Quando vediamo Extraction, possiamo tranquillamente dire che la saga di Rainbow Six sta prendendo una direzione sorprendente visto il suo pedigree molto semplice: tuttavia, non commettere errori, la serie conserva bene il suo DNA pur optando per un approccio soprannaturale rischioso. Si tratta di una svolta di successo per il franchise?
Rainbow Six è una saga che ormai ha un gigantesco bagaglio nel panorama videoludico. Parliamo ancora di un primo gioco uscito nel 1998 su PC, direttamente ispirato all’omonimo romanzo di un certo Tom Clancy, e che oggi conta una dozzina di giochi al suo attivo. L’ultimo, di cui parliamo oggi, è destinato ad essere intrigante: gli Archei hanno designato la terra come il loro prossimo obbiettivo e va notato che si tratta di alieni piuttosto aggressivi e non simpatici. Basti pensare che ci stiamo volutamente allontanando dagli universi molto realistici delle opere precedenti, di cui Siege è sicuramente l’episodio con il maggior successo.
Se è vero che questo ha segnato un’intera generazione e che continua ad essere molto attivo grazie alla sua componente multiplayer, più che essenziale, state tranquilli: Extraction vuole trasportare quel gameplay in un mondo zombie giocabile in collaborazione (fino a tre giocatori online) , che va anche molto di moda ormai da molti anni. Tanto che alcuni bolleranno il titolo come una modalità bonus di Siege venduta a parte: potrebbe esserci un po’ di verità in questa idea, sì, ma è chiaro che l’esperienza offre soluzioni solide e uniche a suo favore.
La grande quarantena
Di fronte all’invasione aliena, totalmente inaspettata dall’umanità, il Nord America si ritrova impreparato. Alcuni hotspot vengono presi d’assalto e completamente dominati dagli Archei: di fronte all’ignoto, l’organizzazione REACT invia quindi i suoi migliori soldati appartenenti a vari gruppi di intervento nel mondo. Il loro obiettivo? Infiltrarsi nel territorio nemico per recuperare informazioni, con l’obiettivo di saperne di più su questa avversità.
Una buona scusa per offrire una pletora di missioni in quattro luoghi diversi – New York, San Francisco, Alaska e Truth or Consequences (nel New Mexico) – a loro volta divise in tre mappe separate per un totale di dodici mappe. Ci avventureremo quindi in una stazione di polizia, sull’isola della Statua della Libertà, in una stazione di ricerca spaziale o in un lugubre motel con, ogni volta, tre obiettivi da raggiungere, dati casualmente da una lista di tredici.
Dal punto A al punto B
Tra questi ci sono obiettivi offensivi: distruggere i nidi nemici, eliminare un alieno d’élite, catturare un esemplare specifico, ecc. – o difensivo, come la difesa di cariche esplosive o il mantenimento di posizioni durante la scansione dell’area. Altri si basano principalmente sull’infiltrazione pura e dura. La realtà è che Extraction è un gioco che ha solo uno scarso filo conduttore della trama: è progettato in modo da concatenare le missioni e, grazie alla sua casualità, nessuna di esse dovrebbe apprezzarsi allo stesso modo.
In effetti, in realtà funziona piuttosto bene e grazie a un sistema preciso che ora vi spiego. Ogni mappa è composta da tre sottozone con un obiettivo da raggiungere per ognuna. Quando avvii una partita, inizierete in una delle sottozone senza sapere quale; allo stesso modo, ogni volta esistono più punti di partenza. Anche i nemici e gli obiettivi vengono collocati in nuove posizioni. Fin dall’inizio si instaura un certo disorientamento volontario, che permette di vedere una mappa in modo diverso, anche se l’abbiamo percorsa poco prima. Una volta completato un obiettivo, potete andare al SAS, situato in un punto specifico, e passare alla sottozona successiva per completare la missione successiva, per un totale di tre casuali.
Lo scopo finale? Completate tutti e tre gli obiettivi prima di andare al punto di estrazione e terminare la partita. Inutile dire che il compito è difficile e, in qualsiasi momento, potete decidere di tirarvi fuori se pensate che la situazione vi stia sfuggendo di mano, anche se non siete riusciti a raggiungere alcun obiettivo. Ovviamente, più andate avanti, più nemici uccidete, più HP (“punti vita)” avrete alla fine della missione e più alto sarà il vostro punteggio di gioco… per più punti esperienza guadagnati. Ma se fallite e “morite”, otterrete solo una parte degli XP e peggio, perderete il vostro Agente (il vostro personaggio), diventando inutilizzabile.
