I “souls” hanno conquistato sempre più adepti nel corso degli anni, nonostante il livello di sfida proibitivo che li caratterizza. Il merito è soprattutto di FromSoftware, il celebre sviluppatore nipponico capeggiato dal genio visionario di Hidetaka Miyazaki, capace prima di inventare una formula unica e poi di rinnovarla nel corso degli anni senza snaturarne l’essenza. La notizia della partecipazione al progetto Elden Ring di George R.R. Martin non poteva che creare un hype enorme, vista la fama e il talento di uno dei scrittori fantasy più influenti dell’ultimo ventennio, chiamato a collaborare in un’opera portatrice di aspettative spropositate.
Dopo circa 140 ore di morti feroci e violente e dopo aver esplorato ogni singolo anfratto di un mondo mastodontico e ricco di fascino, siamo pronti ad esprimere il nostro giudizio su uno di quei pochi titoli che lascerà il segno nel settore, influenzando, ancora una volta, un’intera categoria di prodotti soprattutto per quanto riguarda le produzioni future.
Prima di cominciare l’analisi è però importante una precisazione: chi vi scrive ha sempre odiato i souls e in generale i prodotti di FS: ho resistito poche ore all’estremismo di Sekiro e di Dark Souls e sono riuscito a completare con molta fatica solo Bloodborne. Sono tra quelli che non comprendono il sottile masochismo nel fallire e riprovare un boss decine di volte (nonostante l’indiscutibile soddisfazione che procura la vittoria dopo le numerose sconfitte), un gamer forse sprovvisto sia dei riflessi che della pazienza necessaria a sostenere sfide solo apparentemente ingiuste e impossibili. Quanto appena affermato però, è solo una premessa alla presentazione di un titolo capace non solo di conquistare uno scettico ma di trascendere i limiti di una categoria che non vuole più essere di “nicchia”. Elden Ring è sia una lettera d’amore per i cultori dei genere che un’opera imperdibile per qualunque appassionato di action-rpg, visto che, nonostante le imperfezioni, saprà regalarvi momenti di pura “estasi videoludica”.
Il Signore dell’Anello
Descrivere la trama di Elden Ring non è affatto semplice. Il percorso narrativo del titolo inizia secoli prima della comparsa del nostro “Senzaluce” e il mondo devastato che ci apprestiamo ad esplorare è il risultato di una lunga serie di guerre tra fazioni, in lotta tanto per la propria sopravvivenza quanto per il dominio sui rivali. Il nostro scopo sarà quello di raggiungere il gigantesco Albero Madre, visibile in quasi tutti i punti della mappa, e occupare il Trono Ancestrale, per il quale sarà necessario ricomporre l’omonimo anello, i cui frammenti sono custoditi da semi-divinità corrotte. Esattamente come nelle precedenti produzioni dello sviluppatore giapponese, dovremo estrapolare il racconto da diversi elementi presenti nel gioco, in modo da ottenere un quadro plausibile delle vicende, comunque soggette a svariate interpretazioni.
La narrazione di Elden Ring è volutamente criptica e, nonostante sia frutto di una scrittura particolarmente ispirata, richiede un’autentica fase di “studio”, facilitata dal reperimento dei tasselli che compongono un gigantesco mosaico. Scoprire il vero passato dell’Interregno sarà complesso tanto quanto giungere ai titoli di coda, vista la notevole quantità di personaggi e la cura maniacale con cui sono stati posizionati i loro segreti. Ad uno sguardo superficiale la storia ideata dalla coppia Miyazaki/Martin potrebbe apparire come un aspetto secondario e trascurato mentre in realtà è l’esatto opposto. Amore, odio, amicizia e tradimento sono solo alcune delle emozioni che muovono le figure che incontreremo in un viaggio di cui tracceremo liberamente il percorso. Assecondare le richieste di una fazione non ci impedirà di patteggiare con un’altra, così come giungere alla conclusione di una quest secondaria ci porterà spesso ad autentici bivi in grado di determinare uno dei finali disponibili.
La libertà concessa al giocatore non prevede alcun limite di sorta e in questo aspetto il paragone con The Legend of Zelda: Breath of the Wild non è affatto azzardato. Esattamente come avviene nel capolavoro di Nintendo, l’obiettivo della vostra avventura è uno solo: ricomporre l’Anello Ancentrale; come e quando raggiungerlo dipenderà unicamente dalle nostre decisioni.
