Someday You’ll Return è un gioco horror di uno studio molto piccolo con sede nella Repubblica Ceca, CBE Software, che ha debuttato lo scorso 5 Maggio. Come già molti prodotti hanno fatto in passato, il videogioco non nasconde una chiara intenzione di far tesoro dei risultati di altri esponenti dello stesso genere, proponendo contemporaneamente anche idee più personali. Tuttavia, per questo tipo di produzioni rimane comunque dietro l’angolo il pericolo di dare vita ad un “quadro” privo di personalità, non riuscendo ad allontanarsi più di tanto da sentieri assai abusati. Infatti, inizialmente può sembrare così dato che l’incipit della storia narrata potrebbe suscitare un senso di deja vu a causa di analogie con titoli anche recenti, ad esempio Blair Witch.
Una bambina è misteriosamente scomparsa all’interno di una foresta e il compito di ritrovarla ricade sul protagonista, in questo caso il padre della scomparsa. La storia prosegue lungo canovacci tipici del genere che risultano discretamente interessanti, anche se un po’ derivativi. Le vicende presentate sono accompagnate da altre “secondarie”, la cui scoperta è demandata ad una esplorazione dei luoghi più attenta e libera. La creazione stessa della foresta e dei suoi “abitanti” è ispirata ad ambienti reali, al folclore e alla letteratura della tradizione delle terre degli sviluppatori. Tutto questo è stato inserito, tenendo conto del genere di appartenenza del gioco, lasciando spazio anche a “jumpscare” non sempre usati con parsimonia.
A piccoli passi
Il videogioco può essere etichettato come un horror in prima persona con elementi survival, in cui l’esplorazione dei luoghi è funzionale al resto del gameplay. Per orientarsi nella fitta foresta, quando possibile, si potrà usare lo smartphone, dotato di un comodo navigatore GPS, oppure sarà necessario leggere i cartelli presenti in specifici punti. Infatti, la foresta presenta dei sentieri utilizzati per le escursioni, ognuno caratterizzato da indicazioni di colore diverso, anche se affianco a percorsi più rilassanti, non mancheranno luoghi più bui e meno accoglienti. Nonostante ciò, la possibilità di rimanere a volte spaesati senza sapere dove andare o cosa fare potrebbe presentarsi. Ad ogni modo l’esplorazione degli ambienti, oltre a essere necessaria per proseguire il gioco in certi casi, permetterà di trovare una serie di oggetti. Alcuni di quest’ultimi saranno dei meri collezionabili, ma altri, come ad esempio i documenti sopracitati, approfondiscono l’esperienza di gioco.
Alcuni elementi, riconducibili all’etichetta di crafting, arricchiscono la struttura di gioco, essendo chiamati in causa in alcuni punti della partita, dove dar sfogo alle proprie capacità di tuttofare o di erborista. Attraverso un set portatile di attrezzi, combinandoli e/o usandoli, si potrà costruire strumenti di vario genere, necessari a superare ostacoli che l’avventura pone davanti al giocatore. In maniera un po’ differente, servendosi di un kit per la creazione di pozioni, si mescoleranno varie erbe per ottenere degli intrugli particolari. Quest’ultimi, realizzati rigorosamente seguendo una ricetta da sbloccare, sfrutteranno “le risorse della foresta” per concedere abilità particolari al protagonista da usare al momento giusto. Infine, tutto ciò è condito da alcuni enigmi magari non immediati, ma che tuttavia risultano piacevoli e stimolanti.
Comparto tecnico
A quanto descritto, purtroppo si affiancano delle mancanze tecniche che risultano evidenti anche se più sporadiche di quanto si vociferasse prima del lancio. In effetti sembrerebbe che il supporto post lancio da parte degli sviluppatori abbia giovato in questo senso al loro prodotto. Ad ogni modo, sebbene l’hardware su cui farete girare il gioco rivesta un ruolo importante, regolare al meglio le opzioni grafiche può aiutare, anche se ciò comporta, ridurre l’impatto grafico del gioco. In effetti da un punto di vista estetico, gli scenari del gioco risultano ben realizzati anche se non ampi, ed alcuni sono supportati nella loro esplorazione da un più che discreto audio ambientale.
