La vendetta può portare qualcuno a mettere in pericolo la propria vita ed utilizzare qualsiasi mezzo pur di farsi giustizia da solo. E in Okinawa Rush, picchiaduro a scorrimento ambientato nel Giappone medievale, non poteva che essere così. Pixelheart porta nelle nostre case un titolo dal classico sapore arcade anni ’90. Gli anni in cui, in sala giochi, molti coin-op prevedevano l’utilizzo di uno – massimo due tasti – per realizzare tutte le mosse a disposizione del proprio personaggio, sfruttando non solo il tempismo ma anche la velocità con cui lo stesso pulsante veniva ripetuto consecutivamente, spesso per realizzare una qualche combo che mettesse a tappeto gli avversari. Inutile citare i soliti titoli in questione: i più grandi sanno di cosa parliamo, ed i più giovani avranno avuto modo di provarli oggi grazie a qualche bundle sulle console attuali.
Il solito beat’m up?
Benchè in quanto a gameplay Okinawa Rush offra un qualcosa di già visto, a livello di contenuti si spinge un po’ oltre offrendo – oltre all’immancabile modalità arcade in cui possiamo scegliere uno tra tre personaggi disponibili, e alla possibilità di giocare in co-op – una modalità Storia localizzata in Italiano, con tanto di cutscenes, nella quale affrontiamo uno ad uno i 5 stages (oltre al prologo che offre 3 brevi capitoli) nei quali dobbiamo affrontare un consistente numero di nemici tra cui ninja, samurai, demoni, pesci famelici ed altri avversari di svariata natura. Gli antagonisti appartengono al Black Mantis, un clan che sembra essere posseduto da una forza oscura della quale ne sapremo di più durante l’avventura. Dopo gli avvenimenti dei brevi capitoli giocabili nel Prologo, inizia la storia vera e propria. Alcuni guerrieri del Black Mantis entrano in casa del guerriero protagonista – momentaneamente assente perchè andato a pesca – e chiedono alla moglie di consegnare un prezioso oggetto che stanno cercando, minacciando lei e i due figli piccoli. Essendo il marito a possederlo e sapere dove si trova, la donna non è in grado di aiutarli. I ninja la uccidono e rapiscono i due bambini indifesi. Rientrato a casa, il protagonista trova la moglie esanime a terra, la stringe tra le sue braccia e si promette di vendicare e salvare i figli.
Il gioco ha inizio, ma non prima di un breve tutorial nel quale impariamo alcune mosse di base. Okinawa Rush offre un discreto numero di mosse – dai colpi singoli alle combo – da combinare nelle tante situazioni in cui ci vedremo circondati da tanti nemici e dovremo giocarcela su velocità di esecuzione ed efficacia delle mosse utilizzate. I nostri avversari appaiono spesso dal nulla – in pieno stile ninja – e ci affrontano con le arti marziali, lanciando shuriken dall’alto o inseguendoci sulle piattaforme in cui saltiamo noi. Se affrontati singolarmente, i nemici in grado di combatterci ad armi pari sono pochi, oltre ovviamente ai boss di fine livello. La loro forza si basa principalmente sull’attaccare in numero, talvolta anche di dieci o dodici nemici sullo schermo, posizionandosi su vari punti dello scenario per impedirci ogni via di fuga. In alcuni casi possiamo evitare gli scontri, più per non perdere tempo che per l’effettiva difficoltà degli stessi, ma a volte saremo costretti a combattere per poter aprire determinate porte come abbassare muri magici altrimenti insuperabili, attivare leve per aprire passaggi chiusi, distruggere i muri da cui esce aria per trovare corridoi segreti e passaggi di ritorno alla superficie ed altro ancora, aggiungendo quindi un sano tocco di metroidvania.