Open Souls
Elden Ring è il primo titolo open world di From Software, che ha provveduto ad adattare le sue classiche meccaniche di gameplay alla celebre e ormai onnipresente struttura videoludica. Oltre alla gigantesca mappa da esplorare, il nostro eroe potrà spiccare dei brevi salti e sarà dotato di una cavalcatura utile sia a velocizzare l’esplorazione dell’Interregno sia ad affrontare innumerevoli boss fight. Quelle che possono sembrare delle piccole introduzioni al sistema di combattimento e alla fase esplorativa delle ambientazioni costituiscono un’autentica innovazione per il genere. Gli attacchi in salto hanno spesso la capacità di sbilanciare i nemici in modo da esporli a delle violente finisher che riducono sensibilmente la loro energia, mentre la velocità di Torrente (questo il nome del fido destriero) vi permetterà di passare spesso indenni nelle zone al di fuori della vostra portata, raggiungere luoghi apparentemente inaccessibili e infliggere pesanti danni in corsa.
Il risultato è un combat system più dinamico che, pur favorendo una maggiore mobilità dell’alter ego virtuale, non rinuncia a nessuna delle caratteristiche che l’hanno reso tanto amato quanto odiato. In poche parole sarete sempre costretti a gestire con grande attenzione ogni singola mossa, centellinando la stamina tra fendenti, parate e soprattutto schivate. Nell’analisi del combat system le vere novità che differenziano nettamente Elden Ring dai suoi predecessori sono le evocazioni e le “ceneri di guerra”. Le prime permetteranno, tramite un oggetto chiave, di chiamare in battaglia uno o più alleati spiritici capaci sia di distrarre l’avversario che di ridurne la barra vitale. Che fungano o meno da “punching ball” cambia poco, visto che vi permetteranno di guadagnare secondi preziosi tanto nella fase difensiva (recupero energia/mana/stamina) quanto nella combinazione di devastanti offensive. Le seconde invece sono delle abilità che potrete assegnare alle vostre armi preferite, modificandone sensibilmente caratteristiche ed efficacia. Ogni elemento (estraneo alla categoria degli strumenti speciali, dotati di proprie e immutabili “weapon art”) del vasto e variegato arsenale del titolo potrà essere modificato a vostro piacimento e vi permetterà di usufruire sia di attacchi elementali che di aggiungere colpi adatti al vostro stile di gioco, oppure di cambiare lo scaling delle carattaristiche. Una volta individuata la “materia” al quale il boss o il nemico potente è più debole, sarete in grado di infliggere quantità ingenti di danni. Un aspetto che vi faciliterà non poco la vita, vista l’aggressività del mastodontico bestiario che dovrete affrontare e la necessità di memorizzare i differenti moveset che lo contraddistinguono.
Difficile notare altre differenze nel sistema di combattimento rispetto ai predecessori, da cui l’ultima fatica di Miyazaki attinge a piene mani. La gestione del peso trasportato e degli attributi del personaggio, che influiscono sulla possibilità di utilizzare magie, corazze e strumenti di morte, sono rimasti praticamente identici tanto da suggerire l’ingiusta definizione di “Dark Souls a cavallo”.
Il principale punto di forza di Elden Ring è la libertà concessa al giocatore. Superata la comprensibile fase di smarrimento iniziale, vi troverete catapultati in una delle ambientazioni più belle e ispirate tra quelle viste negli ultimi anni. L’utente è stato lasciato libero di approcciare l’Interregno nel modo che preferisce ed è incredibile come l’esperienza di gioco complessiva possa essere completamente personalizzata. I puristi del genere potranno rigare dritto verso l’albero madre ed affrontare una sfida progressivamente più ardua fino a giungere ai titoli di coda. Nello stesso tempo i neofiti (come il sottoscritto) potranno invece usufruire dell’enorme quantità di grazie (che sostituiscono i vecchi falò) per procedere con estrema calma, sfruttare le geniali scorciatoie per evitare i luoghi occupati dai nemici, giungere quasi indisturbati al tesoro che bramano e adoperare un viaggio rapido per lasciare la zona per sempre, oppure per farvi ritorno più avanti. Questi ultimi esempi non bastano a rendere l’idea di come il viaggio vissuto in Elden Ring resterà sempre unico e per certi versi “introspettivo”, nel quale la vera protagonista è un’ambientazione capace di proporre in ogni suo segmento un’enorme serie di attività secondarie, dalle quest dei numerosi NPC fino al magnetico piacere della continua scoperta di dungeon, catacombe, fortezze, rovine e potenti nemici forieri di grandi ricompense. Il titolo di FromSoftware sarà capace di stuzzicare la vostra curiosità ogni qualvolta vi allontanerete dal percorso principale, vi ammalierà con la bellezza dei suoi paesaggi mozzafiato e catturerà il vostro tempo con il suo superbo level design.
