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La Llorona: Le lacrime del male – Recensione

a cura di Marco Liberati 17 Aprile 2019
a cura di Marco Liberati 17 Aprile 2019
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1,8K

Nella giornata del 15 Aprile abbiamo assistito all’anteprima di La Llorona–Le lacrime del male, pellicola prodotta dalla New Line Cinema e da James Wan. Il film horror porta sui grandi schermi l’iconica figura leggendaria della Llorona, spirito maligno appartenente alla tradizione latinoamericana. Il prodotto finale nasce dall’esordio alla regia di Michael Chaves, filmmaker del pluripremiato cortometraggio The Maiden, e sarà distribuito nelle sale italiane il 17 Aprile da Warner Bros Pictures.

Trama

Le vicende si svolgono nel 1973 a Los Angeles. Il film narra della storia di Anna Tate, un assistente sociale e madre vedova occupata a trovare l’equilibro tra i due ruoli, conciliandoli con il dolore per la perdita di suo marito. La nostra protagonista, scettica e disillusa, opera al servizio di una città in cui fede e religione sono molto sentite, rimanendo un pesce fuor d’acqua. Così, quando in una visita a casa di Patricia Alvarez trova i suoi due figli rinchiusi in un armadio, forte della sua razionalità interpreta l’accaduto come un pericolo per i ragazzi. Naturalmente, Anna non ha idea di cosa in realtà stia accadendo. Perciò la decisione di mandare Patricia in cura psichiatrica e i bambini in custodia protettiva sarà solo l’inizio di un’odissea nel soprannaturale.

Quando i cadaveri dei due fratelli vengono tirati fuori da un fiume, la madre sconvolta attribuisce la colpa ad Anna, e le lascia un avvertimento misterioso: la Llorona ha preso i suoi figli, ma quelli della protagonista potrebbero essere i prossimi. Quando cala l’oscurità, e i suoi figli sentono i gemiti agghiaccianti della donna in lacrime, Anna è costretta ad accettare la realtà delle minacce di Patricia. Questo spirito leggendario sta dando la caccia ai bambini nella moderna Los Angeles, e i suoi figli ora sono i prossimi. Disperata, la protagonista ripone la sua fiducia in Rafael Olvera, un ex prete trasformato in curandero, ossia figura che opera tra i due mondi.

LA LLORONA

Prima dell’invenzione del cinema e della nascita degli horror, l’espressione universale della paura era affidata a miti e leggende, tramandate dai racconti popolari. Tra le tante figure, appartenenti a tale universo, pochi hanno conservato il loro fascino come La Llorona. Molte generazioni hanno tramandato la figura dello spettro, e proprio questo retaggio è l’input del prodotto che il regista Michael Chaves presenterà al suo pubblico. Una madre, tradita dal marito, decide di vendicarsi annegando i loro figli, ma vinta dal rimorso e dal dolore, si uccide nello stesso fiume. Per penitenza dei suoi peccati, lo spirito sotto la forma di donna piangente è condannato a popolare fiumi e corsi d’acqua alla ricerca di bambini che possano sostituire i suoi.

Come si può immaginare, la Llorona è l’anima della produzione, e la scelta dell’attrice è stata fondamentale. Essa ha preso vita grazie alla performance della Ramirez, supportata dalla collaborazione tra più elementi finalizzati alla realizzazione del mostro sullo schermo. In particolare, sono stati fondamentali gli effetti speciali e le numerose sessioni di trucco e d’acconciatura a cui l’attrice si è sottoposta. Di contro, sebbene il lavoro svolto sia comunque ottimo, è da segnalare che la pellicola fa un largo uso, per certi versi addirittura eccessivo, di jumpscare. Questo di per sé non risulta un vero difetto, ma alla lunga può smorzare la tensione delle scene e rovinare un’atmosfera sapientemente costruita.

Grandi elementi del tutto

Il cast del film vede Linda Cardellini, Raymond Cruz, Patricia Velasquez, Marisol Ramirez, Sean Patrick Thomas, Jaynee-Lynne Kinchen e l’esordiente Roman Christou. Tutti gli elementi hanno dato vita ad una performance convincente, anche se non si spingono oltre. La sceneggiatura del film, nata dalle penne di Mikki Daughtry e Tobias Iaconis, è tutt’altro che originale e fa uso di trame già ampiamente utilizzate. Anche le musiche del compositore Joseph Bishara, sebbene ben realizzate, non decollano pienamente, rimanendo sullo sfondo.

Un grande plauso va all’esordiente Michael Chaves e a Micheal Burgess in veste di direttore della fotografia. Il lavoro dei due ha lasciato il segno nella regia e nella costruzione della scena, giocando con alcuni elementi visivi in maniera eccellente. Sicuramente non rimarranno inosservati i giochi di luce ed ombra, o l’assenza d’illuminazione dell’ambiente principale del film, la casa di Anna e dei suoi figli. Ciò si è tradotto in una location creata su misura per il film di cui doveva essere ambientazione. Infine, per la creazione degli ambienti e dei personaggi, – soprattutto per il curandero – è stato condotto un largo studio basato su riviste, fotografie dell’epoca, racconti popolari, testimonianze della comunità sudamericana della città, e su film ambientati nella Los Angeles dei primi anni ’70.

Conclusione

Tirando le somme, il prodotto finale riesce nel complesso ad essere quantomeno discreto, vittima di un panorama del genere d’appartenenza fin troppo saturo. Ad ogni modo, nelle sale cinematografiche e sulle televisioni successivamente, arriverà una pellicola che, nonostante i suoi difetti, saprà accontentare sicuramente il suo pubblico di riferimento.

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Marco Liberati

Mi chiamo Marco Liberati, sono uno studente d’Ingegneria Informatica. Ho coltivato un profondo interesse verso i videogiochi sin da bambino. Nato come pc gamer, cresciuto nella “generazione playstation” (ps1-ps2-ps3) e ora tornato alle origini, assemblando, coadiuvato da un tecnico, il mio primo pc.

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