In questo ultimo periodo in redazione si é creata un’atmosfera alquanto piratesca, fatta sicuramente salire tramite la cosiddetta “febbre dell’ oro” che, una volta guadagnato, produce una certa estasi, come direbbe Ennio Morricone. Ora non siamo nel XVIII secolo e questo febbre é diventata più una ricerca spirituale dei propri obiettivi per poi raggiungere quelli materiali, anche se al giorno d’oggi, per i comuni mortali i soldi in se non abbondano proprio in quel della vecchia Europa. Ognuno era o é ancora alla ricerca del Mito, quindi, ma non so ancora in quanti l’abbiano trovato tra i ragazzi. Direi che ci siamo persi un po’ di vista in questo senso, ma succede, a volte.
Fatto sta che anche io mi ci sono incamminato in questa ricerca e tra una ispezione e l’altra sono incappato, caso ha voluto, proprio in Flynn e Freckles che fa della ricerca di un bottino, qualunque esso sia, la propria motivazione esistenziale. Un gioco a tema piratesco che però non mi ha permesso di trovare un vero diversivo o un tesoro molto più allettante almeno per un pochino, di quello che stavo cercando, nonostante ci provi a sfoderare delle buone ragioni per far mantenere per molto tempo l’attenzione su di esso. Ma bando alle ciancie e cerchiamo di salpare verso quei lidi misteriosi tra isole, mare a volontà e…banane d’oro!
Una narrativa spumosa ma già vista
La narrativa che ruota attorno al titolo é alquanto basilare nel prologo per poi dipanarsi senza troppi sussulti per chi, adulto come me, ne ha viste davvero di tutti i colori (o frutti. Fate vobis). Durante un periodo storico imperniato di caos e magia, il malvagio pirata Freckles viaggiava per i mari in cerca di conquiste. Tuttavia nonostante le varie avventure vissute in lungo e in largo per il mondo, l’ossessione del nostro era solo una: la mitica Golden Banana, un potentissimo artefatto incantato. Una volta riuscito a recuperarlo, l’oggetto concesse al pirata immensi poteri che gli permisero di diventare il signore dei sette mari.
Come però spesso la storia e la narrativa in linea generale ricordano, un grande potere può anche consumare o corrompere in maniera importante chi lo possiede e quindi Freckles divenne progressivamente sempre più diffidente fino a far sparire le proprie tracce. Questo allontanamento, nel tempo lo fecero diventare una vera e propria leggenda marittima. Toccherà dunque a Flynn, un giovane pirata, cercare di fare luce sulla misteriosa scomparsa di Freckles.
La narrativa che prosegue da qua nonostante si speri in qualcosa in più fin dal prologo, purtroppo però non risulta unitaria per tutti in gradevolezza, ponendo un spaccatura tra adulti e bambini che si avvicinano al titolo. Unità di cui socialmente oggi si ha estremo bisogno in un mondo di egoismi anche videoludici. C’é insomma un capitano uomo-scimmia malvagio che si interessa sempre più avidamente del suo tesoro tramite il fatto di poter trarre tutta l’energia necessaria da questo.
L’energia del tesoro lo porta a pensare progressivamente e in maniera sempre più convinta, come accade da classico cliché che rispecchia comportamenti umani in qualsiasi produzione magari anche coinvolgendo un personaggio buono invece che cattivo, di non aver più bisogno di nulla e di nessuno per raggiungere i suoi biechi scopi.
Purtroppo però non é abbastanza. I bambini, con un’esperienza culturale e un’intelligenza tutta da formare, si ritroveranno sicuramente a loro agio tra archetipi legati a spade magiche e strambe banane d’oro che sfociano in comportamenti credibili e abbastanza freschi per loro, ma gli adulti troveranno un racconto ben orchestrato ma che non punge su diverse chiavi di lettura, solleticandone l’intelligenza e l’emotività. Una narrativa che sfocia un po’ troppo nell’impalpabilità.
Diciamo che fondamentalmente come prodotto adatto a tutti a livello narrativo, il gioco di Rookie hero games é come un bello specchio d’acqua caraibico, che tra l’altro é contestualizzato e che ritorna ironicamente come mezzo critico per descrivere l’avventura da recensore nell’accezione più veritiera possibile: bellissimo da guardare da fuori, calmo e sereno ma con una profondità deludente quando, attraversato lo specchio, si scopre, un po’ come Alice, perché da adulti ce lo si può e deve permettere, che il fondale delle meraviglie é praticamente inesistente.