Recuperare un agente caduto è semplice e allo stesso tempo molto rischioso: dovete tornare in campo per rimpatriarlo. Protetto in un bozzolo disegnato da REACT ma intrappolato in un albero alieno, dovrete districarlo dalle grinfie nemiche e portarlo al punto di estrazione: tornerà ad essere giocabile una volta riportato all’ovile e dopo aver recuperato abbastanza HP. Lo stesso vale per gli altri agenti: se finite una missione avendo perso un po’ di vita, il vostro personaggio sarà ferito e quindi ingiocabile mentre si riprenderà. Per curare i vostri personaggi in stand-by, dovrete svolgere altre missioni con altri operatori e, maggiore è il vostro punteggio di gioco, più velocemente i vostri agenti si rimetteranno in piedi.
Muscoli, Cervello e Accessori
Rainbow Six Extraction ha quindi una moltitudine di meccaniche molto precise, dove nulla è lasciato al caso. All’inizio un po’ confusi, i meccanismi vengono gradualmente assimilati e rivelano un’esperienza diabolicamente intelligente, sia nel design generale che nel gameplay o nell’architettura dei suoi livelli. Avvisiamo inoltre che si tratta di un gioco decisamente difficile, tutt’altro che di facile accesso, soprattutto se non ci si mette la testa giusta. L’inizio dell’avventura (che si limita a New York e alle sue tre mappe per i primi tre livelli di XP, oltre alle prime due modalità di difficoltà) generalmente chiama all’ordine: perché ci dovrà essere una vera prudenza e rigore nelle vostre mosse, ma anche perché i vostri agenti non saranno ben evoluti.
Più giocate con un operatore, più alti saranno i vostri punteggi di gioco con lui e più velocemente lo farete livellare, 10 è livello massimo. Ad ogni livello sbloccherete nuovi vantaggi per lui e solo per lui: può essere un’armatura più resistente o una velocità leggermente aumentata, ma anche nuove armi o abilità uniche migliorate. Quindi, va da sé che diventerete sempre più preparati alle avversità nel corso delle ore di gioco. Come in Siege, ogni agente ha abilità uniche: provengono tutti dal capitolo del 2015 come Alibi e la sua esca, Vigil e la sua capacità di rendersi invisibile, Pulse e la sua scansione che rileva nidi e grandi nemici o Sledge e il suo famoso martello distruttivo. Diciotto personaggi compongono un cast francamente omogeneo, da sbloccare gradualmente. Tuttavia, siamo davvero dispiaciuti che non ci sia un nuovo operatore.
Cooperativa a tre
L’idea è ovviamente quella di poter offrire una cooperazione intelligente a tre giocatori, tra i migliori titoli del suo genere. Diciamolo subito: è possibile giocare a Rainbow Six Extraction da soli e inoltre gli obiettivi si adattano al numero di giocatori (una sola persona avrà ad esempio un solo settore da difendere, a differenza di due settori per due persone, e il lo stesso per tre). Tuttavia, è con gli amici che il titolo sfrutta tutto il suo potenziale: molto impegnativo, ma basato su un level design intelligente e un gameplay ragionato, le possibilità sono francamente numerose per raggiungere i vari obiettivi.
Tanto che arrivare alla fine di determinati obiettivi, portare a termine un’intera missione sul filo del rasoio o superare una partita alla difficoltà maggiore, sia un piacere difficile da descrivere. È soprattutto attraverso la perseveranza e l’apprendimento che gradualmente si riesce a padroneggiare tutte le idee: condividerle con un amico (il gioco è completamente fattibile e divertente in due) o due è una vera piccola felicità. Sentiamo fortemente l’anima di Siege, facendo molto affidamento su questa specifica componente per sconfiggere la squadra avversaria, che ancora una volta si rivela molto efficace anche contro nemici alieni.