C’è qualcosa di RPG
Il team di Sokaikan si è dato da fare per non offrire soltanto un titolo visto e rivisto migliaia di volte che fosse presto dimenticato per un gameplay divertente ma piuttosto datato. A rendere Okinawa Rush diverso da altri titoli del genere è ciò che gli sta attorno. Non solo la storia, mostrata con ispirate cutscenes, di cui abbiamo già parlato. Il protagonista può essere allenato in diversi modi a nostra scelta per potenziare parametri come attacco e difesa, offrendoci svariati tipi di allenamento – sia nel nostro dojo che in mezzo alla natura – come un combattimento survival contro nemici numerosi e sempre più forti, migliorare il tempismo allenandosi con l’omino di legno girevole, praticare all’aria aperta uno tra diversi kata disponibili, e così via. In particolare sono piuttosto piacevoli ed apprezzate le modalità di allenamento. La difesa ci obbliga a parare nella giusta sequenza i paletti rotanti dell’omino di legno, il quale gira sempre più velocemente. Per potenziare l’attacco dobbiamo combattere in una classica modalità orda piena zeppa di nemici, mentre il Kata si è dimostrato a prima vista semplice ma in realtà ostico nel tempismo di premere il tasto giusto al momento giusto per prendere un voto più alto.
Talvolta dobbiamo recarci al negozio di un anziano commerciante per ricomprare gli strumenti per l’allenamento, sfruttando i soldi ottenuti tramite monete e trofei guadagnati nei combattimenti durante il gioco e quelli ottenuti come ricompensa di un buon allenamento. Possiamo anche comprare qualche souvenir per abbellire il nostro dojo. È importante insistere su determinati tipi di allenamento per potenziare i parametri più bassi, cercando di bilanciare il personaggio. Ad esempio, non serve a nulla avere una grande potenza di attacco se la difesa è bassa, cosa che ci porterà ad essere sconfitti con pochissimi colpi. Il gioco ci aiuta comunque molto con diverse vite a disposizione, la possibilità di continuare dall’ultimo checkpoint e la scelta del livello di difficoltà del livello da affrontare.
Il gameplay viene reso piuttosto vario anche dal set di mosse diverso per ogni personaggio, oltre che alcune armi da raccogliere qua e là in ogni livello per aumentare velocità e potenza d’attacco come spada, nunchaku e katana. Pur basandosi sul combattimento, che sia corpo a corpo o con le armi, il gameplay si presenta molto in salsa platform con piattaforme ed alberi su cui saltare, ponti da distruggere per procedere nelle caverne sottostanti, rocce sulle quali arrampicarsi. Sparsi per ogni livello troviamo molti abitanti da liberare, legati con una corda oppure chiusi in una gabbia o in una cella buia. Liberandoli, otteniamo dei bonus e miglioriamo il nostro grado di valutazione a fine livello, che svaria dai voti mediocri (all’inizio sarà altamente probabile ottenere qualche E o F) ai più classici A+ o S+ in caso di vera maestrìa nel gioco. Naturalmente gran parte dei prigionieri non sono lì per caso: non appena ci avviciniamo e premiamo il relativo tasto per liberarli, appaiono dal nulla diversi nemici che ci attaccano, nella più classica delle imboscate. I prigionieri non vengono mai feriti nè uccisi, quindi possiamo lasciarli lì un momento e combattere i nemici con tutta calma. Alle consuete imboscate si aggiungono alcune trappole ben visibili come spuntoni che si chiudono e riaprono a ritmo costante ed altri che spuntano improvvisamente dal terreno, presenti solitamente negli stretti passaggi del sottosuolo.
