrà con spericolate scene di azione, gag esilaranti e validi spunti di riflessione. In conclusione, secondo voi la categoria dei migliori stuntman riuscirà un giorno ad arrivare agli Oscar? Noi lo speriamo davvero!
Recensione scritta da Ruben Zumpano
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