I mostri arrivano in una dozzina di tipologie, dal soldato standard che attacca in mischia a quello che esplode, passando per il colosso con un punto debole ben nascosto (spoiler: dietro la schiena) oppure una tipologia che si scioglie nel terreno per riapparire meglio dietro di voi. Ognuno avrà la sua tecnica di attacco e, naturalmente, verranno scoperti dei suggerimenti per batterli nel modo più efficace possibile. Nel complesso, questi mostri non sono poi così originali, ma si dimostrano ben congegnati, molto efficaci e costituiscono delle vere e proprie minacce da prendere sul serio. Da notare anche la rara presenza del Prothean, che funge un po’ da boss e che spicca come obiettivo di missione a sé stante: i giocatori si ritroveranno teletrasportati su una mappa laterale con il solo scopo di uccidere il grande avversario, duro e persino equipaggiato di armi da fuoco. Una lotta lunga e francamente tesa se non la si fa bene.
Il “dolce sparar”
Dal lato del gameplay, Extraction sa come comportarsi. C’è da dire che Ubisoft è supportata dalla sua formidabile esperienza nella saga di Rainbow Six, che ha sicuramente raggiunto il suo apice con Siege. Molti elementi si ripetono qui: potete inclinare la vostra arma a sinistra o a destra per guadagnare furtività, potete sparare attraverso molte superfici per prendere i vostri nemici alle spalle, mentre potete barricare determinate finestre e ingressi per proteggere strategicamente i punti d’interesse. Tutto questo ovviamente va di pari passo con un preciso level design, a volte contorto, ma mai azzardato (e questa è la cosa principale).
Soprattutto, il gameplay assume una nuova dimensione man mano che si sale di livello. Oltre a quelli corrispondenti agli agenti, esiste un livello generale che dà accesso a una miriade di cose: nuovi postazioni e nuovi agenti, ma anche punti REACT da spendere nel menu dedicato. Si tratta di acquistare accessori vari e che possono davvero fare la differenza una volta in gioco: granate stordenti, siringhe per la rianimazione, pezzi di armatura, droni da ricognizione, fumogeni, mine e così via. Ogni cosa ha il suo uso quando sapete come utilizzarla; soprattutto, il set può essere estremamente efficace se associato all’equipaggiamento di altri giocatori. Se formate una squadra con talenti complementari e sapete come comunicare, allora potete affermare di apprezzare davvero Extraction e la sua profondità.
Piccola nota negativa, invece, per quanto riguarda l’arsenale puro e duro: ogni Agente dispone di una piccolissima manciata di armi (da sbloccare gradualmente), che avremmo voluto più corpose e soprattutto più personalizzabili. Possiamo equipaggiare un silenziatore, un mirino olografico o reflex, oltre a un’impugnatura verticale e altri, ma la scelta è molto limitata e varia solo troppo poco. Ci ritroviamo quindi rapidamente a girare per le mappe con le solite armi, davvero un peccato per un FPS del genere.
La guerra delle cento ore
Potreste averlo capito, ma Rainbow Six Extraction è un gioco che si basa essenzialmente sulla rigiocabilità. Se sblocchiamo sempre più contenuti man mano che saliamo di livello, l’interesse è soprattutto quello di rifare determinate mappe ancora e ancora, idealmente in una nuova difficoltà (sono quattro in totale). Per ognuna di queste sono da guadagnare più punti XP con ovviamente più pericoli: ad esempio, la densità e la diversità dei nemici (e la loro nocività) saranno maggiori nelle difficoltà elevate.
Allo stesso modo, possono essere introdotte alcune variazioni casuali: spore acide attaccate ai nemici in un caso; in un altro, i nidi (che depongono nemici e che devono essere rapidamente distrutti) saranno protetti da una membrana, impossibile da far esplodere con le armi da fuoco. Allo stesso modo, la solita sostanza nera e appiccicosa che rallenta i vostri passi che ma accelera quelli dei nemici in questo caso può essere dannosa se calpestata. Se riuscite a farvi estrarre dopo aver superato una delle varianti, recupererete ancora più punti XP. Più rischiate, più ricompense otterrete: tutto ha un senso e la sfida è reale.
Un giorno senza fine
Il gioco vuole quindi ridurre al minimo la ripetitività grazie al suo sistema casuale di obiettivi e nemici: funziona, anche se avremmo voluto ancora più missioni e mappe diverse (cose sicuramente riservate ai possessori del Season Pass). Piccoli obiettivi opzionali sono anche da raggiungere, per guadagnare ancora più XP, spingendo a scoprire alcune piccole cose nuove. Difficile dare una durata precisa ad Extraction visto il suo stesso principio, spingendo a rifare i livelli ancora e ancora per sbloccare nuovi agenti, nuovi strumenti, nuove skin in modo da padroneggiare il tutto.
