Alcuni titoli del panorama Indie si ispirano a miti e leggende tramandate da secoli, solitamente tipiche dei paesi nordici. Infuse Studio ci presenta un titolo ispirato ad esse, in cui impersoniamo una volpe rossa alle prese con un lungo viaggio nelle fredde terre dell’Islanda, tra antiche rovine di castelli dimenticati ed immense e verdi praterie, aggiungendo alcuni enigmi tipici dei puzzle-adventure in chiave magico-mitologica. Ne esce un titolo appartenente ad un genere molto particolare in cui spiccano comparto tecnico ed atmosfera offerta, ma la nostra analisi ci permetterà di capire se potrebbe piacere anche ad un pubblico più vasto.
Il viaggio
La volpe protagonista intraprende un lungo viaggio nelle terre innevate dell’Islanda. Nelle prime fasi di gioco non facciamo altro che camminare e goderci il panorama, osservando in cielo una misteriosa e luminosa scia rossa della quale non conosciamo la natura. Finiremo presto per addentrarci in caverne col suolo in gran parte ghiacciato, in cui dovremo scivolare per raggiungere la fine del livello, quando incontreremo lo spirito di una volpe femmina che ci indicherà il cammino da intraprendere per quello che sarà il vero e proprio viaggio.
Fin dalle prime fasi di gameplay, Infuse Studio ci fa capire chiaramente in che modo sarà impostato il gioco. Sostanzialmente possiamo parlare di walking simulator poiché, per gran parte dell’avventura, camminare e correre sarà la cosa che faremo più di ogni altra assieme ad alcune fasi platform – più rare rispetto al resto – in cui dovremo ricorrere anche al salto. Mettiamo subito in chiaro una cosa: in questo gioco non si muore mai e non ci sono nemici, mentre troveremo qualche enigma da risolvere la cui difficoltà si intensificherà man mano che proseguiremo nel gioco. Da qui parte il mio primo giudizio: si tratta di un gioco puramente esplorativo in cui principalmente dovremo goderci la bellezza degli scenari, i raggi del freddo Sole nordico che illuminano le immense praterie e le colline nei dintorni, e l’interesse per le antiche e secolari rovine dei castelli islandesi ormai parzialmente coperti dal terreno e da altri elementi della natura che se n’è parzialmente impossessata col passare degli anni.
Furbi come una volpe
Un elemento di varietà è rappresentato dai puzzle, presenti in ogni area e che vanno risolti per poter proseguire. Come già detto, la difficoltà dei puzzle aumenta con l’avanzare del gioco, ma rispetta sempre uno schema abbastanza preciso. In alcuni punti di ogni area troveremo dei fiori azzurri sopra i quali, col guaiolare della volpe tramire un apposito tasto, infonderemo nell’animale protagonista la loro aurea magica, distinguibile da alcune strisce fosforescenti che appariranno sul pelo della volpe stessa. A questo punto, dovremo trovare alcuni totem sparsi nell’area di gioco e passar loro la magia in noi infusa, illuminando d’azzurro le antiche scritte incise in essi. In queste situazioni, la telecamera ci mostrerà l’aprirsi di una nuova strada: solitamente una roccia che si frantuma aprendoci un passaggio, alcuni muri che si alzano o si abbassano per farci passare, o alcuni tronchi d’albero che cadranno creando un ponte tra noi ed un punto rialzato dapprima irraggiungibile.
Visti gli spazi aperti molto ampi, la vera difficoltà starà nel trovare i fiori azzurri ed i totem da attivare: mentre i primi possiedono una fonte d’illuminazione autonoma e risaltano all’occhio anche da lontano, a volte i totem saranno poco illuminati o mimetizzati nell’ambiente circostante e non sempre ci sarà facile trovarli, il che vi farà addirittura passare a pochi metri di distanza da essi senza che vi accorgiate della loro presenza. Questo ci ha fatto perdere un bel po’ di tempo nella fase di ricerca, talvolta credendo apparentemente di esserci bloccati e di non riuscire a risolvere l’enigma, ma è stato sufficiente girare e guardarci attorno con più attenzione per trovare passaggi nascosti – o gli stessi totem che ci erano sfuggiti la prima volta.
Ai totem da accendere si aggiungono quelli che potrebbero essere considerati nemici, ma che è più giusto identificare come ostacoli viventi. Si tratta di enormi bozzoli color rosso – indubbiamente vivi poichè, osservandoli da vicino, è chiaro che respirano – solitamente circondati da radici che ci ostacolano il cammino e che dovremo distruggere per aprirci un passaggio lì di fronte o in un punto a noi vicino. Per eliminarli è necessario infondersi maggiormente di luce – cosa possibile davanti alcuni totem che avremo completato – e, una volta vicini ai bozzoli, a schermo ci verrà indicato di tener premuto un pulsante del pad per distruggerli: la volpe accumulerà tutta la luce che avrà a disposizione, per poi premere una seconda volta il pulsante e farla esplodere attorno ad essa, distruggendo bozzoli e radici che ci impedivano di passare.
Vi sono altre tipologie di enigmi: in alcuni posti abbastanza nascosti troveremo un bastone, dalla forma simile ad uno scettro, che dovremo riportare ai defunti proprietari – apparentemente dei monaci – che giaciono solitamente in punti oscuri nelle caverne o su alcune rocce ben nascoste. Una volta posato il bastone accanto ai resti del defunto, il suo spirito si libererà magicamente, unendo le mani in segno di ringraziamento. Comparirà poi un’immagine simbolica in basso a destra, indicandoci quante anime avremo liberato riportando loro il bastone. Apparentemente si tratta di una tipologia di enigma del tutto facoltativa, salvo alcuni rari casi in cui sarà l’anima stessa del defunto ad aprirci il nuovo cammino da seguire. In altri posti dovremo attivare un totem per far apparire alcuni vortici magici che ci lanceranno in alto come una fionda, permettendoci di raggiungere altezze proibitive con un semplice salto.