Jump to the Polo Star!
Se c’é qualcosa che ho imparato negli anni é che avere un salto perfetto a disposizione in un gioco in cui si deve saltare spesso è la base di tutto il resto per evitare spiacevoli sorprese mentre si gioca. Una condizione molto gradita per evitare di dover poi sperare in altre componenti che aiutino un salto deficitario a sembrare meno carente di buon gaming da proporre. In Flynn e Freckles purtroppo qualche seria problematica inerente alla fase di platforming, assolutamente centrale nel corso dell’avventura, esiste eccome e ce la si porta sul groppone fino a quando un upgrade non risolve le cose in buonissima parte.
Nello specifico, se l’animazione di Flynn in discesa dal salto non é completamente compiuta tramite il ritorno al proprio posto delle braccia in posizione neutra, prima dell’upgrade, non si può operare un altro salto. Inoltre, capita più di qualche volta, dopo il salto, che il tasto di comando deputato non risponda se premuto troppo repentinamente, nonostante l’animazione sia compiuta, irritando non poco.
Mi piacerebbe dire che il problema derivi dall’impazienza dei videogiocatori moderni nel voler eseguire a tutti i costi azioni veloci, per poter salvare la baracca, ma in realtà si tratta di altro.
La problematica sulla reattività e tempistica dei salti nei platform 3d era già stata stata messa a punto 22 anni fa: da Super Mario 64, a Gex enter the Gecko di esempi da cui mutuare di peso i meccanismi legati a tempistiche di salto ottimale ce ne sono. E non ci sarebbe comunque niente di male, nel mutuarle.
Tanto chi chiede il copyright su una cosa talmente generalista come le meccaniche legate alle tempistiche di salto? Sarebbe assurdo.
Per arrivare quindi al realismo a schermo dell’animazione, suggerito forse dal fatto che oggi i videogiochi sono sempre più video che gioco in una concezione erronea e troppo spezzettata pad alla mano nella qualità tra titoli validi e altri non validi, l’incaricato di reparto non si é curato a puntino di questa fase di gameplay per come doveva essere trattata. Oppure, molto più realisticamente, perché il gioco sembra guardare ai capolavori Nintendo con certe finezze, ha voluto sposare una nuova filosofia per il salto che però non risulta molto funzionale.
A rigor di logica, dunque, bastava, quindi dare solo l’impressione della rotazione totale delle braccia, interrompendo l’animazione delle stesse quando Flynn tocca terra, in modo da poter eseguire dei salti sempre fluidi e reattivi. Tanto quando si salta l’attenzione é posta sulle piattaforme da raggiungere e sulla parte inferiore, i piedi, del protagonista. A questo punto la poca attenzione sull’animazione delle braccia, animazione guardata distrattamente per ovvi motivi, anche se interrotta da un nuovo salto, può benissimo dare l’impressione di un movimento completo di quest’ultime, se adeguatamente curata nelle intercalazioni. Ahimé, invece, in F & F ci si concentra sui piedi, si atterrà, si ha l’imput di continuare a saltare, visto che si é toccata la piattaforma di destinazione ma non lo si può fare perché ancora l’animazione delle braccia non ha completato il suo giro.
Passando invece all’attacco, la spada funziona bene, e risulta reattiva ed appagante con vari e colorati nemici che a volte sposano la buffa paradossalità di certe fasi del racconto in modo estremo e originale. Ci si sorprende, insomma, in alcuni casi, vedere del sedano semovente, che trasmette un’essenza innocua, attaccare il nostro Flynn e più di una volta si ha un sensato cortocircuito mentale prima di attaccare, che perdere tempo prima di sferrare una spadata lasciando scoperti.
Ma perché sensato? Perché fondamentalmente questa verdura non solo la si ritrova nel verde delle isole e ha un’essenza innocua al primo sguardo ma risulta anche contestualizzata nella distribuzione dei suoi colori rimandando l’idea a una vera e propria arma bianca, un’arma d’offesa animata, un’arma da pirata, che in quanto tale é giusto che attacchi. Si tratta insomma di un’arma ovviamente d’attacco dotata di una limitata coscienza propria (é un sedano dopotutto!). Cosa ci si dovrebbe aspettare se non un attacco quando vede qualcuno diversa dai suoi simili? E’ la sua ragione di vita!