Cambio di personalità
Lasciando da parte per un momento l’analisi del videogioco, questo paragrafo tratterà di un evento recente riguardante però sempre Someday You’ll Return. In un periodo in cui siamo stati abituati al rilascio di espansioni post lancio per molti videogiochi, gli sviluppatori cechi di CBE Software hanno compiuto un’operazione antitetica, rimuovendo ore di contenuti dal loro prodotto appena rilasciato. Quindi il videogioco, che non era ancora stato “svezzato”, a meno di un mese dal suo rilascio si trova vittima di un’operazione che offre il fianco a ironici parallelismi con l’opera letteraria di Stephen King, Misery non deve morire. Tuttavia, a rivestire il ruolo interpretato da Kathy Bates nell’omonimo film, troviamo una parte dei primi acquirenti del gioco che avrebbero mosso delle critiche alla seconda metà dell’avventura, divisa in capitoli.
In particolare, alcune parti avrebbero avuto la colpa di “allungare il brodo” tramite l’uso di enigmi “criptici” e fasi stealth non proprio riuscite. Insomma, il videogioco sarebbe stato colpevole di presentare fasi dal ritmo più lento, prassi che tuttavia non risulta una novità in relazione al suo genere d’appartenenza. Ebbene sulla base di queste critiche, provenienti da quella che potenzialmente rimane una minoranza, forse abituata a giochi che spesso accompagnano troppo per mano il giocatore, gli sviluppatori hanno modificato il loro titolo. Il risultato di tale gesto è l’eliminazione di ore ed ore di lavoro, come dichiarato dagli stessi CBE Software, e l’imposizione del volere di una, ripeto, “minoranza” rumorosa ad una maggioranza futura che non è stata minimamente interrogata sulla questione.
Le alternative c’erano
Per carità ognuno è libero di esprimere la propria opinione, tuttavia bisognerebbe ricordarsi che tale pratica andrebbe svolta nel rispetto del pensiero altrui e della possibilità stessa di poter formulare una propria idea. È qui casca l’asino, infatti questo presupposto non solo è venuto meno, ma il responsabile di tale mancanza è l’autore stesso del prodotto. Si tratta di un precedente tutt’altro che positivo e che potrebbe anticipare prassi spiacevoli, come l’eliminazione improvvisa di elementi, magari precedentemente pubblicizzati, ma mal realizzati senza che publisher e/o sviluppatori se ne assumano pienamente la colpa. Eppure, sarebbe bastato veramente poco, optando per soluzioni simili a quella per “migliorare” le fasi stealth. Quest’ultima consiste nell’aggiunta di una pozione che rende il personaggio invisibile, consentendo più facilmente di superare queste sequenze. In maniera analoga si poteva differenziare in qualche modo la versione originale dalle nuove modifiche in modo tale che sia il giocatore a decidere in che modo affrontare il videogioco.
Conclusioni
Vien da se che la versione, analizzata in questo testo, sia quella successiva all’aggiornamento dei contenuti. Quindi, basandomi solamente su ciò che ho potuto provare, Someday You’ll Return si rivela un titolo che ha alcuni “debiti” con giochi dello stesso genere pur presentando una discreta quantità di personalità propria. La scelta di inserire meccaniche legate all’uso degli attrezzi e alla creazione di pozioni risulta apprezzabile, nonostante renda il ritmo di gioco più lento e pacato. Perciò, al netto di pro e contro, mi sento di consigliare questo gioco a chi abbia apprezzato videogiochi come Blair Witch e possieda una buona conoscenza dell’inglese data l’assenza di sottotitoli e doppiaggio in italiano.