Ma la volpe può anche contare su alcuni poteri che acquisiamo nel gioco. Oltre alla corsa ed al salto, disponibili fin da subito, otterremo anche un potere di spinta – autoricaricabile in pochissimi secondi – attuabile anche in aria, indispensabile per raggiungere piattaforme altrimenti irraggiungibili. Ma soprattutto, verso metà gioco avremo la possibilità di separare il nostro spirito dal corpo per una decina di secondi o poco più, il tempo necessario per superare ostacoli insuperabili dal corpo stesso della volpe ed attivare un totem che ci apra il cammino, rientrando nel nostro corpo e potendo finalmente procedere. La separazione dello spirito dal corpo della volpe, per quanto limitata a pochi secondi, è senz’altro il potere più interessante offerto dal titolo ed è indispensabile non fare errori o sbagliare strada per non dover rientrare nel corpo e ritentare troppe volte di raggiungere il totem in questione, perdendo tempo inutilmente.
Dopo aver recensito The First Tree, avevamo una certa idea di cosa aspettarci da questo gioco. In diversi momenti ci è sembrato di essere di fronte alla terra di Skyrim, grazie all’atmosfera ben ricreata di queste terre nordiche desolate e piene di rovine, con ambienti all’aperto in cui non c’è bisogno di sentire sulla propria pelle il timido calore del sole per capire che si tratta di ambienti freddissimi. Per essere un indie presenta un’atmosfera ed un comparto tecnico di ottima fattura, anche superiori al già citato The First Tree. A livello tecnico, gli elementi di maggior spicco sono senz’altro la grafica e l’animazione degli elementi di gioco, primi tra tutti l’animazione della volpe protagonista e di altri elementi come l’erba del prato, che ondeggia al vento in modo del tutto naturale, o gli specchi d’acqua di fiumi e laghi che offrono un’animazione molto realistica dell’acqua – ed un effetto riflessione davvero credibile. A grafica ed animazioni aggiungiamo la non indifferente colonna sonora, con una forte presenza del pianoforte ed alcune tracce accompagnate da un violino, che trasmettono una sensazione di tranquillità perfetta per quanto offre il gioco.
Qualcosa da migliorare
Qualche appunto va fatto sulla gestione delle collisioni tra volpe ed elementi dello scenario. All’inizio del gioco notiamo che i solchi lasciati sulla neve dal nostro passaggio sono prerenderizzati e compaiono a scatti davanti alla volpe, un effetto dall’idea giusta ma che poteva senz’altro essere realizzato meglio. Ci è successo troppo spesso di prendere la rincorsa su rocce mobili ma, mentre stavamo per saltare, la volpe sbatteva misteriosamente contro il nulla, girandosi su sè stessa o effettuando il salto dopo essersi fermata, cadendo dalla piattaforma ed obbligandoci a tornare indietro per risalirci e tentare nuovamente. La stessa cosa è successa salendo alcune scalinate di pietra, con la volpe che ad ogni tentativo sembrava sbattere su un preciso scalino, obbligandoci a prendere un po’ di rincorsa per saltarlo e proseguire nella salita.
A questi problemi aggiungiamo le occasionali compenetrazioni della volpe su tronchi d’albero o alcune rocce rialzate, che la volpe stessa ha parzialmente o completamente attraversato col proprio corpo come fossero aria. Si tratta comunque di momenti abbastanza rari nel gioco, che però possono dar fastidio quando ci impediscono un salto o ci fanno cadere da un punto rialzato raggiunto a fatica, obbligandoci a rifare un pezzo di strada da capo – con una consistente diminuzione della nostra pazienza.
In linea generale, la totale assenza di una mappa o di indicazioni su dove andare metteranno spesso in difficoltà il giocatore, che si troverà spaesato nel mezzo di immense distese d’erba o in mezzo alle rocce di una collina senza alcun aiuto su dove trovare i totem o i bastoni da riportare ai defunti viandanti. Da un lato, ciò lascia spazio all’interpretazione di un tentativo, da parte degli sviluppatori, di offrire un approccio simile ad un open world in cui siamo sì senza aiuto su come procedere, ma in cui al tempo stesso dobbiamo seguire un certo ordine nel risolvere gli enigmi in modo da aprire il passaggio verso una nuova area, attivare pozze d’acqua che ci possano mandare in alto raggiungendo punti elevati, e così via.
E il viaggio finisce
Spirit of the North è il tipico gioco che può piacere tanto o non piacere per niente. Difficile trovare vie di mezzo per un gioco che, oltre all’ottimo comparto tecnico, offre un viaggio esplorativo in cui non dovremo combattere mai né tantomeno moriremo cadendo da grandi altezze. Scelta lontana da quanto accadrebbe nella realtà, che abbassa notevolmente il livello di difficoltà – già di per sé confinato al solo ragionamento nel risolvere enigmi e trovare la strada giusta – ma che evidenzia ulteriormente la componente esplorativa del titolo assieme alla totale assenza di narrazione, sia parlata che scritta. Si tratta di un gioco apprezzabile da una precisa fetta d’utenza, cioè i gamers che prediligono l’esplorazione, la narrazione e le fasi platform a missioni e combattimenti tipici di altre produzioni. Chi ama il genere in cui si esplorano aree molto vaste e prive di pericoli, godendosi panorami suggestivi e risolvendo qualche puzzle qua e là, si innamorerà di Spirit of the North. Al contrario, difficilmente potrà piacere a chi cerca una vera e propria sfida poiché, come già detto, le sfide offerte dal gioco sono soltanto quelle dal punto di vista mentale.