Elden Ring è stato presentato come il titolo più accessibile dello sviluppatore nipponico, un’affermazione vera solo in parte. La possibilità di decidere quando e come avanzare nella storia principale e di adattare il sistema di progressione (nulla vi vieta di farmare rune ed equipaggiamenti all’infinito) alle vostre esigenze potrebbe lievemente semplificare gli scontri più impegnativi che indipendentemente dal livello raggiunto resteranno particolarmente ostici. L’opera di Miyazaki non concede nulla in termini di difficoltà e sarà impietosa nel punire ogni singolo errore. L’iconico “Sei Morto” riempirà i vostri schermi e i vostri incubi centinaia di volte, pronto a riportarvi all’ultima grazia visitata o agli utili checkpoint inseriti (le “statue di Marika) e a dedicarvi lo stesso impietoso trattamento dei precedenti tentativi. Se odiate i souls, questo titolo non farà nulla per farvi cambiare idea nonostante le sue stupende boss fight e il fascino indiscutibile di un mondo dark fantasy come non lo avete mai visto. L’aiuto degli spiriti evocati oppure degli altri giocatori sarà spesso fondamentale nel riuscire a superare gli ostacoli più impervi e per quanto l’abbagliante magnificenza del gioco potrebbe convincervi ad affrontarne l’ardua sfida, dovrete comunque armarvi di infinita pazienza, visto che non la sua crudeltà non scenderà praticamente mai a compromessi.
Olden Ring
L’aspetto meno convincente di Elden Ring è il suo comparto tecnico. Per quanto nel complesso risulti più che gradevole, l’opera di FromSoftware non brilla in nessuna componente a partire dalle texture di qualità altalenante fino al suo frame rate tutt’altro che stabile (soprattutto nelle sezioni aperte) sia su console next-gen che su PC di fascia alta. Le patch successive al lancio hanno lievemente migliorato la resa visiva e la fluidità dell’esperienza, senza però porre rimedio ai numerosi elementi dello scenario che caricano con sensibile ritardo e ad alcune animazioni piuttosto trascurate. Le movenze della nostra cavalcatura, ad esempio, sono apparse poco convincenti e a distanza di anni dall’uscita di Dark Souls è inammissibile vedere ancora la telecamera bloccata da muri invisibili oppure incapace di inquadrare l’azione dalla prospettiva migliore. I fendenti dei nemici continuano imperterriti ad attraversare pareti, colonne ed altre strutture “solide”, un fastidioso difetto tristemente comune a tutte le produzioni della software house nipponica. Non aggiungiamo all’elenco il pesante riciclo di ambientazioni e nemici che riteniamo tutto sommato accettabile, viste le dimensioni della mappa, un aspetto che dobbiamo comunque segnalare e che potrebbe infastidire gli utenti più esigenti. Ancora una volta la natura cross-gen della produzione ha frenato l’evoluzione di un motore grafico che inizia a mostrare il peso degli anni e che riesce con non poca fatica ad assolvere al suo gravoso compito.
Quello che l’opera perde dal punto di vista visivo lo recupera ampiamente nel sonoro. Le musiche che accompagnano le sequenze più emozionanti dell’avventura vi resteranno impresse a lungo, essendo frutto di una fase compositiva di prim’ordine. La tracklist è sublime, pronta a sottolineare nel modo giusto ogni singolo fotogramma mostrato sullo schermo. Le composizioni orchestrali contribuiscono ad accrescere l’epicità degli scontri, donano drammaticità alle brevi sequenze filmate e rendono più opprimenti le tenebre dei dungeon, creando la giusta tensione. Ottima anche l’effettistica, precisa e credibile sia nell’accentuare il fragore dei combattimenti che nell’anticipare la presenza delle creature che popolano il vasto mondo del gioco.
Un nuovo termine di paragone
Elden Ring non è solo il titolo più riuscito di FromSoftware ma costituisce un nuovo termine di paragone per tutti gli esponenti della categoria. Miyazaki è riuscito, ancora una volta, ad evolvere la sua creatura, rendendola aperta e spettacolare, grazie ad un’ambientazione capace di fornire continui stimoli al giocatore. Indipendentemente dal fatto che vi piacciano i souls o meno, Elden Ring vi ammalierà con le sue meccaniche esplorative, vi lascerà liberi di intraprendere un viaggio soggetto ad un’interpretazione strettamente personale, nel quale ogni passo mosso, ogni tentativo riuscito o fallito ed ogni scoperta non saranno mai fini a se stessi. Avrebbe potuto essere migliore dal punto di vista tecnico? Certo. Avrebbe potuto osare qualcosa in più in termini di modifiche al combat system? Sicuramente. Mentre vi porrete queste domande il tempo trascorso joypad alla mano perderà consistenza e senza rendervene conto il conteggio delle ore passate sul gioco continuerà a crescere, tra la sorpresa di scoprire cosa nasconde quel piccolo segno sulla mappa e la consapevolezza di essere finalmente pronti a dare una lezione al nemico che vi aveva sconfitto decine di volte. Elden Ring è tutto questo e molto altro e i suoi difetti non riescono in alcun modo a scalfirne l’abbagliante magnificenza.
Versione Provata: PlayStation 5