Avrei preferito, obiettivamente che esistesse un solo tasto azione per l’interazione con l’ambiente, mutevole in base al fatto che si corra o cammini per lanciare o poggiare gli oggetti invece della suddivisione tra i tasti quadrato e cerchio. Tra l’altro si tratta in linea generale di due azioni che hanno in comune il fatto di permettere di posizionare nel punto che si vuole l’item che si ha in mano oltre che essere di interazione ambientale. Un solo tasto mutevole che esplicasse queste caratteristiche comuni, quindi, ci stava perfettamente.
In ogni caso, tutto sommato, é un errore che può anche passare chiudendo un occhio, visto che non si tratta di azioni così complicate da compiere e appare per aiutare il videogiocatore anche una schermata chiarissima su cosa premere per effettuare una determinata azione. Un piccolo sacrificio lo si può anche fare in questo senso, insomma.
Interessanti anche se abbastanza di routine, ma da premiare in linea generale perché ce ne sono tanti e sono tutti ben confezionati nel corso dell’avventura, seppur non con un timing perfetto, a causa di un level design a volte un po’ dozzinale, i vari enigmi del gioco. Enigmi che a volte si permettono anche qualche finezza interessante.
Ad esempio l’enigma degli animali da cortile di inizio titolo é eccentrico al punto giusto, nella sua semplicità, presentando una sensata modalità esatta di raccolta di galline armonicamente sferiche nel design, che ricordano dei palloncini sul punto di esplodere nella loro pelle sottilissima e nel loro gonfiarsi e sgonfiarsi continuamente. Cautela é la parola d’ordine, quindi!
In questo senso risulta anche interessante un enigma fisico basato sull’oltrepassare una parete girevole fatta di rametti che mette a disposizione un vaso di terracotta per sbilanciarla all’indietro nella parte superiore e non praticabile direttamente a mano e quindi farla girare per passare oltre. Si lancia il vaso che dovrebbe suggerire un feeling sufficientemente pesante sulla parte utile della porta girevole, e quindi la si passa.
Il trucco da enigma discreto sta nel giocare con le certezze tradizionali che il videogiocatore ha nei confronti di questi tipi di giochi in cui un semplice vaso di terracotta serve solo per essere ispezionato per trovarci magari monete all’interno, integrandole con soluzioni logiche e perfettamente possibili ma viste molto più raramente in ambito gaming.
Può capitare quindi, perdendoci la giusta quantità di tempo, di rompere quel vasetto posizionato in zona limitrofa alla porta girevole con grande certezza e poi cercare magari altro in giro per aprirla spinti da un impulso legato alla tradizione del game desing ripetuto moltissime volte negli anni. Il nulla di fatto della ricerca farà quindi pensare di provare a utilizzare quell’oggetto così a portata di mano in quel punto e forse così vicino per essere proprio utilizzato in quel punto, per sbloccare il meccanismo girevole della porta utilizzandolo. Non male, insomma.
Passando al già citato level design risulta discreto pur non sorprendendo a conti fatti sicuramente tra gli adulti, con una suddivisione in zone delle varie stanze della mappa riconoscibili e ben dettagliate grazie a una concezione manierista proveniente dalle più consolidate scuole di pensiero, come quella zeldiana, tanto da permettere un orientamento e smistamento mentale abbastanza veloce e accessibile.
Certe zone, per esempio,però, se si guarda dall’alto per ritrovare un certo passaggio su cui si vorrebbe ritornare, sono troppo impastate in un solo colore e troppo ricche di dettaglio, nascondendo un pizzico di troppo vari passaggi che si vuole trovare subitaneamente tramite l’osservazione. Nulla di davvero grave, visto che questo problema si presenta davvero molto raramente, ma andava segnalato.