Contate tra le quindici e le venti ore per raggiungere il livello 17 (ce ne sono una trentina in totale) e sbloccare tutte le carte, oltre al Protocollo Maelstrom, considerato il contenuto di fine gioco che presente una selezione di operatori (rinnovata dopo pochi giorni), con difficoltà crescenti e risorse via via decrescenti. L’interesse è ovviamente quello di avere in palio un massimo di XP e cosmetici: una vera sfida, abbastanza hardcore, riservata ai più temerari.
Ma se parliamo ufficialmente di contenuti “endgame” significa, per definizione, che questa modalità si svolge dopo la fine del gioco, proprio qui sta il problema, perché Extraction non ha fine di per sé, e nemmeno una storia da seguire gradualmente: sblocchiamo alcuni brevissimi filmati per introdurre le nuove ambientazioni, ma… questo è tutto. A dire il vero, è francamente un peccato per un titolo PvE (giocatori contro NPC, quindi) che ha tutto l’interesse a proporre un’avventura cooperativa: soprattutto si ha la sensazione di navigare qua e là, da un livello all’altro senza importanza o obbligo, ma anche senza una precisa via diversa da quella approssimativamente guidata dai livelli di XP. Non c’è un boss specifico, nessuna storia da seguire e l’unica informazione sul contesto è quella da leggere nei menu! Se il gioco di Ubisoft avesse optato per introdurre per avere una messa in scena ed una storia davvero di spessore così da avere la sensazione di andare avanti in un universo logico e legittimare l’intera faccenda sarebbe stata molto, molto apprezzata.
Non rivoluzionario ma piacevole
Infine, una rapida occhiata al comparto tecnico e artistico, che è ovviamente importante per un gioco nel suo genere: non abbiamo molto da dire su Rainbow Six Extraction, che generalmente è riuscito su queste specifiche sfaccettature. L’atmosfera visiva e sonora è da sottolineare: framerate stabile a 60FPS, texture dettagliate e un’atmosfera di illuminazione realizzata consentono di apprezzare questa invasione aliena. La direzione artistica è ben pensata ed è supportata da un altrettanto nitido sound design: che siano i passi più o meno “appiccicosi”, gli effetti sonori viscosi o la musica di sottofondo a volte ansiosa, a volte stimolante, il ritmo è ben tenuto e si adatta tanto all’infiltrazione quanto alle grosse sparatorie.
Inoltre, possiamo solo consigliare di giocare con le cuffie o con un buon sistema 5.1, in quanto il suono e la sua spazializzazione sono così importanti: è fondamentale riuscire a orientarsi nell’ambiente, il gioco non fa nessun regalo al minimo passo falso (con qualche colpo nemico siete a terra: la vita non si autorigenera!). Se non siete così fortunati, sono presenti notifiche visive discrete e leggibili per guidarvi e avvisarvi dei suoni circostanti, nonché della loro natura. Inoltre, cogliamo l’occasione per segnalare una piccola imperfezione, che riguarda la riproduzione dei suoni delle armi che non abbiamo trovato all’altezza: troppo leggeri, non abbastanza impattanti.
Le sensazioni fortunatamente sono ben gestite su PS5 con il supporto dei trigger adattivi del controller DualSense, rafforzando notevolmente l’immersione. Insomma, Extraction è sicuramente una delle ottime sorprese di questo inizio anno, permettendo di interferire in un universo a salsa zombie con tutta la finezza e l’intelligenza della saga di Rainbow Six. Sa distinguersi con dignità e legittimamente da certi competitor del momento, come il buon Back 4 Blood.
Il più grande punto di forza di Extraction è senza dubbio quello di riuscire a mescolare brillantemente due universi nettamente diversi: da un lato, l’aspetto militare ultra calcolatore della saga di Rainbow Six e, dall’altro, l’instancabile moda degli infetti (o zombie) che ha attaccato il nostro hobby preferito per anni. E se qualcuno è stanco di affrontare ancora e ancora dei non morti, il titolo di Ubisoft permette di rinfrescare in modo intelligente la formula preservando il DNA della sua serie: è un titolo decisamente intelligente che richiede riflessione, assimilazione e adattamento per scoprirne il vero cuore. Più che mai, l’aiuto reciproco e la moltitudine di accessori consentono numerose possibilità, risultando un cocktail apprezzabile per chi ama i giochi cooperativi intensi e ponderati.