Una Rush di… considerazioni
Analizzandolo nel suo profondo, possiamo definire Okinawa Rush come un picchiaduro a scorrimento dal ritmo frenetico, in puro stile arcade, che ci porta a buttarci nella mischia di chissà quanti nemici nel tentativo di colpirli a più non posso sperando che non lo facciano anche loro. L’obiettivo principale del gioco, che è divertire senza pensare troppo, viene sicuramente centrato in pieno. Forse l’eccessiva frenesìa delle varie combo ci porta ad eseguirle in maniera piuttosto casuale senza pensare troppo alle possibili combinazioni, facendo perdere un po’ di strategia in favore del puro “colpisci a più non posso e poi scappa” che abbiamo usato spesso nei titoli del genere. Per fortuna ci sono nemici – e non parlo solo di boss fight – che non possono essere affrontati in modo casuale e frenetico, ma richiedono più calma ed un po’ di tattica. Alcuni sono molto più grossi di noi, con un colpo devastante da evitare assolutamente o con un’arma piuttosto potente, e sta a noi capirne i pattern d’attacco e schivarli per contrattaccare al momento giusto. Molto bella la boss fight sulla nave in cui affrontiamo non uno ma addirittura tre anziani maestri d’arti marziali, in una sfida che ci obbligherà ad usare la testa e sfruttare alcune tattiche platform per subìre il minor numero di danni da ciascun avversario, ed affrontare il terzo ed ultimo con una certa quantità d’energia vitale in corpo.
La modalità Storia è senz’altro piacevole, ma pecca di essere piuttosto breve. Oltre alle brevissime attività giocabili del prologo, i 5 livelli di gioco si rivelano essere un po’ pochini, benchè ognuno di questi sia strutturato abbastanza bene con un proseguimento lineare, il cui fine è raggiungere il boss di fine livello. Si discute un po’ la quantità ma non certo la qualità, anzi. Ad esempio, un livello offre nemici zombi e nella sua struttura ricorda il buon vecchio Kung Fu Master, con tanto di scale che portano al piano superiore e nemici che spuntano dal suolo per correrci incontro minacciosi. Chi scrive ritiene che, in titoli come questo, forse sarebbe meglio avere una sola modalità ma fatta davvero bene scegliendo, in questo caso, di avere soltanto la modalità Storia magari con 3-4 livelli in più, con due o tre personaggi tra cui scegliere e, perchè no, con qualche cutscene in più. Di qualità ce n’è davvero tanta quindi, manca forse un po’ di quantità nella modalità più interessante per lasciare posto ad una modalità arcade che, almeno per il sottoscritto, non era così essenziale da mettere. Aggiungo che il Prologo, breve ma comunque apprezzato, sarebbe potuto essere un’ottima aggiunta se solo avesse avuto almeno un sottocapitolo più lungo di quanto non lo siano i tre presenti. Questi offrono qualche incipit alla storia e ci introducono ai comandi di gioco, ma affrontare orde di nemici senza alcun incentivo nell’impegnarci (tanto moriremo per forza) o entrare in una caverna per raccogliere funghi non è il massimo che avremmo sperato. Il sogno è forse il più interessante perchè, nonostante l’inevitabile sconfitta che permette di continuare il prologo stesso, avrebbe potuto avere una struttura simile ad un livello con piattaforme, nemici, prigionieri da liberare, trappole, porte da aprire ed altro ancora, portandoci infine alla sfida contro l’orda in cui a livello di trama è prevista la sconfitta.
Okinawa Rush ci esalta quindi con un gameplay frenetico e divertente, ma pecca un po’ sulla longevità a causa del basso numero di livelli di gioco. C’è anche da dire che alcuni andranno matti per una modalità arcade in cui possiamo scegliere uno tra tre personaggi disponibili, ciascuno col proprio set di mosse e combo, che permette di rigiocarlo più volte in modo differente. Le considerazioni riguardo la scarsa longevità si riferiscono più alla modalità Storia che, come detto, è la preferita di chi scrive e avrebbe potuto offrire più livelli. C’è però la chicca di finali diversi a seconda dei gradi ottenuti durante i livelli stessi, che ci invoglia a rigiocarlo per migliorarci e vedere un finale migliore. Che dire, sono punti di vista, ma possiamo dire che rigiocarlo non sarà mai noioso, proprio grazie al caos nell’affrontare tanti nemici e ad un gameplay che punta molto sull’azione e raramente sul fermarsi a ragionare. È un gioco da provare se avete tempo e voglia di rigiocarlo più volte, cosa che non mancherà agli appassionati del genere. Carina e commovente la storia di per sè, ma non il punto forte del prodotto. Se invece sperate in un titolo molto lungo e difficile da finire, cercate altrove.