Non malissimo le boss fight esistenti, ma mancanti di un quid davvero ragionevole di coinvolgimento sufficiente per i più smaliziati(sempre loro! Che rompiscatole!Argh!). Ci si inerpica, per esempio, con un avversario strisciante, a dover schivare attacchi perfettamente complementari che coinvolgono un mood orizzontale e uno verticale, sicuramente legati bene a quello che può fare un appartenente alla sua razza negli effetti e nei materiali e implementate bene nell’economia dello scontro. Il tutto consegna una sensazione di compattezza non male ma non di sufficiente originalità in linea generale.
Insomma, il gameplay del titolo soffre di alti e bassi, é di qualità discreta per gli sbarbatelli e tutto sommato può anche riuscire ad interessare abbastanza anche una piccola fetta di barbe folte. Quei “barboni” che hanno affrontato diverse avventure dalla struttura simile, quindi, ma solo a patto che siano dei veri appassionati delle stesse, non ancora sazi di certi meccanismi molto rodati.
Faccio così? No, fai così!
A livello di varietà ambientale per ricollegarci elegantemente a quanto detto poco prima, non ci siamo particolarmente. Nonostante le varie ambientazioni siano compattate su tre elementi ben esaltati e mescolati e curati come le rovine, le grotte e le zone forestali, anche tramite una gradevole mole di poligoni (da non visualizzare decisamente in modalità hdr per il bene della propria vista) in questo senso gli sviluppatori non sono riusciti a declinare in più salse questo trio, dando una sensazione di non progressione ben avvertibile nell’avventura e di un po’ di noia e ripetitività.
Le bizzarrie visive, per andare il più direttamente possibile sul pragmatico, visto che si tratta di un gioco dove un capitano uomo-scimmia recupera una banana d’oro magica, dovrebbero aumentare vistosamente in questo senso in maniera progressiva. Purtroppo però queste non sono presenti per far illustrare che ci si sta avvicinando sempre più al grande pericolo finale.
Insomma, dopo più ore di gioco in cui si affrontano diverse foreste di giorno integrati agli altri due elementi, il “Villaggio dei morti viventi” non può essere un’altra foresta che deve puntare a livello di personalità su quattro scheletri sparsi sulla mappa e su una luce crepuscolare: é davvero troppo poco.
Ci si renda conto in ambito di accettazione comunitaria di un prodotto, di quello in oggetto, inoltre, che già i giocatori di oggi di per se sono molto multitasking per la vita frenetica che seguono in tutto a cui spesso devono adattarsi con ovvi risvolti psicologici incontrollabili che si riversano anche nei loro hobby. Se gli si consegna un titolo quindi così esiguo a livello di varietà degli ambienti avranno un’altra freccia al proprio arco per criticarlo e non far incassare abbastanza dobloni d’oro nonostante gli sforzi produttivi.
Il design dei personaggi invece pare vittima in certi punti importanti di un dissidio interno allo studio, incerto se puntare su qualcosa di più bizzarro, riconoscibile e autoriale e un design più commerciale da animazione europea/americana.
Questo si ravvisa praticamente soprattutto sul personaggio principale, dal volto che pare vagamente rassomigliante a quello di una scimmia (cambiategli i capelli con del pelo da scimmia) e dal fisico ampiamente bizzarro nelle proporzioni, che ricorda un primate nella grafica in game (guarda caso é proprio lui a cercare Freckles) ma che non corrisponde in maniera davvero coerente negli artwork proposti.
Sarebbe stato invece interessante trasportare questo design, parlando sgraziato e grottesco su tutti i personaggi e gli artwork con convinzione in modo da poter fare riferimento in maniera sottile e molto personale a una influenza nefasta del dominio del capitano scimmia sul mondo tramite la banana d’oro che si continua ad avvertire anche dopo la sua scomparsa. Un’influenza che fa involvere nel fisico i vari personaggi e magari la loro psiche, aprendo a interessanti variazioni di game design.
E poi, vabeh, ma i pirati con questo stile cartoonesco elementare in linea generale sono sgraziati nel fisico, solitamente, da archetipo proprio. Ergo questa involuzione non solo avrebbe ricordato una eventuale maledizione lanciata dalla scimmia ma si sarebbe anche ben sposata all’archetipo piratesco legato a uno stile di disegno cartoonoso e più elementare come quello utilizzato che comprende tra le varie possibilità in vista proprio un fisico sgraziato per gli ambiti pirateschi.